Patrick Zaki condannato: i problematici rapporti tra Italia e al-Sisi

Patrick Zaki condannato

Patrick Zaki è stato condannato a 3 anni di carcere dal tribunale di Mansura, in Egitto. Da anni, il governo italiano promette giustizia e libertà.
Ma come siamo arrivati qui?

Oggi, alla fine dell’udienza tenutasi nel Palazzo di Giustizia di Mansura, in Egitto, Patrick Zaki ha attraversato la gabbia degli imputati con inflitta una pena di tre anni di reclusione (a cui sottrarre i 22 mesi scontati in custodia cautelare).
Il tutto, è terminato tra le lacrime della fidanzata e della madre che, scorgendolo dietro una fitta grata visibile da una finestra al terzo piano, ha urlato: “Mio Dio me l’hanno preso, mio Dio me l’hanno preso, mio Dio me l’hanno preso“.
Al momento, il giovane ricercatore egiziano, neolaureato all’Università di Bologna, si trova in custodia della polizia in attesa del pronunciamento del governatore militare.

Dal momento del suo arresto, nel 2020, il governo italiano ha assicurato il suo impegno diplomatico con l’Egitto per raggiungere una soluzione positiva.
Eppure, come denuncia il portavoce italiano di Amnesty International, Riccardo Noury, oggi si è realizzato “il peggiore degli scenari possibili“.

Patrick Zaki nel “peggior scenario possibile”

Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano presso l’Università di Bologna, nel febbraio del 2020 si reca in Egitto per una vacanza di famiglia.
Ma al suo arrivo, l’8 febbraio 2020, viene arrestato con l’accusa di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici” attraverso una decina di post su Facebook.

All’aeroporto, lo bendano e lo ammanettano. Gli agenti della sicurezza nazionale lo interrogano per 17 ore sul suo lavoro in materia di diritti umani, sul motivo del suo soggiorno in Egitto e sullo scopo della residenza in Italia. Intanto, viene picchiato sulla pancia e sulla schiena, e torturato con scosse elettriche.
Dopo 22 mesi di detenzione, nel dicembre 2021, Zaki viene rilasciato. Ma gli è vietato lasciare l’Egitto, e su di lui pendono ancora le accuse che potrebbero costargli 25 di carcere.
Infine, al termine dell’undicesima ed ultima udienza tenutasi oggi, 18 luglio 2023, Patrick Zaki viene condannato a tre anni di carcere con verdetto definitivo e senza possibilità di appello. Nonostante ciò, i suoi legali hanno annunciato un ricorso presso il governatore militare.

Governo italiano: “il nostro impegno continua”

Dopo la notizia della sentenza di condanna, Giorgia Meloni ha dichiarato l’intenzione del suo governo di continuare a impegnarsi nel caso.

Il nostro impegno per una soluzione positiva del caso di Patrick Zaki non è mai cessato, continua, abbiamo ancora fiducia

Diversa la reazione del senatore del Pd Filippo Sensi, intervenuto sulla vicenda.

Purtroppo il nodo dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto resta pieno, anche per la vicenda di Giulio Regeni. Sulla vicenda di Patrick, il governo Meloni non è stato particolarmente attivo. Diciamo che non si tratta solo di questo in governo, ma di tutti i governi.

 

C’è stata una iniziativa parlamentare per dare la cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Non si è voluto fare.

 

Abbiamo poi chiesto a questo governo di premere sull’Egitto per sollevare Patrick dal divieto di viaggio, cosa che peraltro in passato è stata concessa ad altri dissidenti egiziani.

Il governo non ha risposto ed è rimasto in silenzio

Nel marzo del 2021, il Pd presentò una mozione al governo Draghi per conferire a Patrick Zaki la cittadinanza italiana, la quale venne approvata con 358 voti a favore.
Tuttavia, solo pochi giorni dopo, il Premier Draghi dichiarò che il caso Zaki non era una priorità del governo.

Quella su Patrick Zaki è un’iniziativa parlamentare in cui il governo non è coinvolto al momento

Parole che vennero interpretate da Amnesty International come “un brutto segnale“.




Nel luglio 2022, mentre Zaki si trovava bloccato all’interno dei confini egiziani, un gruppo di parlamentari (guidato dallo stesso Sensi) ha consegnato al Governo una lettera perché facesse pressioni sull’Egitto per rimuovere il divieto di lasciare il Paese.
La lettera non ha mai ricevuto risposta.
A novembre dello stesso anno, in occasione della Cop27, Giorgia Meloni è il primo Premier italiano a recarsi in Egitto dopo i casi Regeni e Zaki.
Oltre ad annunciare uno “sforzo comune” nella lotta al cambiamento climatico, Meloni aveva sottolineato l’attenzione dell’Italia per i due casi. Al-Sisi, da parte sua, aveva annunciato di voler ristabilire le “relazioni bilaterali” incrinate.

Infine, lo scorso gennaio, il Ministro Tajani si è recato in Egitto per incontrare un portavoce del presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. In quell’occasione, ha riferito dirassicurazioni” e “forte collaborazione con l’Egitto su diversi temi.

Sicurezza energetica, cooperazione economica e stabilità nel Mediterraneo, soprattutto in Libia, anche per contrastare immigrazione irregolare. Ho chiesto e ricevuto rassicurazioni per forte collaborazione sui casi Regeni e Zaki

Ora, l’opposizione chiede che il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, riferisca con urgenza alle Camere. E che il Governa agisca per ottenere la grazia per Zaki da parte di al-Sisi.

Patrick Zaki condannato: che relazioni abbiamo con al-Sisi?

Negli scorsi anni, Amnesty International ha più volte denunciato la repressione violenta esercitata dal governo di al-Sisi, lanciando l’allarme per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani nel Paese.

Nonostante si tratti di un regime autoritario, l’Italia è oggi il primo partner commerciale dell’Egitto in Europa, e il terzo nel mondo.
L’Egitto è il secondo produttore di gas in Africa, e collabora con ENI dal 1954.
Nel 2015, con la scoperta del più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo a Zohr, ENI ha aumentato sensibilmente i suoi investimenti in Egitto, diventando il principale produttore.
L’anno scorso, l’Italia ha ottenuto ben 3 miliardi di metri cubi di gas dall’Egitto.

Nel 2016, viene ritrovato in un fosso il cadavere nudo, mutilato e torturato del ricercatore italiano Giulio Regeni.
Se da una parte l’Italia cerca la collaborazione di al-Sisi per ottenere la verità sulla morte di Regeni, dall’altra, i rapporti tra i due Paesi, soprattutto in materia di gas e armi, continuano a crescere.
Nel 2019, l’Egitto è al primo posto per vendita di armi italiane, con 879 milioni di dollari di armi vendute.

Nel febbraio 2020, Patrick Zaki viene arrestato e torturato in Egitto, dov’è tutt’ora detenuto.
Intanto, a fine 2020, l’Italia vende all’Egitto due fregate Fremm prodotte da Fincantieri. Gli affari in armamenti superano i 10 miliardi di dollari, e si apre la strada della cooperazione militare nella guerra in Libia, nonostante le continue denunce umanitarie.

Osservando questo scenario di “realpolitik“, si può concludere che, per l’Italia, è difficile pretendere giustizia e verità da parte del regime di al-Sisi.
Intanto, i canali diplomatici si sono aperti e Tajani potrebbe incontrare il suo omologo egiziano già questa domenica.
Patrick Zaki attende, ancora, rinchiuso in Egitto.

Giulia Calvani

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