Di Isabella Rosa Pivot
La Cultura dello Stupro (Rape Culture) è un termine che viene usato per analizzare e descrivere l’ideologia, nonché cultura, nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni. Nello specifico, vengono studiati gli atteggiamenti prevalenti, le norme e le pratiche dei media, che normalizzano, minimizzano, o incoraggiano questo genere di violenza.
Nella mentalità occidentale la “cultura dello stupro” esiste da sempre: molti pensatori (compresi Erodoto e Ovidio) hanno in qualche misura legittimato l’uso della forza nel corteggiamento, presumendo che la donna rifiuti qualunque approccio sessuale, anche se gradito, per difendere il proprio “onore”.
Tale ragionamento risulta dunque essere ormai radicato nel sistema patriarcale, che cerca in tutte le maniere di giustificare gli stupri commessi dagli uomini dando sempre e solo la colpa alla donna; rendendo quasi normale che un uomo compia queste azioni.
Un ovvio danno non solo per la donna, che non si sente così creduta e tutelata dalla società (una terribile seconda violenza), ma anche per l’uomo, che in tal modo viene continuamente considerato alla stregua di un “animale”, mosso unicamente dall’istinto e incapace di controllare le proprie pulsioni sessuali.
Un recente episodio di stupro nel nostro paese, rappresenta un caso lampante di quest’ ideologia: una giovane ha deciso di denunciare la violenza subita da tre ragazzi; lo stesso padre della vittima, probabilmente sotto minaccia del branco, ha difeso davanti ai carabinieri gli stupratori, dicendo apertamente che la figlia avesse mentito, che era semplicemente ubriaca e non in grado di capire cosa stava accadendo. Si tratta proprio di una delle tante giustificazioni abitualmente utilizzate per minimizzare lo stupro. Elemento ancor più macabro della faccenda, è che gli stupratori avessero fatto una diretta Instagram filmando la violenza: un video a disposizione di tutto il paese, comunque immobile di fronte alla scena.
Altro esempio lampante di rape culture ci arriva da un noto leader politico che ha sfruttato il suo potere mediatico nel tentativo di difendere il figlio ed i suoi amici dall’accusa di stupro. Secondo il politico, denunciare dopo otto giorni è la prova secondo la quale la ragazza in questione ha mentito.
Di solito le frasi più utilizzate nella cultura della stupro (Rape Culture) per giustificare queste violenze sono le seguenti:
• “La ragazza era ubriaca/drogata: era lei a volerlo, non può averla stuprata!”;
• “Ma sono Bravi Ragazzi! L’hanno solo accompagnata a casa e lei non ha opposto resistenza! Non ha capito quello che è successo” (quindi mente);
• “Ma la ragazza aveva degli atteggiamenti ambigui! Il ragazzo ha creduto che volesse fare sesso con lei, non è colpa sua se ha frainteso!”;
• “Ma era vestita troppo sexy! Pensava che ci stesse!”;
• “Ma aveva la scollatura/la minigonna! Il ragazzo non ci ha capito più niente!”;
• “Ma aveva il perizoma! Se l’era cercata!” (in Irlanda fu la giustificazione che un giudice portò all’assoluzione di un 27enne dallo stupro di una 17enne);
• “Ma è troppo brutta/mascolina! Non possono averla stuprata!” (con questa giustificazione la Corte di Appello di Ancona -presieduta da giudice donna tra l’altro- ha assolto due giovani dallo stupro di una ragazza peruviana; sentenza per fortuna annullata dalla Cassazione);
• “Ma è normale sia accaduto! Non doveva stare in quel luogo a quell’ora/era da sola: se l’è cercata”;
• “Ma se era in compagnia! Non può essere stata stuprata/Non doveva allontanarsi”
• “Non può averla stuprata: è un ragazzo di buona famiglia/bravo ragazzo, non farebbe cose del genere. Deve averlo provocato in qualche modo!”
• “Non è possibile che sia stata stuprata! Ci hai messo tot. giorni ha sporgere denuncia, stai mentendo!” (la legge dice chiaramente che hai 12 mesi per sporgere denuncia per stupro)
L’elenco potrebbe durare all’infinito.
Interessante notare come, nella Cultura dello Stupro, le ripetizioni siano molteplici e tutte ruotino intorno al concetto secondo il quale sia la vittima a doversi assumere la colpa della violenza. Allo stesso tempo, anche per gli stupratori, le scusanti tendono a ripetersi e ad assomigliarsi, per farli sembrare mere vittime della società.
“E’ un bravo ragazzo, ha sbagliato/frainteso, è stato incastrato, non può aver fatto un gesto simile”
Dobbiamo iniziare a renderci conto che possono anche essere fatte tutte le leggi contro lo stupro al mondo, mettendo la giusta pena a questo tipo di reati, senza alcuna possibilità di interpretazione da parte di magistrati, giudici e avvocati… ma se non si inizia a combattere la cultura legata a questo tipo di crimine non lo si potrà mai contrastare veramente.
Fino a quando si continuerà a minimizzare lo stupro, condannando sempre la vittima e mai lo stupratore, le violenze continueranno ad essere frequenti.
L’unica soluzione è cambiare la mentalità della società attraverso forti campagne di sensibilizzazione, educazione nelle scuole, pene severe per chi incentiva o favorisce la diffusione (anche) mediatica della cultura dello stupro.