È tornato a parlare Benedetto XVI, il Papa che, forse non per viltà, ma fece il gran rifiuto. Non era passato molto tempo dall’ultima volta che si era fatto sentire. Nel Gennaio 2020 aveva firmato un volume, insieme al Cardinale Robert Sarah, in cui veniva bocciata l’ipotesi, messa in campo da Papa Francesco, dell’apertura al sacerdozio per le persone sposate.
Certo, visto il polverone generato da due papi che si contraddicevano, l’editore del libro ne aveva modificato gli autori, eliminando il nome di Ratzinger, ma Sarah aveva ribadito che il papa tedesco sapeva quanto era scritto nel volume e concordava.
Le ultime dichiarazioni, pubblicate dal sito americano LifeSiteNews, famoso per gli attacchi a Papa Francesco, sono contenute in un libro scritto dal biografo di Ratzinger, Peter Seewald. Il testo è in uscita in Germania con il titolo “Benedetto XVI-Una vita”.
Il libro si concluderebbe con un’intervista da cui sono tratte le frasi in cui Papa Benedetto XVI compara il matrimonio omosessuale e l’aborto al potere spirituale dell’anticristo. Ratzinger critica il mondo contemporaneo colpevole, secondo la sua visione, di essere mosso da persone intente alla “diffusione di un credo anticristiano”.
Così, mentre il Papa in carica, quello che porta il nome del santo povero, prega durante la messa mattutina a Santa Marta affinché tutti possano avere salari equi, l’altro Papa parla della “dittatura mondiale delle ideologie apparentemente umanistiche”.
Due papi, due chiese.
Entrambi i pontefici parlano dei corpi delle persone. Uno lo fa per invitare i suoi pastori, i vescovi, a tornare a sperimentare la vicinanza al popolo, a tornare ad avere su di sé l’odore degli umili, a tornare a vedere le loro sofferenze, a farle proprie per alleggerire le persone delle loro croci. Consapevole che l’adempimento del vangelo implica il farsi carico dei bisogni non solo spirituali dell’umanità, invita i credenti a prendere atto delle disuguaglianze, a cercare di alleviare le sofferenze degli uomini e delle donne ascoltandoli, accogliendoli.
La preghiera e l’azione fanno il cristiano.
L’altro parla dei corpi usandoli per trovare un motivo per condannare le persone, colpevoli, secondo lui, di farne una gestione che li porta al peccato. La visione non è nuova ed è quella secondo cui i bisogni materiali sono fonte del peccato. E chi sono i peccatori per antonomasia? Le donne e gli omosessuali. Nemmeno a chiederlo.
Papa Benedetto XVI non punta il dito per cattiveria però, lo fa, a suo dire, per difendere la chiesa e i suoi valori, messi in pericolo dalla contemporaneità.
E mentre afferma questo attira su di sé l’approvazione dei vescovi, gli stessi che appena una settimana fa avevano intrapreso una crociata per difendere la libertà di culto impedita dal governo che non aveva ancora aperto alla possibilità di assistere alla messa. Mentre Papa Francesco invitava alla prudenza e all’osservanza delle disposizioni.
La realtà è che Ratzinger ha dalla sua parte anche molti praticanti cattolici. Le signore e i signori, le brave persone, cui basta recarsi a messa la domenica mattina per sentire di meritarsi il paradiso, che dividono il mondo in bene e in male, che pensano che basti una preghiera recitata meccanicamente per far felice il loro Dio.
I fedeli contenti delle proprie convinzioni, a proprio agio con l’ipocrisia di chi dice di credere e non fa niente per tradurre il vangelo in vita vissuta, in gesti.
A queste persone non è mai andato giù un Papa che manda il proprio tesoriere a riattaccare la corrente nelle case occupate, che finanzia i preti accoglienti, come Don Biancalani nel pistoiese. Il Papa comunista, troppo poco attento alla dottrina, troppo scomposto, troppo poco propenso a puntare il dito, a indicare il peccato in qualcuno che non siano loro. Un Papa che invita a considerare la “trave nel proprio occhio” prima di segnalare la “pagliuzza” in quello altrui.
Un Papa troppo vicino al vangelo, forse. Scomodo.
Ma cosa interessa veramente difendere a Ratzinger e a chi sposa la sua visione?
La domanda sorge spontanea perché non può essere che interessi loro la tutela dei valori fondativi cristiani.
Ama il prossimo tuo come te stesso.
Era questo il nuovo comandamento dato da Gesù ai suoi discepoli, questo era l’impegno della nuova alleanza. Su quella pietra si doveva fondare la chiesa. Una chiesa plurale, capace di accogliere le contraddizioni delle miserie umane di tutti i tempi.
E non è credibile che, dopo tutte le occasioni avute, la chiesa dei tanti Ratzinger non si sia resa conto che i deboli di oggi, gli emarginati, sono proprio quelli che continuano ad essere da loro attaccati. Senza pietà, senza motivo, senza diritto. Non si può fare a meno di pensare, quindi, che la ragione per cui questi ferventi fedeli continuano a tradire i propri valori originari, quelli delle scritture, sia la difesa del grande potere secolare della chiesa.
Quindi si, difendono l’istituzione.
Lo fanno senza preoccuparsi di tradire Cristo, chiudendo le porte della sua casa a chi, più di tutti, avrebbe diritto di farvi l’ingresso.
Incapaci di trovare Dio nell’amore, nella pietà, persino negli errori che le persone possono compiere vivendo, lo cercano nelle antiche ritualità e credenze costruite in secoli di potere politico della chiesa.
Parla poco il Papa emerito, ma quando lo fa è capace di dare forza al gran numero di conservatori che popolano il mondo cattolico, quelli che magari si convincono a votare Salvini perché bacia il rosario alla fine di un comizio, invece di indignarsi.
Torna alla mente il verso, ormai celebre, che De André fa recitare al ladrone in croce nella sua “Buona Novella”. Un verso che ancora oggi, purtroppo, risulta calzante. “Lo sanno a memoria il diritto divino, ma scordano sempre il perdono”.
È un peccato che a dimenticare il valore della pietà e dell’accoglienza, oggi, siano coloro che dovrebbero tenere viva la testimonianza di quel nazareno, di quell’uomo, morto in croce per amore.
Silvia Andreozzi