Paralimpiadi 2024: pochi atleti con disabilità intellettiva

Paralimpiadi 2024

Alle paralimpiadi 2024 di Parigi vi è una categoria di atleti che continua a essere significativamente sottorappresentata: gli atleti con disabilità mentale, intellettiva e relazionale. Questo fenomeno, purtroppo, non rappresenta una novità, ma piuttosto una problematica persistente che affonda le sue radici in eventi del passato.

A Parigi questi atleti sono presenti solo in un numero limitato di discipline: atletica, tennis tavolo e nuoto. La scarsità di partecipanti con queste disabilità è il risultato di una storia travagliata, segnata da scandali e decisioni drastiche, che ha portato a una riduzione della loro partecipazione ai Giochi paralimpici. Ma come si è arrivati a questa situazione? E perché, nonostante le numerose battaglie per l’inclusione, il numero di questi atleti rimane così esiguo?

Tutto ebbe inizio alle paralimpiadi di Sidney 2000

Per comprendere meglio il contesto attuale, è necessario fare un passo indietro fino alle paralimpiadi di Atlanta 1996. In quell’edizione, gli atleti con disabilità intellettiva fecero il loro debutto, segnando un importante progresso verso una maggiore inclusività. Un totale di 56 atleti con disabilità intellettiva parteciparono a eventi di atletica e nuoto, rappresentando un passo avanti significativo per il movimento paralimpico. Questo successo, tuttavia, venne drammaticamente compromesso solo quattro anni dopo, alle paralimpiadi di Sydney 2000, quando un evento sconvolgente cambiò radicalmente il corso della storia.

Durante i Giochi di Sydney, la squadra spagnola di basket vinse la medaglia d’oro nella categoria riservata agli atleti con disabilità intellettiva. Poco tempo dopo la conclusione dei Giochi, venne rivelato uno scandalo di proporzioni enormi: dieci dei dodici giocatori della squadra spagnola non avevano alcuna disabilità intellettiva. La scoperta di questo inganno fu merito di Carlos Ribagorda, un giornalista sotto copertura che si infiltrò nella squadra e successivamente rivelò la verità. Secondo Ribagorda, i giocatori senza disabilità non furono sottoposti ad alcun controllo medico o psicologico per verificare la loro idoneità. Le sue rivelazioni furono pubblicate dalla rivista economica spagnola Capital, gettando luce su uno degli scandali sportivi più gravi della storia paralimpica.



La scoperta di questa truffa ebbe conseguenze devastanti. Il Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) decise di non riassegnare le medaglie d’oro, poiché anche la Russia, squadra arrivata seconda, non fu in grado di dimostrare l’idoneità dei propri giocatori. Inoltre, lo scandalo ebbe ripercussioni economiche significative, coinvolgendo sponsor e finanziamenti internazionali. Il caso culminò nel 2013, quando Fernando Martin Vincente, l’ex capo della federazione spagnola, fu condannato per frode e multato di 5.000 euro. Inoltre, fu costretto a restituire i 140.000 euro ricevuti dai sussidi governativi destinati alle attività sportive paralimpiche.

In risposta a questo scandalo, l’IPC prese una decisione drastica ma necessaria: l’esclusione degli atleti con disabilità intellettiva e relazionale dai Giochi paralimpici, fino a quando non fossero state implementate classificazioni funzionali in grado di prevenire ulteriori frodi. Questa messa al bando durò ben dodici anni, durante i quali gli atleti con disabilità intellettiva furono esclusi dalle edizioni di Atene 2004 e Pechino 2008. Solo alle paralimpiadi di Londra 2012 furono reintrodotti, grazie a regole molto più rigide.

La regolamentazione di questi atleti fu affidata all’INAS, la Federazione internazionale degli sport per atleti con disabilità intellettiva. L’INAS stabilì criteri rigorosi basati sui parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la diagnosi della disabilità intellettiva, e sulle modalità in cui tale disabilità incideva sulle prestazioni sportive. In Italia, le norme sono ancora più stringenti: oltre alla certificazione di “idoneità allo sport agonistico adattato”, gli atleti con Sindrome di Down devono fornire una valutazione della mappa cromosomica e un certificato medico che attesti la presenza di instabilità atlanto-assiale.

Non solo paralimpiadi, dove gareggiano gli atleti con disabilità intellettiva?

Al di fuori del contesto paralimpico, esistono altre competizioni internazionali che offrono opportunità significative a questi atleti. Un esempio importante sono i Trisome Games, nati nel 2016 e dedicati esclusivamente agli atleti con Sindrome di Down. La prima edizione di questi giochi si è svolta a Firenze, accogliendo partecipanti da 36 paesi in nove discipline diverse, tra cui nuoto, atletica, e ginnastica artistica.

Un altro evento di grande rilievo sono gli Special Olympics, istituiti il 29 marzo 1968 come competizione per bambini con disabilità intellettiva. Da allora, gli Special Olympics sono cresciuti fino a diventare un movimento globale, con migliaia di atleti che partecipano a eventi sportivi in tutto il mondo. Questi giochi non solo offrono un’opportunità per gli atleti di competere, ma promuovono anche l’inclusione e la sensibilizzazione sulle disabilità intellettive.

Se è vero che le paralimpiadi di Parigi 2024 rappresentano un’importante vetrina per gli atleti con disabilità, la sottorappresentazione degli atleti con disabilità mentale, intellettiva e relazionale evidenzia una questione irrisolta. Nonostante i passi avanti compiuti nel corso degli anni, c’è ancora molto da fare per garantire una partecipazione equa e inclusiva per tutti gli atleti. La storia tribolata di questi atleti ai Giochi paralimpici ci ricorda quanto sia fondamentale continuare a lavorare per un mondo dello sport più giusto e accessibile a tutti.

Vincenzo Ciervo

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