Per affrontare il tema della parità di genere possiamo partire da un libro, diventato poi il simbolo del femminismo europeo, “Le Deuxième Sexe”, che ebbe come autrice Simone De Beauvoir, in cui si legge una celebre frase che riassume la lotta all’emancipazione femminile:
donna non si nasce, lo si diventa.
In questa affermazione si possono cogliere le conquiste che le donne hanno dovuto affrontare nei secoli per crearsi una propria individualità, liberandosi da concetti patriarcali e di subordinazione all’uomo. E sebbene oggi, ormai, possano apparire lontani anni luce, nel mondo del lavoro è ancora possibile trovare, a tratti, segnali di disparità di trattamento.
I tentativi di eliminazione delle ‘barriere’ sono stati messi in atto a livello normativo, e ne cogliamo un ulteriore rafforzamento tramite le recenti linee guida sulla parità di genere nei rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione. Eppure manca ancora qualcosa. Il processo di avvicinamento della figura femminile a quella maschile sul lavoro non può ancora dirsi completato a tutti gli effetti.
Lavorare oggi cosa significa per una donna
Sono sempre più i settori in cui vengono inserite lavorativamente le donne, e il legislatore, gradualmente, nel corso degli anni ha intensificato le tutele volte ad abbattere le disparità di genere.
A livello storico la Legge 860/1950 sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri ha rappresentato una pietra miliare per le donne. Ma possiamo citare anche, ad esempio, avvicinandoci ai giorni nostri, la Legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, che aveva previsto incentivi alle aziende che assumevano donne di qualsiasi età e senza un impiego da oltre 24 mesi.
E recentissime sono le Linee Guida sulla parità di genere nei rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione, diffuse il 7 ottobre scorso e incentrate sul raggiungimento dell’obiettivo di accorciamento delle distanze tra uomo e donna nel settore pubblico. Tra le possibili strategie si parla qui di smart working e modelli di lavoro flessibile.
Punti irrisolti sulla parità di genere
Restano ancora aperte però alcune criticità sulla parità di genere in ambito lavorativo.
Pensiamo al divario stipendiale (il cosiddetto “gender pay gap”). I dati Eurostat del 10 agosto 2022 riportati su Openpolis hanno rilevato che nell’economia europea le lavoratrici guadagnano il 13% in meno rispetto ai lavoratori, con un posizionamento da parte dell’Italia al quartultimo posto.
In ambito sanitario nell’aprile scorso era stato perfino aperto un tavolo tecnico allo scopo di arrivare ad una valorizzazione professionale delle donne nella sanità (anche dal punto di vista salariale) e a politiche volte ad incentivare un equo accesso alle professioni sanitarie.
Un altro problema è poi rappresentato dalla difficoltà che le donne ancora riscontrano nel raggiungere alti livelli dirigenziali. Infatti una limitata quota femminile ricopre oggi posizioni manageriali.
E pensiamo anche al part-time involontario, una pratica a cui ricorrono spesso le aziende, portando le donne ad una scelta obbligata che da un lato garantisce sicuramente maggiore flessibilità ma dall’altro le penalizza in termini economici e di carriera .
Cosa aspettarsi per il futuro?
Alla luce di tutto ciò possiamo tirare le somme. Indubbiamente la strada verso cambiamenti di rotta ideologici è stata spianata sia a livello sociale che lavorativo. Importanti passi avanti sono stati fatti ma ancora molto andrebbe fatto.
La questione però non è solo politica o solo culturale ma investe sfere strutturali del mercato del lavoro che richiederebbero un intervento sostanziale. Servirebbero infatti politiche capaci di fare esprimere pienamente il potenziale femminile e volte a favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro senza alcuna penalizzazione di sorta.
Insomma, servirebbe un futuro più equo.