Per la prima volta dal 14 luglio l’euro buca la parità con il dollaro
Stamattina, anche se solo per pochi minuti, la moneta unica è scesa fino a 0,9988 rispetto al dollaro, per poi risalire a 1.005. Prima di quest’estate, bisogna tornare indietro di vent’anni per arrivare a una situazione simile: durante la crisi dotcom l’euro arrivò a toccare quota 0.82 sul biglietto statunitense. Il crollo di oggi è dovuto principalmente a due fattori: da una parte, le rassicurazioni della Fed circa gli ulteriori aumenti dei tassi d’interesse per proteggere gli Stati Uniti dalla deriva inflazionistica; dall’altra, l’aggravio della situazione energetica europea, legato al nuovo annuncio di Gazprom riguardo la sospensione del gasdotto Nord Stream 1 per altri tre giorni, dal 31 agosto al 2 settembre.
In altre parole, al momento gli Stati Uniti sembrano garantire asset più sicuri rispetto ad un Eurozona in piena crisi energetica ed a rischio recessione. Gli investitori agiscono di conseguenza: preferiscono puntare sulla valuta che gli trasmette più fiducia.
L’euro quindi perde valore, ma cosa significa realmente per l’Italia e l’Europa?
La parità euro-dollaro comporta delle conseguenze non solo sul mercato finanziario, ma anche su quello dell’economia reale. Se nel 2008 un euro arrivava a valere 1,60 dollari, adesso il rapporto è 1 a 1. Ciò significa che, rispetto al passato, importare le merci americane è più caro. Facciamo un esempio: nel 2008 potevamo acquistare una maglietta made in U.S.A. da 20 dollari per poco più di 12 euro; adesso, comprare la stessa t-shirt ci costerebbe 20 euro. Dunque, la moneta unica ha perso valore rispetto al biglietto verde e questo penalizza la nostra capacità di acquisto dei prodotti del mercato d’oltreoceano.
Quindi la parità euro-dollaro è solamente negativa?
Fortunatamente no! Infatti, se da un lato i beni americani importati in Europa sono più cari, dall’altro i prodotti europei esportati negli Stati Uniti diventano più economici. Ciò non è altro che un ulteriore effetto del deprezzamento dell’euro sul dollaro. Per spiegarlo possiamo prendere lo stesso esempio del paragrafo precedente, ma a parti opposte: uno statunitense che nel 2008 avesse voluto comprare una maglietta made in Italy dal costo di 20 euro, avrebbe dovuto sborsare circa 32 euro; adesso gliene basterebbero 20. Questo maggiore potere del dollaro fa sì che le richieste dei nostri prodotti da parte degli Stati Uniti aumentino perché più a buon mercato e, sulla carta, ciò dovrebbe aumentare anche il nostro PIL.
Allora la parità euro-dollaro ci conviene?
Non proprio. Ad ogni svalutazione monetaria segue sempre una redistribuzione dei redditi, dai salari verso le rendite e i profitti. Mi spiego meglio: le aziende italiane riescono a vendere di più all’estero grazie all’aumento di domanda conseguente al deprezzamento della valuta. Ora, i profitti degli imprenditori non aumentano solamente perché vendono di più, ma anche perché il lavoro costa meno. In altre parole, il lavoratore dipendente percepisce sempre lo stesso salario sulla carta ma, rispetto a prima, il suo salario reale diminuisce perché con quegli stessi soldi può permettersi di meno (la moneta si è svalutata). Il risultato principale è un aumento della sperequazione economica: i ricchi sono sempre più ricchi, mentre i poveri diventano sempre più poveri.
Che cosa aspettarci per il futuro
La caduta dell’euro di oggi è spiegabile in gran parte con le pessime aspettative per il futuro dell’Europa. Si teme soprattutto che Gazprom, dopo la chiusura per “manutenzione” del Nord Stream 1, non riprenda più il servizio, mettendo in seria difficoltà l’intera Europa. Se a ciò aggiungiamo il fatto che l’energia che acquistiamo per compensare la riduzione delle forniture russe si paga in dollari(come nel caso del GNL), il risultato è un forte aumento del costo delle materie prime per le imprese. Dal momento che le spese per le bollette sono aumentate vertiginosamente negli ultimi mesi, un’ulteriore impennata dei costi rischia di azzerare anche i vantaggi derivanti dall’aumento delle esportazioni.
In conclusione, il nuovo rapporto di parità euro-dollaro è un campanello d’allarme che oggi suona molto forte. Risolvere la questione energetica è fondamentale, adesso più che mai. Una volta sciolto questo nodo, il futuro potrebbe tornarci a sorridere.