Pakistan, Imran Khan “terrorista”: in tribunale per delle pubbliche denunce

Imran Khan

Continua a lottare Imran Khan, ex Primo ministro del Pakistan, per tentare di ottenere l’anticipo delle elezioni. Estromesso dal potere con il voto di sfiducia (un unicum nella storia pakistana), ambisce a un ritorno sovversivo. Con lui a dar battaglia, una grande fetta del Paese, sua acclamatrice e pratica sostenitrice.

Le attuali alte cariche lo sanno, ogni condanna del governo contro di lui vale una condanna della massa contro il governo. Ogni avversione, un contraccolpo, potente e deciso, dannato a loro avversari. Khan ne è ugualmente consapevole, lui (il suo popolo) è  potentissimo. E lo ha dimostrato quando, disceso dall’incarico,  ha boato “presente”; protestando di faccia all’opposizione.

Così, ora, considerato il contesto di pregressi, si teme una replica rincrudita. Una “denuncia per denuncia” ai riferimenti di Imran, rende tutto criticamente instabile, tumultuando chi la trova ingiusta.



Imran Khan, una “denuncia per denuncia”

Khan, il 20 agosto, a Islamabad, ha tenuto un discorso innanzi ai suoi parteggiatori usando esplicite parole di denuncia. L’uomo ha dichiarato all’uditorio la presunzione che il capo della polizia, assieme a una magistrata, abbiamo torturato un suo ex stretto collaboratore, Shahbaz Gill, in detenzione dal 10 agosto.

Poi, Khan, il 21 agosto, a Rawalpindiha ribadito l’assunto vociandolo a una folla di ascoltatori. “Il 25 maggio, quando la polizia ha perpetrato le violenze contro di noi, le autorità hanno dichiarato di aver agito secondo gli ordini dei loro superiori, il che significa che erano sotto pressione (da parte del governo n.d.r.) per picchiare esponenti del nostro partito” ha detto nell’occasione, siglando l’esposto.

Immediata e vigorosa è arrivata la risposta dei contrari. La polizia ha arrestato lo statista, indirizzata  dalla denuncia del leader del partito centrista Pakistan Tehreek-e-Insaf. Nel verbale della presa viene condannato il “tentativo deliberato e illegale di intimidire la magistratura e le forze di polizia del Paese”.  

Ha fatto seguito alla cattura una grande mossa di censura. L’Organismo di regolamentazione dei media del Pakistan (Pemra) ha imposto il divieto di trasmissione televisiva in diretta dei discorsi di Imran Khan, adducendo alla “violazione dell’articolo 19 della Costituzione”.

Ribellione, la scossa del proibizionismo

Asad Umar, esponente del partito offeso, ha detto sulla vicenda: “bandire la trasmissione televisiva dei discorsi di Imran Khan è un altro tentativo di trovare una soluzione amministrativa a un problema politico“, giurando, poi, l’impegno di una contropartita in tribunale.

Mentre il capo è in processo, si sta agitando, come pronosticato, la sua lauta fazione. Giovani e meno giovani hanno dato il via a minacce d’insurrezioni e  mobilitazioni minatorie. La scarcerazione, oltre alla destituzione, è il nuovo obbiettivo rubricato dai “paladini di Imran Khan”.

Gabriele Nostro

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