Di cosa parliamo quando parliamo di Medio Oriente

Medio Oriente: il più grande e tragico degli scenari politici moderni.

Un groviglio storico, legato al Grande Gioco della politica imperialista europea, al cui confronto persino il Gioco del Trono di Spade impallidisce. Se nella saga di Martin i tradimenti si sprecano, nel mondo arabo noi europei abbiamo perpetrato almeno un “doppio tradimento”.

L’ ideologia orientalista è stata seguita da quella occidentalista, e ciò spiega in una buona parte il tragico caos che è esploso.

Lawrence d'Arabia
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Questo giovedì su “Repubblica” Giuseppe Catozzella (in Lawrence d’Arabia l’uomo che inventò l’Oriente) ha affrontato il tema in questione, illustrando due libri appena usciti. La chiave di lettura del tema in entrambi è, manco a dirlo, Lawrence d’Arabia.

I due libri sono Lawrence d’Arabia e l’invenzione del Medio Oriente di Amodeo e Cereghino (Feltrinelli) e Le vite segrete di Lawrence d’Arabia di Knightley e Simpson (Odoya ed.)

Thomas Edward Lawrence (1888-1935), un personaggio che divenne un mito (e un protagonista delle propaganda britannica, quindi marketing e snodo di un esteso storytelling) e lo divenne perché egli stesso contribuì a creare, consolidare e propagandare un altro mito: quello del Medio Oriente.

Era uno scrittore, uno studioso e uno storyteller a sua volta, grazie alla sua brillante autobiografia. Imperialista e legato alla corrente più conservatrice della cultura inglese – tanto che la sua morte, a seguito di un controverso incidente automobilistico, è ancora oggi da taluni ricondotta all’ostilità nei suoi confronti da parte dei servizi segreti di cui aveva fatto parte : perché era diventato un sostenitore dell’alleanza arianeggiante con Hitler e la Germania.

Il tradimento dell’ Orientalismo

Ma in che contesto culturale in cui si inserisce il mito del Medio Oriente di cui fu coautore Lawrence d’Arabia?

Ne parlavamo poco tempo fa: la corrente o discorso culturale chiamato “Orientalismo”.

Ricorda proprio Catozzella che con questo termine, coniato da Edward Said, intellettuale palestinese grande studioso di Foucault e di Gramsci, si designa la capacità dell’Occidente di dominare gli altri paesi non solo attraverso le armi – ma soprattutto attraverso la sapiente capacità di imporre e diffondere, anzi inculcare fin nel profondo, una serie di concetti e convincimenti, di idee e di simboli, in grado di riqualificare e ridisegnare l’identità stessa dei popoli soggiogati.

A seguito del discorso colonialista, i popoli soggetti pensano sé stessi così come i dominatori occidentali hanno deciso di pensarli – per tenerli sottomessi.

Nel caso delle colonie asiatiche e del Nord Africa, il discorso colonialista è l’Orientalismo: perché con esso le potenze europee hanno letteralmente (e letterariamente, come spiega nei suoi studi Said) inventato l’Oriente.

E con esso è stato inventato il Medio Oriente : la prima menzione del termine (legato anche alle pratiche amministrative del Foreign Office britannico precedenti) risale addirittura al 1902.

I libri in questione insomma ripercorrono la storia di una dottrina ideologica, ancora oggi potente.

Essa giustifica l’alterigia degli europei nei confronti degli arabi, nelle forme che ancora oggi constatiamo, anche se le colonie sono finite – ma certamente non è finito l’imperialismo.

I frutti della teoria e della pratica orientalista – e delle azioni di Lawrence, fra gli altri, ma un’altra grande avventuriera e diplomatica coltissima, ancora un po’ meno conosciuta, fu Gertrude Bell – i risultati di questa vicenda sfociano nel Medio Oriente creato al termine del Primo conflitto mondiale con la distruzione dell’Impero Ottomano.

Come i libri citati ripercorrono, agli Arabi Lawrence aveva promesso un grande stato panarabo, la cui corona sarebbe stata riconosciuta all’emiro Feysal.

Come ben sappiamo, così non andò, e l’unico grande stato arabo fu quello dei Saud, imperniato sull’ideologia (antioccidentale!) dei Wahabiti.

Altrove, altre colonie (ipocritamente chiamati mandati) e dopo la seconda guerra mondiale, staterelli dittatoriali senza legittimazione popolare.

In questo quadro, inoltre, l’opportuna (soprattutto per i dominatori occidentali e per i loro referenti arabi, che hanno sempre agitato il vessillo antisionista per ipnotizzare le masse diseredate) nascita dello stato di Israele, che accolse gli esuli dall’Europa che aveva cercato di cancellarli. Peraltro Israele inizialmente molto osteggiata dagli inglesi, e meno benvoluta dagli americani che dai russi.

Il petrolio ed il controllo delle comunicazioni marittime fra gli Oceani era la posta in palio ai tempi della guerra fredda, il risiko mondiale che giustificò l’impegnò delle potenze per controllare quei territori.

L’idea del grande stato panarabo doveva prendere nuova forma soprattutto sotto l’insegna del partito Ba’ath, sino al fallimento epocale nel 1967, a seguito della catastrofica sconfitta con Israele.

Mentre il nazionalismo laico resisteva a fatica fra gli arabi, una nuova rivendicazione politica, il panislamismo col proprio integralismo religioso, divenne l’ideologia egemone fra gli oppositori dell’Occidente.

Salvo essere nuovamente strumentalizzato dai dominatori locali (chi finanziava l’Isis?), le varie dittature e dinastie che fondano consenso e potere sul petrolio – le quali adesso che l’era dell’oro nero volge al termine, debbono ristrutturare le proprie economie, badando nel frattempo a non togliere ai propri sudditi il benessere materiale che i proventi derivati dal commercio degli idrocarburi consentivano di distribuire.

Un nuovo inganno a Oriente: l’Occidentalismo

Ma abbiamo detto: al posto del grande Stato – promesso da Lawrence e che doveva sorgere là dove i dominatori avevano imposto la visione di un unico grande ambiente culturale, il Medio Oriente appunto – al posto di quello tanti staterelli.

Del tutto avulsi dal contesto etnico e storico locale, ma che si pretendeva fondati su nazioni arabe distinte: marocchini, giordani, egiziani, iracheni, siriani, ecc.

Qui mi piace aggiungere un capitolo ai saggi citati, per seguire una vicenda che in realtà configura un sorprendente cambio di direzione: dall’Orientalismo, all’Occidentalismo.

Ebbene sì, quando ha fatto comodo, gli Arabi sono stati assimilati ad Europei “a loro insaputa”.

Quando avvenne? E’ sorprendente che sia poco conosciuto ma se, come tutti sanno, il primo a denunciare i vizi economici e politici del trattato di Versailles (che riguardava l’Europa alla fine delle Prima guerra mondiale) fu Keynes – che ne trasse poi la teoria economica più seguito nei decenni a venire – ecco sempre uno studioso inglese (peraltro impegnato nel servizio d’intelligence come il proprio coetaneo Lawrence) denunciò l’assurdità storica e politica dei trattati che nello stesso periodo davano al Medio Oriente quella sistemazione che ho appena ricordato (tanti staterelli deboli e delegittimati).

Il personaggio in questione fu Arnold J. Toynbee, uno storico e antichista che partecipò al tavolo diplomatico come esperto e lo lasciò scrivendo La questione occidentale in Grecia e Turchia, un saggio che prendeva le mosse dalle ricerche condotte dall’autore in merito al grande massacro degli Armeni.

Il massacro venne perpetrato perché i Turchi volevano costruire una nazione compatta, su un territorio ben delimitato, alla maniera europea – e per farlo dovevano “ripulirlo” dagli estranei.

Qualcosa di simile a quanto poi su scala maggiore e con furia ideologica più vasta tentò il nazismo con gli Ebrei – ma anche qualcosa di non molto diverso da quanto era avvenuto in Europa: dove quelle che a noi sembrano nazioni esistenti da sempre, sono in realtà sorte sia da processi pacifici che da terribili violenze, la più famosa delle quali la crociata contro gli Albigesi. I francesi del sud sono stati uccisi o deportati e culturalmente repressi, per consentire la nascita di quella che è poi è stata chiamata nazione francese.

Ora il punto è che, come denunciava Toynbee (e come fece poi in altri capolavori) per giustificare la divisione del Medio Oriente in tanti stati deboli e indifesi, si adottò l’idea che in tutto il mondo valeva il principio “un popolo, uno stato” cioè il nazionalismo. Mentre invece in certe realtà le etnie e le culture locali vivono strettissimamente correlate e intrecciate, in ogni ambito della vita e del pensiero, e per separarle necessariamente si deve ricorrere alla violenza. Come di recente in Jugoslavia. O in Iraq e in Siria.

A che scopo? Imporre una nuova, paradossale forma di “orientalismo” agli Arabi (siete come noi, datevi tanti stati nazionali alla maniera degli occidentali: l’Occidentalismo) è stata solo l’ennesima arma ideologica dei dominatori.

Lo slogan “tutto il mondo dev’essere come l’Occidente” – è servito solo a destrutturare e controllare quei territori. Un po’ come con “l’esportazione della democrazia” di Bush.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: guerra e caos.

Di nuovo promesse tradite: da Bush alle Primavere arabe

Ma è un dato reale che il mondo arabo è cambiato, perché le sue società hanno comunque stretto relazioni varie e strette con i popoli europei, divisi solo da un piccolo mare e confratelli nel genere umano.

Da queste relazioni e da tali trasformazioni è nato il desiderio di riconoscimento di diritti umani e civili, e la rivendicazione della democrazia per le comunità nazionali in embrione.

Quando Obama, al Cairo, ha dichiarato che avrebbe sostenuto gli sforzi degli Arabi in tale direzioni, essi l’hanno preso in parola. Ed ecco le primavere arabe.

Non era facile, certo, abbandonare la strada della guerra di Bush, e al contempo mantenere la promessa fatta. Ma una cosa è sicura: se il Medio Oriente è l’inferno che conosciamo, e che sta ardendo così violentemente da gettare i suoi tizzoni e le sue braci fino ai nostri piedi – questo è stato perché quella promessa l’Occidente l’ha tradita.

E’ forse il problema più grande per la politica di oggi. Perché, come ricorda Catozzella, già lo disse Lawrence, pentito del suo, di tradimento: non mantenere la parola data, quel doppio tradimento che ho raccontato, avrebbe determinato un altissimo prezzo da pagare, poiché si sarebbe generato un “desiderio di riscatto, rabbia e deviazioni fondamentaliste”.

Che qualcuno, finalmente, con quasi un secolo di ritardo, ascolti quelle parole.

ALESSIO ESPOSITO

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