Cari amici italiani,
proprio mentre il popolo cinese si apprestava a dare il benvenuto all’anno del Topo, una catastrofe si è abbattuta sul Paese. La minaccia di un nuovo coronavirus si è scagliata sulla città di Wuhan e sulla Cina intera. È un’epidemia che “infetta” l’anima dei cinesi, impossibilitati a trascorrere una normale Festa di Primavera, a divertirsi, riunirsi ai familiari, a sperare in un nuovo anno pieno di gioia e serenità.
Prima del coronavirus,torniamo indietro. Vivo in Italia ormai da 30 anni. Poiché dovevo partecipare all’inaugurazione dell’Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina e ai preparativi per la celebrazione del Capodanno cinese che si terrà a Roma il prossimo 2 febbraio, sono rientrata dalla Cina proprio prima del Capodanno cinese. Sono stata costretta a lasciare sola mia madre, che ormai ha 89 anni. Non posso tenerle compagnia, non posso trascorrere questi giorni speciali insieme a lei. A volte, mi viene da pensare che forse sto dando troppo peso alla mia missione di favorire lo scambio culturale tra Italia e Cina. Eppure, sono convinta che sia proprio il contributo che diamo alla società a dare un senso alla nostra vita.
Wuhan ha sbarrato le porte. Si tratta di una città che ospita 9 milioni di abitanti, un numero a cui si deve sommare una popolazione transitoria di 5 milioni di persone. Persone che, durante queste feste, non potranno ricongiungersi ai propri cari.
Il virus ha causato un’ondata di panico e preoccupazione anche in Italia. Gli italiani hanno iniziato a evitare i ristoranti cinesi, a evitare persino i cinesi stessi. È ancora vivido il ricordo della feroce discriminazione che subirono i cinesi quando, 17 anni fa, si diffuse la Sars.
Alla cerimonia di apertura del “Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina”, che è stato inaugurato a Roma, hanno partecipato i Ministri del Turismo e della Cultura di entrambi i Paesi. Durante il concerto di chiusura, i Ministri hanno letto le lettere del Presidente Mattarella e del Presidente Xi Jinping. Il popolo italiano e quello cinese credono fermamente che questa sia l’inizio di un nuovo capitolo di amicizia tra i due Paesi.
In questi giorni, in merito alla questione del nuovo coronavirus, sui social-network italiani si sono scatenate aspre critiche contro il popolo e il governo cinese, alcuni media hanno diffuso notizie inesatte che hanno dirottato l’opinione pubblica. Di questo sono sinceramente rammaricata. Temo che questi continui attacchi possano ferire nel profondo i sentimenti dei cinesi e che possano ostacolare in qualche modo l’amicizia tra Italia e Cina.
In una tale crisi, le persone non dovrebbero forse sostenere i cinesi e mostrar loro compassione? Se questo virus è nemico dei cinesi, allora dovrebbe essere nemico di tutti.
I miei compatrioti sono persone di grande spessore: lavoratori instancabili e uomini pacifici. Il fatto che esistano cinesi che mangiano strani animali selvatici o compiono azioni deplorevoli non dà il diritto di insultare l’intera nazione cinese.
Forse non tutti sanno che a Wuhan molti operatori sanitari stanno rischiando la loro vita pur di trovare un modo per debellare il coronavirus. Medici provenienti da tutta la Cina stanno accorrendo nella provincia dello Hubei, così come i soldati che si stanno recando sul luogo per combattere la guerra contro questa epidemia. Smettiamo di sprecare la nostra vita nell’ignoranza.
È vero, il governo cinese e quello italiano usano approcci molto differenti, ma ancora una volta, questo non dà alcun diritto di insultare senza distinzione.
In soli 40 anni, il governo cinese è stato capace di risollevare l’economia di un Paese vastissimo che conta 1.400.000.000 abitanti, ponendosi l’obiettivo di eliminare definitivamente la povertà entro il 2020. Quale altro governo potrebbe auspicare simili successi?
Wuhan ha sbarrato le porte. Il governo locale e quello nazionale stanno combattendo con tutte le loro forze per garantire la sicurezza del popolo cinese e del mondo intero. Riuscite a immaginare l’entità del sacrificio dei cittadini di Wuhan? Riuscite a provare empatia per un popolo che soffre?
Da diversi mesi, la comunità cinese di Roma sta lavorando duramente insieme agli amici italiani per preparare al meglio la grande festa del Capodanno cinese che si terrà il 2 febbraio a Piazza San Giovanni. Ha provveduto ai finanziamenti, all’allestimento, all’organizzazione degli stand; un ristorante cinese fornirà persino ravioli e baozi gratuitamente. Eppure i media non parlano d’altro se non della necessità o meno di indossare le mascherine protettive durante l’evento. Il virus non è arrivato in Italia: credere di poter contrarre la malattia alla sola vista di un cinese non ha davvero alcun senso.
Ogni volta che l’Italia ha subìto danni causati dai terremoti, i cinesi sono sempre accorsi in suo aiuto inviando offerte di denaro e manifestando solidarietà. È questo il tipo di calore con cui si devono confortare le vittime di un disastro. Perciò vi prego, non umiliate la mia patria in questo momento di difficoltà, dimostrate al mio popolo umanità e comprensione. Prego inoltre i media di non alterare la realtà, arrivando persino a fabbricare fake-news solo per attirare l’attenzione dei lettori. Vi prego di svolgere il vostro lavoro secondo criteri etici.
In Italia vivono 300.000 cinesi, così come decine di migliaia di italiani studiano, lavorano e si sono stabiliti in Cina. Gli immigrati cinesi di seconda o terza generazione sono nati qui. Vi prego di non discriminare indistintamente tutti i cinesi, soprattutto se si tratta di bambini. Sono comportamenti molto pericolosi, capaci di procurare alla società danni inestimabili.
Fermiamoci a pensare solo per un momento, come ci sentiremmo se scoppiasse un’epidemia in Italia e i cinesi trasformassero WeChat in un campo di battaglia in cui sferrano insulti e discriminazione?
In un momento come questo, tutto ciò di cui c’è bisogno è umanità e solidarietà. Perciò vi aspetteremo ai festeggiamenti del Capodanno cinese di Piazza San Giovani, il 2 febbraio.
I cinesi non sono soli, se tutto il mondo si unisse in un abbraccio di solidarietà, il nuovo temibile coronavirus non avrebbe scampo.
Mariafrancesca Perna