Se la democrazia è in crisi, la risposta del Papa è più democrazia
I fedeli verranno consultati per la scelta del vicario di Roma
Francesco è un pontefice populista?
Papa Francesco, con un gesto sinora sottovalutato, rompe di nuovo con la tradizione : e indice una specie di primarie consultive.
Che cosa succede?
Si avvicina il momento di nominare il nuovo Vicario di Roma, perché il precedente ha concluso il proprio mandato, e questa volta la scelta non sarà affare di pochi.
Il Vicario di Roma
Il Papa è capo della Chiesa in quanto Vescovo della Città Eterna.
Ma come Vescovo universale, deve delegare molto funzioni relative al governo pastorale della città a un’altra figura.
Il Vicario, appunto : se il Papa è il vicario di Cristo, un’altro sacerdote deve fare il vicario del Vescovo di Roma.
In passato, il Vicario è stato anche capo della Chiesa Italiana e talora figura di spicco in tutto il panorama politico nazionale – si pensi da ultimo a Camillo Ruini, che negli anni fra i 90 e 2000 è stato probabilmente l’uomo di potere più influente nel Paese.
In ogni caso, la scelta del Vicario spetta al Papa, che in passato si consultava solo con poche figure istituzionali eminenti della Chiesa .
Tutt’al più, il Papa ascoltava qualche parola dai parroci, e per il resto quelli che contavano erano i membri della gerarchia e, fra i laici, i capi dei movimenti ecclesiali più significativi.
Stavolta il Papa chiede a tutta la Diocesi, al clero e a tutti i fedeli laici, di far sentire la propria voce.
Le primarie di Papa Francesco
Tutti potranno esprimere le proprie proposte e indicazioni programmatiche e valoriali ; e se vorranno anche indicare un candidato, un nome.
Questo è quanto è stato comunicato dopo l’incontro fra il Papa e i parrocci di riferimento della diocesi, tenutosi venerdì.
Quindi ognuno, anche chi non lo ha mai fatto, potrà almeno in linea di principio interloquire col Pontefice.
C’è tempo fino al 12 aprile per spedire in Vaticano la propria lettera.
Poi, il Papa deciderà.
Da solo, certo.
Perchè il Papa è il capo assoluto della Chiesa.
La Chiesa fra monarchia e governo sinodale
Ma questo assetto della Chiesa cattolica non esiste da sempre : è frutto di un percorso maturato nel corso di tutto questo millennio, e che ha vissuto una notevole accelerazione con Giovanni Paolo II.
Wojtyla accelerò notevolmente l’accentramento delle funzioni di governo in capo ai dicasteri Vaticani.
Questo ha determinato i problemi che poi Ratzinger si è visto esplodere fra le mani.
Ratzinger compì allora la sua rinuncia coraggiosa e inconsueta.
Guarda caso, egli era colui che voleva essere il guardiano della tradizione e della continuità, ed era stato eletto per quello : ma con onestà, dovette ammettere di non trovare altra soluzione, per salvaguardare proprio quel patrimonio cui teneva, se non rompere con la tradizione.
Oggi sono quattro anni dall’elezione di Francesco, che continua in quel percorso di rinnovamento nella continuità che è una caratteristica del lavoro di Pontefice, da sempre.
Se la Chiesa oggi è un organismo potentemente centralizzato, in passato prevaleva il conciliarismo, il governo dell’assemblea di tutti i Vescovi.
Ed il Vescovo, persino il Vescovo di Roma, doveva riscuotere l’acclamazione popolare, coram populo.
Ora non è in questione un ritorno a quel modello di Chiesa quasi “federale” : ma comunque questo pontefice venuto dal Sud del mondo rappresenta la domanda di maggior partecipazione della comunità dei fedeli e delle chiese locali.
Papa Francesco spinge verso un governo sinodale, insomma più partecipato e collegiale, della Chiesa.
E quindi apre a queste consultazioni, queste primarie per il Vicario.
Crisi della fede e crisi della democrazia
In epoca di crisi della democrazia, taluni sostengono che all’origine della crisi ci siano i movimenti populisti, cioè le esagerate pretese di democrazia e partecipazione.
Il Papa invece apre a una maggiore democraticità del processo decisionale : fa delle primarie aperte a tutti, non solo al clero.
Questo atteggiamento giustifica le accuse rivolte da taluni, al papa sudamericano, di essere null’altro che uno scaltro epigono del populismo – di andare incontro a certe pretese ingiustificate, ma oggi sempre più rilevanti?
Bisogna riflettere, considerando tutte le implicazioni e le contraddizioni del caso, sul fatto che la risposta del Pontefice alla crisi della Chiesa, al discredito, alla perdita della fede, delle vocazioni, del prestigio – sia la chiamata a far sentire la propria voce anche a chi non vi era abituato.
Se in questo modo la Chiesa pesa di rimediare alla crisi della fede – ebbene forse in modo analogo, in un’epoca di malessere delle democrazie, gli Stati dovrebbero rispondere alla crisi di fiducia che affligge la società.
ALESSIO ESPOSITO