«La patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità.»
Questa la definizione di patafisica data dal suo creatore, lo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry nel libro Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico. Pubblicato postumo nel 1911, è uno dei primi testi sull’esistenzialismo e l’assurdità dell’esistenza che gioca sul grottesco e il fraintendimento. In cui il protagonista compie un viaggio da Parigi a Parigi per mare, tra isole, terra e letteratura, attraverso simbolismi fino alle soglie della realtà. Da qui il famoso neologismo merdre come fusione di mère e merde.
La patafisica propone una visione entropica del mondo e una critica al pregiudizio generato dalle convenzioni e dal progresso scientifico. Jarry è il primo a scegliere di considerare un fenomeno attraverso le sue infinite possibili interpretazioni.
L’atteggiamento patafisico è quasi stoico, rifiuta ogni categorizzazione poiché la razionalizzazione di un concetto equivale alla sua svalutazione. Non c’è bisogno di prendersi troppo sul serio per vivere, così la patisca oltrepassa la metafisica e si pone com l’ultima delle scienze possibili. Per il patafisico infatti l’idea di verità è la più immaginaria delle soluzioni: la percezione soggettiva delle manifestazioni, colta come espressione dell’immaginario.
La patafisica nasce in un panorama culturale, filosofico e scientifico scosso da istanze relativizzanti, del quale possiamo definire Jarry un precursore. Siamo nel periodo in cui crollano le ultime verità assolute in favore delle interpretazioni soggettive della realtà. La ‘patafisica si propone appunto come complementare alla scienza e al suo punto di vista oggettivo. Una scienza delle soluzioni immaginarie, che piuttosto che la regola sceglie l’eccezione, l’epifenomeno, per concepire la realtà. Una chiave interpretativa, che và sopra ciò che sta sopra la fisica , per cogliere l’universo nella sua totalità.
La storia
L’origine della patafisica risale al 5 sec. A.C. a Ibicrate il Geometra, autore della prima dimostrazione ab absurdo. In soldoni per affermare qualcosa è necessario negarne il suo opposto, patafisicamente attraverso la scoperta di un universo collaterale alla realtà.
Nel racconto Guignol di Jarry, del 1893 padre Ubu afferma «La patafisica è una scienza che abbiamo inventato, perché se ne sentiva generalmente il bisogno». Personaggio che raggiungerà un grande successo 3 anni dopo nella famosa commedia “Ubu re“ , vera e propria pietra miliare del teatro dell’assurdo.
Tutti i suoi lavori sono avvolti da una marcata ironia, giochi di spirito che si rivelano riflessioni profonde sui linguaggi e trascrivono una visione diversa del mondo.
L’arte patafisica
Il suo impatto culturale fu così forte che nel 11 maggio 1948 fu istituito a Parigi il Collage de ’Pataphysique un progetto di cooperazione artistico/scientifica dedicato alla ricerca, lo studio e la diffusione della ’Patafisica. Con grande attenzione a tutte le espressioni artistiche, letterarie e scientifiche sul piano nazionale e internazionale. L’esplorazione in questo caso è da intendersi come una riflessione attorno ai mondi supplementari e nascosti che l’immaginario può far nascere. Il loro studio è affrontato secondo il metodo scientifico, però con collaborazioni aperte e libere da accademismi. Lo stesso collegio si definisce infatti una società scientifica minoritaria per vocazione: società di ricerche inutili e scientifiche.
I simboli che manifestano l’influenza patafisica ancora oggi sono la Giduglia, la candela verde, e padre Ubu. Esiste anche un calendario patafisico detto Perpetuo, 13 mesi dai nomi composti di neologismi, giochi di parole di Jarry.
Non a caso furono diversi gli artisti influenzati come René Clair, Marcel Duchamp, Man Ray e Max Ernst. Anche scrittori quali il poeta Edoardo Sanguineti, Dario Fo, Umberto Eco e Raymond Queneau. Quest’ultimo istituì nel 1960 l’OU.LI.PO, il Laboratorio di Letteratura Potenziale. Frequentato anche da Italo Calvino e Perec il cui obiettivo era di esplorare la pluralità di significati delle parole grazie a regole e costrizioni sfidavano la creatività.
Valeria Zoppo