Il Papiro di Artemidoro è falso, ma la truffa è ormai caduta in prescrizione.
Per moltissimi anni – durante i quali si sono svolte laboriose indagini sul suo conto – il Papiro di Artemidoro è stato considerato un tesoro di valore inestimabile. Oggi invece Armando Spataro ha rivelato che, dopo attente e accurate ricerche, si tratterebbe nientemeno che di un falso, molto probabilmente risalente all’Ottocento e attribuibile al greco Costantino Simonidis.
Le indagini sul Papiro di Artemidoro
Nel 2004 era stato acquistato al modico prezzo di 2 milioni e 750 mila euro per essere esposto al Museo Egizio di Torino, ma come ha rivelato l’indagine condotta dal procuratore Armando Spataro non si tratterebbe altro che di una truffa: la colpa sarebbe da attribuirsi al mercante d’arte Serop Simonian, nato in Egitto e residente in Germania, e a chi con troppa leggerezza decise d’investire sul prezioso reperto poi rivelatosi un falso.
Pochi giorni prima del suo pensionamento, Armando Spataro ha cercato di far luce sulla storia del misterioso Papiro, e ha anche dichiarato che i fatti su cui si è svolta la sua indagine sarebbero ormai prescritti: il procedimento infatti, secondo il magistrato torinese, sarebbe ormai stato archiviato.
La storia del Papiro di Artemidoro
Il Papiro di Artemidoro al momento dell’acquisto si trovava in Germania dove, stando a quanto riportato da La Repubblica, una lettera di un delegato del Governo Federale avrebbe confermato a suo tempo che non ci fosse alcun bisogno di autorizzazione all’esportazione del documento, poiché esso “non sarebbe appartenuto ai valori artistici del patrimonio tedesco.”
Se questo non bastasse a far venire dubbi sulla troppa leggerezza che ha determinato l’acquisto del Papiro, Spataro avrebbe anche rivelato l’esistenza di un’istanza per l’autorizzazione all’esportazione di oggetti antichi, presentata all’Istituto per la Cultura nazionale del Museo d’Egitto e risalente all’aprile del 1971, in cui si legge che il valore del suddetto Papiro fosse di appena 20 lire egiziane e in cui sarebbe descritto come “sacco di carta in parte con immagini in oro.”
Insomma, una figura non proprio lusinghiera per chi avrebbe dovuto accertarsi della veridicità del reperto!