Il Partito democratico esce da queste elezioni completamente a pezzi. Pur essendo il secondo partito italiano esiste una fortissima necessità di cambiamento. Cosa succederà quindi all’interno del partito?
Cosa è successo al Pd
Il Partito democratico si è attestato intorno al 18% alle elezioni politiche. Questa percentuale gli permette di essere di fatto il secondo partito italiano e il primo dell’opposizione. Allora perche questo risultato è considerato una sconfitta cosi cocente?
Innanzitutto partiamo dalla coalizione. +Europa di Emma Bonino è riuscita a far eleggere solo due rappresentanti e Impegno Civico ha eletto solo Bruno Tabacci. L’unica lista che ha superato il 3 % e ha raggiunto i propri obbiettivi è stata l’Alleanza Verdi-Sinistra. Questo ha portato la coalizione di centrosinistra ad un risultato veramente basso.
Il Pd ha raccolto poi un consenso inferiore alle aspettative e questo è avvenuto non solo per il recupero di Conte e dei 5stelle o per i voti presi dal Terzo Polo, ma soprattutto per lo scarso legame con le classi produttive che storicamente sono state rappresentate dal più grande partito della sinistra.
Il Pd è un partito che non ha mai vinto le elezioni, ma ha sempre governato. Risulta ovvio quindi che le varie correnti (forse troppe e in perenne concorrenza) debbano fare una seria riflessione sulla propria attività.
Rifondazione o continuità?
Anche chi ha votato Pd lo ha fatto non sempre con convinzione. Spesso il voto è stato dato più per arginare la destra che per appartenenza.
Il segretario ha ammesso la sconfitta e ha annunciato che terrà la guida del partito solo sino al congresso. Dopo la decisione di Enrico Letta si va quindi verso un nuovo congresso, ma molti esponenti storici pongono la questione della rifondazione, una su tutti Rosy Bindi.
Letta preme per salvare il simbolo mentre alti vorrebbero cambiare tutto. Dallo “Scegli” della campagna elettorale allo “Sciogli” proposto dalla Bindi è un attimo. Cito qui la geniale sintesi di Francesca Schianchi fatta a Propaganda Live, che riassume in effetti questi ultimi mesi.
Qualunque sia la scelta del Pd è importante capire che, ora piu che mai, l’Italia ha bisogno di un forte partito di sinistra che possa compiere una seria opposizione al governo meno antifascista che l’Italia repubblicana abbia conosciuto.
Per la nuova segreteria si fanno, tra gli altri, i nomi di Stefano Bonaccini, Elly Schlein e Beppe Provenzano. Tutti nomi assolutamente interessanti, ma forse sarebbe ora di abbandonare correnti e personalismi per porre nuovamente al centro l’identità di un partito che non viene più percepita nemmeno dai propri elettori.
Infine non dimentichiamo che una grande parte degli astenuti (una percentuale di astensione davvero troppo elevata) si può conteggiare tra i delusi del Pd. Questa volta, più di altre, i sostenitori della destra si sono recati convintamente ai seggi e questo ci dice che la sinistra potrebbe recuperare il voto di chi al seggio non è andato.
In tutti i casi la democrazia impone che ci si preoccupi anche, e forse soprattutto, di chi non ha votato, dimenticarli o dimenticare le loro ragioni sarebbe deleterio, forse ancora più dannoso per un Pd che finalmente potrà dimostrare il proprio valore dall’opposizione.
Alessandro Milia