Nuovo capitolo nei rapporti Pakistan-Afghanistan: secondo quanto dichiarato da Asif Durrani, funzionario pakistano, durante un seminario internazionale, Islamabad sarebbe pronta a riconoscere il governo talebano di Kabul se anche gli altri paesi dell’area faranno lo stesso. Il riconoscimento sarà effettuato solo se avverrà simultaneamente e non in maniera unilaterale e soprattutto se verranno rispettati determinate condizioni. Inoltre è continua tensione tra i due paesi per via delle deportazioni forzate dei rifugiati afghani ordinate dal governo pakistano.
Pakistan-Afghanistan. Il governo talebano verrà riconosciuto, ma a delle condizioni.
Kabul e Islamabad, due mondi islamici apparentemente simili ma che in realtà sono molto diversi e soprattutto in contrasto tra loro. In questi mesi i motivi di tensione tra i due stati sono due in particolare: la situazione dei rifugiati afghani sul territorio pakistano e la questione del riconoscimento del governo afghano, in mano ai talebani dal 2021. Su quest’ultimo punto una conferma di svolta è arrivato pochi giorni fa grazie ad un funzionario pakistano, durante un seminario internazionale.
Durante il Margalla Dialogue, riunione annuale organizzata dall’Islamabad Policy Research Institute e gestito dallo stato, il rappresentante speciale del Pakistan per l’Afghanistan Asif Durrani ha dichiarato che il riconoscimento del governo talebano è molto vicino, ma questo avverrà solo se verranno rispettate alcune condizioni; inoltre il riconoscimento sarà dato solo se anche gli altri paesi vicini faranno altrettanto. “C’è un accordo tra i vicini immediati dell’Afghanistan e della Russia secondo cui riconosceremo il regime dei talebani simultaneamente e non unilateralmente”, queste le parole di Durrani. La decisione congiunta dei paesi limitrofi è dovuta senz’altro agli scambi commerciali intrapresi con il governo afghano che hanno permesso a tutta la regione di non risentire della crisi dello stato di Kabul; Durrani ha infatti affermato che se non si fossero allacciati rapporti economici “ci sarebbero 10 milioni di persone in fuga dall’Afghanistan”. Il rappresentante speciale del Pakistan ha poi evidenziato come il governo dei talebani abbia ottenuto alcuni risultati degni di nota, come anche evidenziato da alcuni studi dell’ONU (meno corruzione, più sicurezza, coltivazione di oppio ai minimi storici) e che il riconoscimento ai golpisti andrebbe dato in quanto il tutto andrebbe a beneficio dell’intera regione.
Non è diventato tutto rose e fiori però. Il Pakistan, ma anche altri paesi come la Russia e la Cina, hanno sottolineato come si aspettino che Kabul rispetti gli accordi stabiliti, tra i quali la revoca del divieto di istruzione e di lavoro alle donne; secondo Islamabad questa politica sessista non sarebbe conforme ai principi dell’Islam. Si chiede ai talebani inoltre una maggiore apertura nel governo, coinvolgendo altri gruppi politici. In sostanza si vuole riconoscere un governo golpista che viola i diritti umani cercando di “umanizzarlo” almeno in minima parte per vantaggi economici. Tra Islamabad e Kabul c’è però un altro grande problema che potrebbe complicare le cose, quello dei rifugiati.
La crisi umanitaria dei profughi afghani in Pakistan
Il tutto avviene sul confine Pakistan-Afghanistan. Milioni di persone scappano dal regime talebano ed entrano in territorio pakistano per avere vita migliore, o almeno più libera, ma le autorità di Islamabad deportano o espellono chi è senza documenti. Ai rifugiati non resta altro da fare che tornare indietro per evitare la deportazione forzata. L’Afghanistan però, oltre ad essere governato dai talebani, non è in grado di sostenere una tale emergenza umanitaria; la situazione alla frontiera tra i paesi è quindi drammatica e peggiora continuamente. Ad oggi sono oltre 300mila le persone che stanno tornando in Afghanistan, ma i rifugiati senza documenti sarebbero circa tra 1.7 e 2 milioni (su un totale di 4 milioni di afghani presenti in Pakistan).
La comunità internazionale e Amnesty International hanno subito contestato la decisione delle autorità pakistane e soprattutto i metodi (spesso violenti) con cui avvengono la deportazione e lo spostamento dei rifugiati nei centri d’accoglienza. Le condizioni nei centri poi sono, come si può immaginare, molto difficili e precarie, ma sicuramente sono migliori di quelle di chi è costretto a ritornare in Afghanistan, dove per ora i talebani non hanno diminuito il loro stretto controllo sulla popolazione. Se tutti i rifugiati che si sono mossi dovessero tornare in patria, si stima che il tasso di disoccupazione in Afghanistan crescerebbe in modo importante, andando a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita della popolazione.
Una situazione economica e umanitaria estremamente difficile che viene monitorato costantemente dalla comunità internazionale. Si spera che la svolta nelle relazioni tra Islamabad e Kabul possano quantomeno dare pace alle migliaia di persone innocenti che sono costrette a vagare da uno stato all’altro.
Marco Andreoli