Sono ormai sempre di più gli specialisti della salute mentale che ritengono necessario mettere un freno all’utilizzo esagerato che si fa dei social network. Secondo il Prof. Paolo Crepet, psichiatra, educatore, saggista e opinionista, non si può più attendere: “è ora di mettere un argine”.
Sebbene numerose campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni stiamo cercando di incentivare gli utenti, in particolare quelli più giovani, ad adoperare i social network attraverso modalità più responsabili e a preservare la loro privacy durante le loro quotidiane attività online, e benché sia ormai noto che la condivisione dei propri dati personali sul web esponga a seri pericoli come cyberbullismo, furto d’identità e altri fenomeni che incitano discriminazioni e odio, la maggior parte delle persone, insistono senza prestare la giusta attenzione a esibire online selfie e informazioni che li riguardano senza preoccuparsi troppo di proteggere la sfera privata della propria vita.
L’insieme di questi processi non può che generare situazioni allarmanti come quelli riportati da un rapporto del CDC Usa (Centers for Disease Control and Prevention), per cui circa il 30% delle adolescenti statunitensi ha preso seriamente in considerazione il tentativo di togliersi la vita. Inoltre, nel rapporto l’agenza federale del Dipartimento della salute degli Stati Uniti ha evidenziato che quasi tre ragazze adolescenti statunitensi su cinque (57%) si sono sentite costantemente tristi o senza speranza negli ultimi due anni .
In Italia, invece, sempre a causa dei dati allarmanti sull’uso smodato dei social network da parte dei giovani, e soprattutto dei minori, il Garante per l’infanzia insiste con preoccupazione affinché le istituzioni possano trovare il coraggio di alzare a 16 anni l’età minima per il consenso digitale al trattamento dei dati dei minorenni senza l’intervento dei genitori.
Posizioni e preoccupazioni condivise da sempre più specialisti della salute mentale, come ad esempio lo psichiatra Paolo Crepet, che il prossimo maggio parteciperà al “Privacy Day Forum” di Federprivacy, per il quale “siamo arrivati all’apice degli effetti negativi di un uso smodato e incontrollato dei social. È ora di mettere un argine“.
Commentando queste allarmanti inclinazioni riguardo la possibile connessione con l’uso dei social media, il Prof. Paolo Crepet spiega:
“Se una ragazzina si fa un selfie e lo posta perché il mondo lo veda, a contare è solo la sua rappresentazione visiva, tutto il resto passa in secondo piano. Il punto è che si è perso il senso del limite. Si sta assecondando il cinismo di certe aziende che fatturano trilioni di dollari sfruttando l’immagine dei nostri figli. I social in realtà dovrebbero chiamarsi a-social, visto che predicano assoluta solitudine”.
In questa battaglia impari, basata su potenti mezzi di persuasione che di fatto raggirano gli utenti invogliandoli a fornire con un banale click i loro consensi e a prendere decisioni dettate dall’impulso, risulta fondamentale soffermarsi sulla comune rinuncia alla privacy sui social network da parte della maggior parte degli utenti, ai quali incredibilmente sembra non interessare che si tratta di un diritto fondamentale oltre che una norma di buon senso per chiunque si affacci su internet.