Palazzeschi e la leggerezza come metafora della libertà

microplastiche nelle nuvole Le nuvole come simbolo della leggerezza di cui parla Palazzeschi

Eraclito ci insegna che il mondo altro non è che il teatro dei contrari i quali, in quanto opposti, sono in lotta fra di loro, ma allo stesso tempo sono anche fortemente connessi e reciprocamente necessari, dal momento che l’uno esiste solo in virtù dell’altro. Non stupisce, quindi, che la nostra vita, in quasi ogni aspetto, sia caratterizzata da una sorta di dualismo, come quello tra pesantezza e leggerezza, tra mente e corpo.

Nel corso dei secoli, si è sempre alimentato il dibattito sulla nostra natura: siamo esseri pesanti, fatti di carne e ossa e strettamente legati alla terra oppure siamo leggeri, legati ad una dimensione aerea e intangibile come quella della nostra anima? Cosa dobbiamo scegliere come atteggiamento nei confronti della vita, la pesantezza o la leggerezza? Aldo Palazzeschi sembra fornirci una risposta.

L’equilibrio del mondo nasce dalla dialettica dei contrari

La visione della vita come un fardello e la conseguente esaltazione del dolore, percepito come qualcosa di serio e profondo, è molto diffusa, soprattutto nell’immaginario giudeo-cristiano. Inoltre, nel linguaggio comune, l’attribuzione ad una persona dell’aggettivo “leggera”, non costituisce normalmente un complimento poiché associato all’idea di superficialità, di mancanza di spessore. Un individuo leggero è un soggetto frivolo, che prende tutto poco sul serio, che non ha autocontrollo e segue le sue attitudini umorali, non ponderando bene le azioni.
La letteratura, tuttavia, ci porta a considerare la leggerezza anche come metafora della distanza e della libertà, dato che ci alleggerisce del peso del vivere, ci porta a reagire alla staticità del mondo. Essa, pertanto, smette di essere un difetto o un pregio, ma diviene un atteggiamento esistenziale, una risposta alla pesantezza della vita. Alleggerirsi vuol dire rendere più tollerabile la nostra permanenza terrena, liberarsi dalla fitta rete di convenzioni sociali che finisce per ingarbugliare l’esistenza di ognuno di noi con nodi sempre più stretti.

“Se credete che sia profondo ciò che comunemente s’intende per serio siete dei superficiali. La superiorità dell’uomo su tutti gli animali è che ad esso solo fu dato il privilegio divino del riso”.

La leggerezza come metafora del rinnovamento culturale e ideologico novecentesco

Il Novecento può essere considerato un secolo rivoluzionario, in cui si sente la necessità di liberarsi dai lacci della tradizione, di rovesciare l’ordine prestabilito, di trasformare e contrapporre il nuovo al vecchio, di ribellarsi agli antichi valori e alla rigidità repressiva della società borghese in cui alcuni intellettuali non si rispecchiano più. In questo contesto si colloca perfettamente lo spirito provocatorio e dissacrante di Aldo Palazzeschi, pseudonimo di Aldo Giurlani, che sfida l’ipocrita convenzionalismo borghese, rifiutando il ruolo poetico tradizionale di poeta-vate simboleggiato da D’Annunzio, per accostare all’immagine del poeta la figura del clown e del saltimbanco.

“Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia”.

Si assiste ad un processo di ridimensionamento, perfettamente consapevole, della figura del poeta: la società è irreversibilmente cambiata, il poeta non è più lo stesso, non sa più a quale pubblico rivolgersi né, tanto meno, se ancora ne esista uno. La poesia viene distrutta, ridotta a meri suoni privi di significato e di qualsiasi scopo, se non il divertimento. Si ritorna al grado zero della parola, il significante incombe sul significato fino a schiacciarlo e si interrompe il rapporto comunicativo tra autore e lettore: non c’è niente da capire, nessun messaggio da comunicare, la poesia ormai non è più portatrice di valori o verità. L’atteggiamento assunto da Palazzeschi è di protesta, di esaltazione del principio di piacere su quello della realtà.

“Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire!”

“Il Codice di Perelà” di Palazzeschi: l’uomo di fumo come simbolo di rinascita

Quando si sente il nome di Aldo Palazzeschi, generalmente lo si accosta al Futurismo, anche se l’autore se ne distacca completamente nel 1914. Del suo periodo futurista, si ricordano prevalentemente alcune liriche contenute ne “L’Incendiario”, ma appartiene a questa fase anche “Il codice di Perelà”, una favola allegorica, il cui protagonista è per antonomasia l’icona della leggerezza.

Perelà, simbolo della crisi dell’uomo contemporaneo, è un omino fatto di fumo, che ha vissuto per trentatré anni in un camino alimentato da tre vecchie, Pena, Rete e Lama (da cui prende il nome). Queste tre signore anziane, che possono essere viste come una sorta di riproposizione delle Parche, nel corso degli anni hanno contribuito a formare ed educare Perelà con i loro discorsi. Passati tre giorni in cui quest’ultimo non ode più il chiacchiericcio delle sue tre “madri”, decide di scendere dalla cappa del camino, ai piedi del quale trova un paio di stivali rossi, unico elemento solido del suo corpo etereo.

“Pena! Rete! Lama! Pena! Rete! Lama! Pe… Re… La…
– Voi siete un uomo forse?
– No, signore, io sono una povera vecchia.
– È vero sì, avete ragione, voi siete una povera vecchia, un uomo sono io.
– Voi che cosa siete signore?
– Io sono… Io sono… molto leggero, io sono un uomo molto leggero”.

Perelà si ritrova nella città di Re Torlindao, dove viene notato da tutti per la sua eccezionale natura. Giunto nel palazzo del re, viene accolto con grande gioia e incaricato di scrivere un nuovo Codice di leggi, in virtù del suo essere fatto di solo pensiero e spirito, non soggiogato dalle necessità materiali.

“Da lui non possiamo attenderci che opera di purezza ed equilibrio, opera di assoluta giustizia sociale, materiale e spirituale.”

In realtà questo tentativo è destinato a fallire ancora prima di essere portato a termine: Perelà è un ignorante, non conosce il mondo in cui è stato gettato, non è il prodotto di oggettivazioni mondane e di situazioni sociali storicamente determinate.

Per Palazzeschi la leggerezza è quindi una trappola? Siamo incapaci di cambiare l’ordine delle cose?

Gli abitanti della città riconoscono a Perelà un ruolo che supera le qualità che possiede, le quali possono essere riassunte alla sua leggerezza. Egli non è un profeta, non sa nulla, pertanto non può dare risposte a nessuno, né trasmettere al mondo nuovi valori più giusti. La diversità di Perelà, che prima si era dimostrata la sua più grande fortuna, finirà così con l’essere la sua disgrazia: quando il servo Alloro, nel tentativo disperato di assomigliargli ed incarnare l’ideale di leggerezza, si darà fuoco e morirà, la folla si rivolterà contro di lui, che verrà processato e condannato sul monte Calleio. Si salverà solamente fuggendo attraverso un camino, lasciando a terra gli stivali e ascendendo al cielo.

Il critico Luciano De Maria, oltre a farci notare le somiglianze tra la vicenda di Perelà e quella di Cristo, pone l’accento sulla doppia allegoria che sorregge l’intera favola: quella della società e dell’impossibile salvezza universale tentata dal protagonista.

Nascere da una sostanza leggera e impalpabile come il fumo, non è sufficiente a cambiare il mondo. Per mutare il nostro sistema di valori occorre ricercare altrove. Nella consapevolezza che non sempre la realtà è come ci appare e per trovare una soluzione, a volte, occorre semplicemente cambiare punto di vista. Nel saper ridere di tutto, nel non prendersi troppo sul serio, nell’ironia.
Ma, soprattutto, Palazzeschi vuole farci capire che ognuno di noi ha il dovere di trovare da solo e in tutta libertà la propria strada, senza demandare il compito ad altri. È vero che bisogna liberarsi dai lacci del passato e dei vecchi valori che non rispecchiano più la nostra epoca e che ci impediscono di progredire, ma bisogna anche smettere di dare retta a quelli che pretendono di essere guide per gli altri, imponendo i loro valori e pretendendo di soddisfare le necessità di tutti gli individui.

 

Alessia Piane

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