Il problema è che abbiamo paura e basta.
Un terrore incontrollato che ci scorre lungo la spina dorsale, irrorando perfettamente l’intera massa muscolare. Soffocare. Questo è il termine adatto, la parola d’ordine di questi tempi.
Quando il respiro si fa pesante, poi sempre più carico, esplodendo prepotentemente nella cavità toracica, fino ad opprimere il petto.
Soffocare. E’ come osservare incantati uno spettacolo raccapricciante: un figura umana, dalle sembianze di un feto, avvolto nella sua membrana amniotica, che si muove meccanicamente. Accartocciato in un cumulo di lenzuola di seta bianca.
Soffocare. Una situazione irreale, personale, soggettiva, trasparente e delicata quanto forte e potente. Contraddittoria e prepotente, come l’essere umano. Ed ecco che la vita incomincia a fare acqua da tutte le parti. E l’intero genere umano, improvvisamente, puzza terribilmente di morte.
Ecco cosa succede quando ci si trova dinnanzi ad un grande shock: sopraggiunge la negazione, l’aberrazione, l’incredulità. Approdano nelle nostre bocche frasi come “E’ assurdo”, “incredibile”, “moriremo tutti”, “Ecco come se ne va un martire”, “Allah Akbar”.
Rimbomba nelle nostre scatole craniche il terrore, come un grumo di quel sangue bloccato in gola. Lo spettacolo della distruzione è proprio lì, davanti ai nostri occhi. Ma cosa ci spaventa davvero?
Ci troviamo immersi totalmente nell’epoca dell’incertezza e della vulnerabilità. Siamo sprofondati nel mare dell’indifferenza, camminiamo in punta dei piedi percorrendo strade sempre uguali, dove la gente non si guarda più negli occhi, si nega la cordialità del saluto, non chiede più una sigaretta per accompagnare il caffè alla ragazza carina del bar accanto, fissa attentamente la linea gialla da non oltrepassare alla stazione dei treni. E guai a chi si trova alle nostre spalle. Abbiamo maturato un sesto senso della paura, una sorte di inquietante terzo occhio, che osserva lungo il perimetro della nostra schiena.
Freud diceva: “L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”.
Ma tutta questa sicurezza ancora non è abbastanza. Non ci sentiamo protetti.
Il problema è che abbiamo paura e basta.
Se entriamo con un trolley in un supermercato un omone gigantesco ci blocca in un tentativo di placcaggio, degno di un campione del football americano, paralizzandoci con uno sguardo glaciale e sprezzante, scostandoci a pochi centimetri dall’entrata.
La valigia va lasciata all’ingresso, vicino alle casse, proprio lì, in modo che io la possa tenere sott’occhio.
Ogni incertezza, ogni minima esitazione, titubanza, labbro tremolante, luccichio preoccupante negli occhi, potrebbe rappresentare una minaccia, un possibile attacco all’umanità, un essere umano che si trasforma in polvere, il diavolo che si materializza nel volto terrificante del Califfato e dei suoi taglia teste, e un coltello super affilato tra i denti. Anch’io non credevo di avere la faccia da terrorista.
Woody Allen diceva sempre che l’essere umano ha terribilmente paura di ammettere quanto conti realmente la fortuna nelle nostre vite. Fuori o dentro, vincere o perdere.
In fondo gli scienziati stanno dimostrando sempre più che la vita si è generata del tutto casualmente e autonomamente, da poche particelle organiche presenti sul nostro pianeta. Nessuno scopo, nessun disegno.
La verità è che siamo tutti alla costante ricerca di qualcosa che ci induca a credere che esista davvero un non so che in più alla semplice casualità.
Il problema è che abbiamo paura e basta. Abbiamo tanta paura.
E’ successo che il nostro benessere è sfociato nel consumismo più sfrenato, abbiamo vissuto sulla nostra pelle una vera e propria euforia del costume, un fenomeno talmente gigantesco da non potersi limitare solamente alla sfera economica. Si è radicato nelle nostre coscienze, abbagliandole con il suo luccichio di pailettes, denaro e belle donne. E’ penetrato nelle nostre vite private, risucchiandoci le viscere in una potente morsa, fino a raggiungere le più elementari e vitali funzionalità cellulari.
Eravamo tutti impossessati dalla bramosia di avere, colti in fragrante nella nostra debolezza più grande, la droga più potente. Ecco la più grande bulimia di tutti i tempi.
Ma poi, che cosa è successo?
Siamo forse stati puniti per i nostri umani eccessi?
Il problema è che abbiamo paura e basta. Tanta paura.
Proviamo costantemente quella sensazione strana, che ci induce ad accelerare il passo la sera tardi, lungo la strada di casa, e a spalancare gli occhi verso l’oscurità. Quella paura che ci gela il sangue nelle vene, che ci restituisce le gambe in gelatina, e ci fa digrignare i denti in un sorriso inquietante.
Di che cosa abbiamo paura?
La domanda giusta da porsi sarebbe: abbiamo forse un solo motivo, al giorno d’oggi, per non essere terrorizzati?
Attacchi terroristici, Isis, cambiamenti climatici, terremoti, uragani, ondata migratoria, guerre e bombardamenti, tensioni continue tra i vari stati, continui test nucleari da parte della Corea.
Ogni volta che voltiamo lo sguardo sopraggiunge quell’incontrollato sentimento di paura che ci paralizza.
Ecco come muore un infedele. Allah Akbar.
Si tratta di una triste sinfonia del terrore che ci risuona tristemente nei padiglioni auricolari; ci permette di vedere in un colpo d’occhio lo stillicidio quotidiano a cui ci stiamo dolorosamente abituando.
L’odio colpisce la nostra vita quotidiana, penetra nelle nostre abitazioni senza chiedere il permesso, e s’intrufola nelle tasche dei nostri calzoni. Chi porta ancora i pantaloni? Noi o la nostro sentimento di paura, dal quale siamo totalmente sopraffatti? Sappiamo che odio e intolleranza si nascondono dietro a questa guerra insensata, che cresce nella povertà, nelle difficoltà quotidiane, e si alimenta della disperazione. I messaggeri del terrore sono ovunque, proprio qua in mezzo a noi.
Il problema è che noi abbiamo paura e basta.
Il dialogo, in questo mondo ormai saturo d’incomprensione, sembra ormai una missione impossibile, ma io credo ancora che rapprresenti la più grande scommessa dei nostri tempi.
La verità è che siamo tutti alla costante ricerca di qualcosa. Già, ma di cosa?
Elisa Bellino
Senza la paura ci saremmo estinti.
Non abbiamo e non abbiamo mai avuto i denti e le unghie come i predatori. Non abbiamo mai avuto il veleno dentro ai nostri denti.
Noi siamo stati prede e siamo stati sbranati vivi per milioni di anni.
Inoltre, c’è da tener conto che eravamo prede lente in quanto a due zampe in confronto a tutti i predatori che ne avevano quattro.
Potevamo solo scappare e nasconderci e senza la paura ci saremmo subito estinti.
Poi chi sa quando e chi sa come qualcuno si è inventato le armi.
La più grande invenzione che il genere umano abbia prodotto è stato un bastone appuntito!
Un folto gruppo di uomini primitivi armati di robusti bastoni appuntiti poteva difendersi e difendere le donne e i bambini da qualsiasi predatore.
E da preda diventare predatore.
Senza quell’invenzione e quelle successive e dati i nostri limiti con tutta probabilità ci saremmo comunque estinti.
Ci hanno salvato dall’estinzione la nostra immaginazione, la nostra ragione e il nostro pollice opponibile che ci hanno dato la possibilità di inventarci e costruirci degli strumenti fisici, armi comprese.
E anche degli strumenti psichici quali: il linguaggio, gli dei, la civiltà, la religione, la scienza, la politica, l’etica, la morale ecc.
Inoltre e forse, soprattutto, la nostra cooperazione.
La salvezza sta nella nostra capacità di stare assieme.
Assieme a noi stessi e assieme agli altri.
Non esiste altra forma di salvezza.