La leggenda narra che Parthenope, a ogni primavera, si manifestava ai cittadini di Neapolis e li allietava con la sua voce di miele, con canti d’amore e gioia di vivere… Una volta il canto della Sirena fu così soave e foriero di emozioni che i Neapolitani la vollero ringraziare per questo dono divino, offrendole quanto di più prezioso essi possedevano. Fu allora che sette delle più belle giovani della città ebbero l’incarico di portare i doni alla bellissima Parthenope: la farina, a simboleggiare l’abbondanza delle campagne; le uova, simbolo di vita che sempre si rinnova; la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore che pascolavano libere; il grano tenero, bollito nel latte come simbolo della vita germogliante; l’acqua di fiori d’arancio, l’omaggio più profumato della terra; le spezie, omaggio dei popoli che a Neapolis sempre trovavano accoglienza; e lo zucchero, per esprimere la dolcezza che il canto della Sirena dona all’universo.
La Sirena Parthenope, estasiata da questi doni, li portò al cospetto degli dèi dell’Olimpo per mostrare loro la generosità dei Neapolitani e questi, inebriati dal canto soave della Sirena, mescerono i preziosi doni e crearono la pastiera napoletana.
Una altra leggenda, frutto anch’essa della fiorente tradizione partenopea, racconta che in passato le mogli dei pescatori avevano l’usanza di riporre sulla spiaggia di Napoli le offerte al Mare come buon auspicio per il ritorno dei loro mariti. Nella cesta dei doni venivano riposti gli ingredienti della tradizione: ricotta, grano, frutta candita, uova e fiori d’arancio, e il mattino successivo le onde realizzarono il prodigio, restituendo alle donne la pastiera e i mariti ritornati dalla pesca sani e salvi.
In molti mettono in relazione la leggenda di Parthenope e della pastiera napoletana con il culto di Demetra, dèa del grano e della fertilità della Terra, e nume patrio della Neapolis greco-romana al pari di Apollo e dei Dioscuri Castore e Polluce. Secondo alcune ipotesi il dolce pasquale faceva parte di quel ricco ventaglio di offerte votive portate in processione dalle sacerdotesse pagane, un’usanza solo successivamente tramandata nella tradizione cristiana .
Tracce della pastiera napoletana la troviamo anche nella celebre favola di Giambattista Basile “La gatta cenerentola” che successivamente ispirò il noto film di animazione della Disney:
“E,venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato.”