Parafenomeno Zalone. Bei tempi quando un film era solo un film
Raramente, anzi una sola volta, mi sono occupato di cinema e siccome scriverò del fenomeno Zalone vuol dire che continuerò a non occuparmene.
Premetto che Checco Zalone mi sta simpatico. Soprattutto riconosco che dietro a quello scimmiottatore di sgrammaticati cantanti neomelodici con marcate connotazioni da anelli mancanti si nasconde un ottimo musicista e una bella testa.
Ma questo ha ben poco a che vedere con tutto il mercimonio paraideologico che si è creato attorno al suo ultimo film Quo Vado. Certo, il fatto che l’ “opera” sbanchi ai botteghini dà adito a pseudo critici di regime, altrimenti parassiti assoluti, di fare notturni convivi in differita alla corte di Marzullo che oramai rischia di prendere fuoco ad ogni spuntar dell’alba, ma niente di più di questo.
Il Film di Checco Zalone è un film … né più e né meno. A tratti divertenti e in altri dissacrante ed eccessivo; insomma il comico traspone il personaggio che abbiamo conosciuto in televisione al cinema imbastendoci un canovaccio intorno.
Se proprio vogliamo esagerare e dar vita a un confronto, Checco Zalone è un Homer Simpson all’italiana: un simpaticissimo, grottesco e paradossale mediocre, felice di non fare un’emerita mazza ma al quale tutto va – prima o poi – bene, senza che egli stesso arrivi a rendersene conto. Nessuno me ne voglia se ho spoilerato un finale ovvio, ma non abbiamo a che fare con Alfred Hitchcock.
Ora, detto questo, per arrivare a dare ai film di Zalone una connotazione culturale, politica e sociologica di prima grandezza ce ne vuole di pelo sullo stomaco. Anche l’attore e regista se ne guarda bene da tutto questo, ma intelligentemente si tiene tutta questa pubblicità gratuita … che fa sempre bene. Qua nessuno è fesso.
Dunque, se Zalone è diventato un fenomeno culturale (perdonate l’ardire) lo è diventato “scajolamente” a sua insaputa e suo malgrado, esattamente come il suoi personaggi. Gli conviene quindi tenersi la botta di culo in quest’epoca di mediocrità culturale perché prima o poi la pacchia finirà.
Senza rendersene conto e senza volerlo l’attore è tanto protagonista quanto strumento ideologico della tanto temuta – quanto realizzata . generazione di idioti – eletti in quanto idioti – profetizzata da Marcello Marchesi, che innalza a fenomeno culturale qualsiasi cosa possa tornarle utile, a patto però che sia politicamente neutra ed inoffensiva e offra un’ immagine classica dell’italiano medio: tendenzialmente nullafacente, però spensierato …. che vive i momenti di crisi e di difficoltà quasi con ebete incoscienza e che, alla fine, in qualche modo, addirittura la spunta.
Quale immagine migliore per un sistema politico all’italiana che fa dell’ottimismo alla cieca la sua arma retorica migliore per rintronare la gente? E’ veramente perfetta. E’ insieme specchio delle scarse qualità ostentate della nostra classe dirigente e puntuale riflesso di una società che le ha messe in campo.
Non vi preoccupate che tutto si metterà a posto, non pensate alla crisi che in un modo o nell’altro vi sistemerete! Abbiate fede: se si chiude una porta si apre un portone e troverete anche l’amore della vita. Restate nella vostra mediocrità e sguazzateci dentro, #statesereni e la sciatevi portare dalla corrente, e poco conta se i flutti sono prodotti dallo sciabordar violento di uno scarico del water.
Ecco il nostro Panem et circenses, la gente vuole ridere e pensare il meno possibile: svagarsi, allentare i gangli e le sinapsi per evadere un po’ da una quotidianità plumbea e difficile. Zalone ci ha offerto questa occasione senza troppe pretese, e, in fondo, non è neanche colpa sua se a caricare di significati politici e sociali il suo normalissimo film ci hanno pensato altri. Non sanno più dove andare a parare, anche se sono preoccupato per il futuro: Bobo Vieri ha scritto un libro, spero che adesso non lo innalzino a costituzionalista.
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fonte foto: megamodo.com