Pablo González: Il mistero dell’arresto in Polonia

Pablo González

Pablo González, un giornalista spagnolo, è stato arrestato in Polonia il 28 febbraio 2022. Dopo un anno di carcere duro, le autorità polacche non hanno ancora fornito prove concrete che giustifichino l’accusa di spionaggio che gli è stata mossa. Le risposte del governo spagnolo e dell’Unione Europea risultano del tutto insufficienti.

I fatti precedenti all’arresto di Pablo González

Pablo González è finito nel mirino dei servizi segreti ucraini (SBU) già a partire dal 2014, quando cominciano i suoi viaggi in Ucraina per studiare il conflitto scoppiato nella regione del Donbass tra i separatisti di questa zona dell’Ucraina, spalleggiati dalla Russia, e le forze governative.

Nel 2022 González e un suo collega del giornale “Público”, quotidiano basco di cui era collaboratore fisso, si recano in Ucraina circa una settimana prima dello scoppio della guerra. Nessuno dei due immagina che di lì a poco la Russia invaderà l’Ucraina. Tuttavia, seguendo le vicende del Donbass ormai da otto anni,  decidono di recarsi sul posto, perché percepiscono che la tensione si è alzata e che qualcosa sta per succedere.

Le intimidazioni dei servizi segreti ucraini e le visite dei servizi segreti del Regno di Spagna

Il 6 febbraio 2022 Pablo González viene interrogato dai servizi segreti Ucraini (SBU) che gli intimano di lasciare il paese.  Gli agenti accusano il giornalista di essere filorusso. Questa accusa deriva semplicemente dal fatto che Pablo è fluente in russo e conosce perfettamente la regione; oltre ad aver collaborato con il quotidiano basco “Gara” ed essere in possesso di una carta di credito di “Caja Laboral Kutxa” (un’entità finanziaria basca). Infatti, i servizi segreti ucraini ritengono che tanto il giornale quanto la banca sarebbero finanziati dalla Russia.

Durante quei giorni, Pablo scopre che i servizi segreti del Regno di Spagna (C.N.I.)  hanno interrogato sua moglie e i suoi amici per conoscere più affondo il suo passato, in particolare il suo collegamento con la Russia.

Il giornalista è infatti in possesso della doppia cittadinanza, spagnola e russa, perché è nato a Mosca ed è un discendente dei cosiddetti “figli della guerra”, ovvero i  figli dei repubblicani spagnoli deportati in Unione Sovietica durante la guerra civile spagnola . All’età di nove anni Pablo era ritornato in Spagna con la madre in seguito al divorzio dei suoi genitori. Da quel momento in poi aveva comunque regolarmente frequentato il padre in Russia.

Le intimidazioni dei servizi segreti ucraini e la visita fatta dai servizi segreti del Regno di Spagna alla sua famiglia spingono il giornalista a lasciare l’Ucraina. Tuttavia, prima di lasciare il paese, Pablo González decide di parlare del proprio caso con il console dell’ambasciata spagnola di Kiev.

Quando il 24 febbraio 2022 scoppia la guerra, Pablo González non si reca in Ucraina, ma sul confine tra questa e la Polonia. Lo scopo è quello di documentare la crisi umanitaria legata all’arrivo di migliaia di rifugiati ucraini in Polonia.

L’arresto

Il 28 febbraio 2022, nelle prime ore del giorno, la polizia polacca arresta Pablo González che si trova nel proprio albergo di Rzeszow. Alcune ore dopo, l’avvocato del giornalista, Gonzalo Boye, denuncia su Twitter l’ingiusta detenzione di Pablo.

Il 2 marzo, il presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez annuncia che Pablo González riceverà assistenza consolare. Il giorno seguente, il Tribunale Regionale di Rzeszów emette un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Pablo González.

Il 4 marzo, José Manuel Albares, il Ministro degli Affari Esteri spagnolo, conferma l’arresto di Pablo González. Inoltre, il portavoce del Ministro polacco annuncia che il giornalista è accusato di spionaggio (reato punibile in Polonia con una reclusione fino a dieci anni).

Il 7 marzo Pablo riceve la prima visita del console spagnolo. Una settimana dopo gli viene assegnata un avvocato d’ufficio polacco. Il 21 marzo il giornalista riceve la visita del segretario di stato dell’Unione Europea, Pascual Ignacio Navarro Ríos. Due giorni dopo, arriva la notizia che l’imprigionamento provvisorio del giornalista è prolungato fino al 29 maggio.

Da quel momento ci sono stati altri due prolungamenti, tanto che ad un anno di distanza il giornalista si trova ancora in carcere.

Il regime carcerario e la violazione dei diritti umani

Durante quest’ anno di carcerazione preventiva il giornalista è sottoposto a regime di carcere duro. Ciò significa che si trova in una cella senza finestre e gli è concessa una sola ora d’aria al giorno, durante la quale rimane comunque ammanettato. Inoltre, gli è precluso ogni contatto con i propri tre figli. La moglie Oihana Goiriena ha potuto incontrarlo per la prima e unica volta soltanto in novembre.

A settembre il giornalista ha denunciato la violazione dei diritti umani  della CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) da parte della Polonia presso il tribunale europeo dei diritti dell’uomo di Strasburgo. A fine gennaio ha presentato una  denuncia presso l’Ombudusman polacco per le condizioni di prigionia umilianti in cui si trova.

Sono stati numerosi gli appelli lanciati dalla moglie Oihana Goiriena, così come quelli di organizzazioni come Amnesty International o Reporter senza Frontiere che denunciano l’opacità di tutta la  questione, chiedendo un giudizio giusto per il giornalista. In particolare, Reporter senza Frontiere ha rimarcato che si tratta del primo caso di un giornalista di un paese comunitario detenuto, in assenza di prove concrete, in un altro paese comunitario.

Le prove

IL 28 febbraio sarà trascorso esattamente un anno dall’incarcerazione di Pablo González e le presunte prove della sua colpevolezza fornite dalla Polonia continuano ad essere insufficienti e contraddittorie. La principale argomentazione addotta dalle autorità polacche riguarderebbe l’attività di Pablo González in un’area in cui era in vigore il livello di allerta BRAVO ed era quindi proibito l’accesso ai giornalisti.

Tuttavia, si è accertato, anche controllando i tweet del Centro di sicurezza nazionale polacco, che lo stato d’allerta non sarebbe scattato fino alle 23:59 del 28 febbraio. Visto che l’arresto di Pablo è avvenuto durante le prime ore del giorno l’accusa risulta quindi infondata. Senza contare che non sarebbe comunque stata sufficiente a giustificare la violazione dei diritti umani a cui è sottoposto il giornalista.

Risposte insufficienti delle istituzioni

Non si può fare a meno di notare che in tutta la faccenda la risposta delle Istituzioni europee risulta a dir poco insufficiente.

L’Unione infatti non ha fatto abbastanza pressione sul governo polacco affinché rispettasse i diritti umani di Pablo González. Questo nonostante si sia calcolato che la detenzione senza prove e in regime di carcere duro del giornalista violi ben 18 articoli della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Per quanto riguarda le istituzioni spagnole poi, le dichiarazioni rilasciate recentemente dal ministro degli esteri Albares risultano addirittura inquietanti. Questi ha infatti dichiarato che l’incarcerazione di González rientrerebbe nei tempi e nei limiti stabiliti dalla legge, nonostante non sia affatto così secondo il codice europeo.

Il contesto polacco

Ritengo che per vederci chiaro in una faccenda complessa e circondata da generale opacità sia necessario osservare più da vicino il contesto polacco.

La Polonia è un paese governato da un partito di estrema destra, il partito “Diritto e Giustizia”, guidato dal primo ministro Mateusz Morawiecki.  Si tratta di un partito ultranazionalista che ha  promosso leggi contro i diritti della comunità LGBTQ+ e vietato l’aborto, oltre ad aver condotto una guerra spietata alle associazioni non governative. Insomma, non stiamo proprio parlando di un campione di democrazia.

Inoltre, dal punto di vista giudiziario, la Polonia è una realtà estremamente controversa. Infatti, già nel 2021, il Tribunale costituzionale polacco ha rinnegato l’autorità della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Da allora si assistite in Polonia ad una progressiva eliminazione della separazione dei poteri. Ad oggi l’esecutivo interviene massicciamente in ambito giudiziario e dunque non è garantita in alcun modo l’indipendenza di quest’organo.

Nel febbraio 2022, poco tempo prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, il tribunale di giustizia di Lussemburgo aveva condannato la Polonia per la violazione del diritto europeo. Tuttavia, lo scoppio della guerra ha bloccato il processo, anche per l’importante posizione geopolitica della Polonia. Infatti, questo paese ha fin dall’inizio rappresentato un approdo imprescindibile per i rifugiati ucraini.

Dal punto di vista mediatico, infine, il paese non brilla certo per il rispetto della libertà d’espressione, collocandosi sempre in posizioni molto basse nella classifica mondiale di Reporter senza Frontiere.  In Polonia vige una grande repressione della stampa indipendente e tutti i media pubblici sono sommersi dalla propaganda.

I servizi di Pablo González in Polonia

Negli anni il giornalista Pablo González, che ha sempre scritto per quotidiani di sinistra, si era scagliato più volte contro il governo di estrema destra di Mateusz Morawiecki. In particolare, aveva svolto dei servizi sul divieto all’aborto e sulla violazione dei diritti della comunità LGBTQI+.

Non sembra dunque del tutto irragionevole ipotizzare che la Polonia stia cercando di creare un caso per liberarsi di una figura scomoda agli occhi del governo.

Problemi complessi richiedono soluzioni complesse

In conclusione, ritengo sia doveroso non cadere in interpretazioni semplicistiche di questo caso. Da un lato, infatti, c’è  chi muove l’obiezione che, nonostante le apparenze, non si possa effettivamente sapere se le accuse nei confronti di Pablo González siano fondate o meno.

Tuttavia, la scarsita’ di prove soddisfacenti, il clima semi-autoritario e la mancanza di un sistema giudiziario indipendente non giocano certo a favore delle autorità polacche, e non è in alcun modo ammissibile la violazione del diritto ad un processo giusto in un paese membro dell’Unione.

Infine, non è da escludere che le risposte parziali e insoddisfacenti delle istituzioni tanto spagnole che europee siano frutto di una strategia geopolitica. Infatti,  in questo periodo, potrebbe non essere conveniente indispettire la Polonia, vista la posizione centrale  che gioca nel conflitto in Ucraina. Un comportamento del genere da parte delle istituzioni sarebbe inaccettabile in ogni democrazia degna di questo nome, anche in stato di guerra.

Virginia Miranda

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