Le donne italiane hanno le stesse opportunità degli uomini? La parità di genere sembra essere più un principio teorico che un fatto reale.
Nonostante gli anni, i decenni, di lotte continue, le donne sono ancora lontane dalla reale parità di genere enunciata nella Costituzione italiana e proclamata ad ogni angolo del Paese.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso […]”.
Secondo una classifica del World economic forum (Wef) sulla parità di genere, l’Italia risulta essere al 69° posto; per quanto riguarda la partecipazione economica delle donne, il Paese scende fino al 114° posto.
Secondo il Wef, ci vorranno altri ottant’anni ancora per riuscire ad ottenere una parità di genere più concreta e reale.
Anche dal punto di vista salariale, le donne guadagnano mediamente meno rispetto agli uomini; secondo un rapporto dell’Osservatorio JobPricing, un uomo guadagna il 10,9% in più rispetto ad una donna.
Per quanto riguarda la sfera politica, benché siano stati compiuti significativi passi avanti, l’Italia non ha mai avuto un premier o un capo di stato di genere femminile.
Uno degli ostacoli maggiori per le donne italiane è rappresentato dalle politiche poco efficienti del welfare. L’elevato costo degli asili nido e la mancanza di un concreto supporto economico alla maternità, condannano le donne a scegliere tra la carriera e la famiglia.
Con la riforma Fornero e un provvedimento del Jobs act, anche un padre ha maggiori possibilità di contribuire alla crescita di un neonato chiedendo il “congedo di paternità“; eppure, benché sia un diritto e non sia per nulla difficile usufruire di questa opportunità, solo 6.9% dei padri sceglie di restare a casa con il figlio appena nato (dati Istat).
Manca dunque anche una volontà da parte dell’uomo, del marito e del compagno, che evidentemente non considera come compito suo quello di restare a casa e occuparsi della prole.
Al di là delle barriere oggettive che una donna incontra durante la propria vita, barriere che devono essere eliminate tramite interventi e politiche statali, esiste anche una certa resistenza culturale che vede nella donna la naturale curatrice della casa e della famiglia, senza considerare che questo compito così complesso e di estrema importanza sociale possa essere condiviso con l’uomo.