Il Parlamento europeo dice “no” alla violenza sulle donne

Si richiede più rigore nel punire i mostri, ma non si menziona la vittima come proprietaria del suo corpo.

Giovani e violenza di genere Ddl contro la violenza sulle donnek5h Il Parlamento europeo dice "no" alla violenza sulle donne sottovalutazione del dolore femminile

Il 24 aprile, il Parlamento europeo ha approvato la normativa contro la violenza sulle donne. Il testo contiene un quadro generale sui vari problemi che le donne sono costrette ad affrontare di frequente e un insieme di direttive per gli Stati membri, che sono chiamati a legiferare e a sensibilizzare sul tema.

La normativa in pillole

La normativa chiede agli Stati membri di sensibilizzare e punire svariate forme di violenza sessuale: dalle molestie allo stupro, dai matrimoni forzati alle mutilazioni genitali. C’è una particolare attenzione sugli atti di molestia perpetrati online, in particolare ci si riferisce alla diffusione non consensuale di informazioni e materiali privati e al cyberflashing. Meritano particolare menzione i riferimenti ai comportamenti sessuali e all’abbigliamento della vittima: gli Stati membri sono esortati a tenere raramente in considerazione questi due aspetti nella valutazione delle dinamiche del reato. Infine si chiede agli Stati membri di fornire adeguata assistenza sanitaria e psicologica a tutte le donne colpite da violenza o molestia e di snellire la burocrazia che riguarda le procedure di denuncia di tali atti.

La normativa non bada all’età della vittima e alcuni punti riguardano esclusivamente le minori. La protezione della vittima deve essere assicurata a ogni costo soprattutto se si sospetta la possibilità di un secondo atto violento. Le conseguenze penali devono essere severe e proporzionate alla parte lesa, cioè devono essere accentuate in caso di discriminazione intersezionale, ovvero qualora il reato sia compiuto sulla vittima non solo in quanto donna, ma anche perché si sovrappongono altre particolarità della persona come la religione, l’orientamento sessuale, l’età, la disabilità e tanti altri.

Il cyberflashing, o l’evoluzione del catcalling: quando le molestie si spostano nella rete

Il cyberflashing consiste nell’invio non richiesto di immagini, filmati o altro sui dispositivi mobili. I modi per farlo sono molto semplici: basta usare la funzionalità bluetooth o airdrop (per dispositivi Apple). Sembra un’evoluzione del catcalling perché in questo caso al complimento sgarbato e non richiesto si aggiungono foto, video e altri allegati. Per questo motivo il Parlamento europeo esorta gli Stati membri ad avere maggior controllo sulle piattaforme e gli altri mezzi di comunicazione su cui possono viaggiare questi sgradevoli messaggi. Qualora la vittima denunci il misfatto, si richiede maggior celerità nel rimuovere dalla rete il materiale scambiato tra le parti.

Le perplessità dell’Unione Europea

Tra i vari problemi affrontati, forse manca quello più importante e oggetto di numerosi dibattiti nelle ultime settimane: è affrontata la questione dell’aborto forzato, ma non di quello volontario, che non è menzionato nel testo della normativa. Sembra che il Parlamento europeo consideri la vittima come passiva anche dopo che il reato su di lei è stato compiuto, e che debba essere aiutata esclusivamente a livello psicologico per accettare le conseguenze della sfortuna e per poter andare avanti. Eppure anche l’aborto volontario dovrebbe essere incluso tra le vie percorribili per poter stare bene con sé stesse dopo la catastrofe.

Sembra che l’Unione Europea non voglia ancora prendere una posizione definitiva sull’interruzione volontaria di gravidanza. Il tema è al centro di molti tavoli di discussione in Italia perché inevitabilmente ci si interroga sulla definizione della capacità di intendere e di volere del feto, dunque quando esso acquisisce il diritto alla vita e quando invece può prevalere la scelta della madre.

La tendenza dell’Italia

Di recente, sembra che il Governo stia cercando di raggirare la questione senza affrontarla direttamente e apertamente: si è tentato di utilizzare i fondi del Pnrr per introdurre membri di associazioni pro-life all’interno dei consultori, come se una donna avesse ancor più bisogno di un supporto emotivo o di una persona con cui riflettere su una scelta fatta per sé, su di sé e per svariati motivi che non dovrebbero essere opinabili finché l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita e non è dannosa per la salute.

Senza considerare che il no dell’Unione Europea è servito a ben poco, perché l’inclusione di tali associazioni sarà comunque concessa: se necessario, le regioni potrannoavvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità“, come riporta il testo del decreto recentemente approvato dal Parlamento italiano contenente alcune postille per l’applicazione del Pnrr.

Sembra che il Parlamento europeo sia disposto ad aiutare la donna quando oggetto di violenza, ma che allo stesso tempo abbia ancora difficoltà a considerare la stessa non solo come parte lesa e dunque passiva nel reato, ma anche come soggetto attivo che vuole essere padrone del proprio corpo soprattutto se per quei pochi ma lunghissimi minuti esso è diventato l’oggetto di piacere di un mostro.

 

Andrea Ruzzeddu

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