Pavel Trofimovich Morozov era un giovane sovietico vissuto in un remoto villaggio siberiano fino al 1932, anno della sua morte. La retorica dell’Unione Sovietica fece di lui un eroe, morto per il bene dello Stato. Gli storici smentiscono: fu solo il frutto della propaganda.
Nell’anno della sua morte, il 1932, Pavel Trofimovich Morozov aveva 13 anni. Era l’epoca della collettivizzazione forzata del settore agricolo nella Russia sovietica di Stalin, la quale fu responsabile di numerose carestie che decimarono i popoli che abitavano il sud dell’impero. Il nuovo sistema introdotto nell’agricoltura causava diffuso malcontento in tutto il Paese: servivano miti che legittimassero la politica e che indicassero la strada da seguire. La storia di Pavlik (diminutivo affettuoso attribuito a Pavel), delineata dalla sua lealtà verso il partito, dal suo coraggio e dalla sua tragica fine, era un perfetto esempio. Fu oggetto di letture, canzoni, opere teatrali e furono eretti numerosi monumenti in sua memoria in tutto il territorio sovietico.
La dissoluzione dell’Unione Sovietica sfatò questo mito: la storia di Pavel altro non era che uno strumento della propaganda del regime.
La storia di Pavel Trofimovich Morozov secondo la narrazione ufficiale dell’Unione Sovietica
Pavlik era un ragazzo nato da una famiglia molto povera del villaggio siberiano di Gerasimovka, fin da giovanissimo sarebbe stato entusiasta del comunismo ed iscritto ai Giovani Pionieri. Durante la collettivizzazione delle terre avrebbe scoperto che il padre nascondeva il grano, che doveva essere consegnato allo Stato, per venderlo ai kulakì, contadini ricchi e antisovietici
In seguito alla scoperta, ritenendo il padre un traditore della patria, avrebbe presentato denuncia alle autorità contro di lui. Quest’ultimo sarebbe stato riconosciuto colpevole dal tribunale delle accuse di corruzione e condannato a 10 anni ci reclusione. In seguito sarebbe stato giustiziato.
Infine il tragico epilogo: il nonno e il cugino di Pavlik, per dar sfogo alla sete di vendetta, decisero di uccidere l’adolescente, pugnalandolo in una foresta vicino al villaggio. Successivamente, i due responsabili sarebbero stati condannati alla pena capitale.
Il falso eroe
Le dinamiche della storia, fuse con la drammatica conclusione, fecero di Pavel Trofimovich Morozov un martire ed eroe della patria.
Per più di mezzo secolo Pavlik è stato un esempio per tutti i bambini sovietici: lo Stato è la cosa più importante e l’idea era anche di incoraggiare i bambini a tenere informate le autorità sul comportamento dei genitori.
La storia reale divergerebbe completamente da quella ufficiale, dall’attrazione di Pavlik nei confronti del comunismo fino alla sua denuncia rivolta contro il padre. Il ragazzo era in realtà un semplice contadino semi-analfabeta e non è mai stato parte dei Giovani Pionieri, in quanto nel suo villaggio non ne esisteva alcun nucleo. Affibbiandogli questa carica, tuttavia, le autorità potevano etichettare gli esecutori del suo omicidio come traditori della patria e terroristi politici. Inoltre, nei documenti del fascicolo penale non è mai stato trovato alcun rapporto del piccolo Morozov contro suo padre.
Pavel Trofimovich Morozov, strumento della propaganda
Secondo Yuri Droujnikov, scrittore russo ed autore di una biografia di Pavlick, è altamente probabile che questa storia sia stata inventata dai servizi segreti sovietici per fini di propaganda.
Quel che sappiamo per certo è che in ogni potere totalitario vi è stata una storia simile. Quello di Morozov non è affatto un caso isolato. Anche nella Germania nazista c’era una ragazzo divenuto eroe per essere caduto in giovane età difendendo le sue idee, affini a quelle del regime. In Italia il fascismo ha idolatrato i Balilla.
Pavlik è una delle pietre miliari delle fondamenta sovietiche, se dimostriamo che lui è un falso, possiamo mostrare che il mito dell’Urss non è come dicono; tanto più adesso che i nostri leader cercano di riabilitare il vecchio sistema.
Queste le parole di Anna Pastukhova, componente dell’associazione Memorial che si occupa di riabilitare e portare alla luce le vittime del regime sovietico. L’attivista ricorda inoltre come nel recente passato i tentativi d’indagine su Pavel Trofimovich Morozov fossero stati bloccati dall’Fbs, il successore del Kgb.
Più di vent’anni fa, l’ufficio del procuratore generale della Russia ha rigettato la richiesta di riabilitare gli assassini condannati per l’omicidio di Pavlik. Anche l’Alta Corte russa ha confermato la versione sovietica degli eventi. Le prove, però, continuano ad essere introvabili.