Come vi comportereste se vostra figlia vi raccontasse di essere stata vittima di pedofilia?
E se il pedofilo fosse un vostro caro amico di famiglia? Vi sentireste sicuramente in colpa per aver portato un “mostro” in casa, ma la rabbia sarebbe di sicuro il sentimento predominante. Mantenere la calma non è semplice, ma non si può ricorrere alla giustizia privata, bisogna andare in tribunale.
La figlia denuncia gli abusi di un pedofilo
È quanto successo a Genova. Un paio di anni fa una ragazza di 17 anni ha raccontato al padre di essere stata violentata quando aveva 5 anni. Il pedofilo secondo il suo racconto sarebbe un collega del genitore, che lavorava con lui nel settore edile. La ragazza ha poi sporto denuncia ai carabinieri, raccontando i dettagli di quanto successo.
La sentenza: non colpevole
Ieri a Genova c’è stata la sentenza. Il giudice ha dichiarato non colpevole l’amico di famiglia. La sentenza di assoluzione non arriva imprevista, anzi. Qualcosa infatti non tornava nel racconto della ragazza, secondo la quale le violenze sarebbero avvenute nella casa di Rapallo, mentre i genitori erano in giardino: ma questa ipotesi per la difesa dell’imputato era impossibile, e infatti l’aveva confutata durante il processo. Lo stesso pubblico ministero aveva chiesto di assolvere l’imputato: le prove per condannarlo sono insufficienti.
Per la madre della vittima però questa non è giustizia. Dopo aver ascoltato la sentenza si è alzata dal fondo dell’aula e ha raggiunto il presunto pedofilo di sua figlia: lo ha preso a schiaffi e gli ha urlato più volte “pedofilo“. Un gesto che esprime tutta la sua rabbia e frustrazione. In seguito a un momento di sconcerto, la donna è stata portata al suo posto, prima che accadesse un altro imprevisto.
Dai posti riservati alla giuria, è sceso il giudice che ha pronunciato quella stessa sentenza. È una donna anche lei, che probabilmente comprende come possa sentirsi quella mamma che si trova davanti a lei. Le si avvicina, le mette una mano sulla spalla, e le rivolge qualche parole di conforto. Un gesto inusuale che fa uscire dagli schemi del tribunale: non si parla più di codici e leggi, ma di un’umanità ferita. Il giudice si spoglia del suo ruolo istituzionale per mostrarsi solo come donna con una mano sulla spalla, uno sguardo sinceramente dispiaciuto, poche parole.
Fonte: Il secolo XIX
Camilla Gaggero