Osceola Fletcher, un veterano afroamericano della seconda guerra mondiale, ha ricevuto finalmente un Purple Heart, riconoscenza a lunga negatagli a causa del razzismo del sistema americano.
Fletcher ha ricevuto l’onorificenza soltanto nelle ultime settimane, all’età di 99 anni, 77 anni dopo esser rimasto ferito nel 1944 in Normandia. Il Purple Heart spetta tutti quei veterani feriti o morti mentre servivano il loro paese.
La storia di Ozzie Fletcher
Fletcher è uno dei tanti soldati afroamericani dimenticati dalla propria patria. Per loro è sempre andata così, dopo aver servito con onore gli Stati Uniti, difendendo la stessa bandiera a stelle e strisce che viene appoggiata sulle barre dei soldati bianchi, vengono semplicemente scaricati. La storia si dimenticherà di loro, anche se insieme alle loro gesta non possono sparire le ferite.
Ozzie nello specifico si rimedia delle brutte ferite in Francia, nel 1944, pochi giorni dopo il D-day. E’ anche lui quindi, anche se per molti risulterà strano crederlo, uno dei tanto decantati eroi sbarcati in Normandia il 6 giugno di quell’infausto anno. Uno di quelli venuti a liberarci dalla piaga del nazismo.
Alcuni giorni dopo lo sbarco Fletcher è a bordo di un mezzo, e sta consegnando provviste alle truppe alleate sulle coste francesi. Improvvisamente una luce illumina i suoi occhi, e il rombo dell’esplosione gli fa esplodere i timpani. Un missile tedesco colpisce in pieno il veicolo. Il conducente muore, mentre Fletcher riporterà un enorme squarcio in testa. Fortunatamente quel nobile soldato di colore scampato ad un’esplosione tanto violenta riesce a sopravvivere, ed è ancora tra noi, alla veneranda età di 99 anni.
La motivazione della mancata onorificenza, come ci spiega la figlia di Ozzie, si trova in un cavillo grammaticale. i soldati bianchi colpiti durante la guerra venivano infatti considerati wounded, feriti. I soldati di colore erano invece sotto la voce injured, che potrebbe essere tradotto con infortunati. Il Purple Heart non spettava quindi a quest’ultimi, poiché, ufficialmente, non feriti.
Esistono differenze nella morte?
Come é facilmente intuibile le riserve sull’assegnazione della medaglia a Fletcher non sono episodiche, e non riguardano soltanto il 99enne. Il razzismo è un fenomeno radicato nell’esercito americano, come d’altronde in qualsiasi contesto negli Stati Uniti. Al tempo della seconda guerra mondiale si rifletté molto prima di approvare gli afroamericani tra le fila dell’esercito.
Si pensava infatti che le persone di colore non potessero assicurare prestazioni pari a quelle di soldati bianchi. Inoltre, dalle parole di un maggiore generale, gli afroamericani non erano considerati muniti di capacità organizzative, e gli era impossibile ogni possibilità di gestione di plotoni o altro. In ogni caso comunque più di 1,2 milioni di afroamericani vestirono l’uniforme statunitense, anche se nella maggior parte dei casi svolgevano ruoli di supporto.
Un grosso apporto alla liberazione i soldati americani lo diedero in Olanda. Tale regione conobbero la libertà quasi esclusivamente grazie a plotoni completamente formati da afroamericani, eccezion fatta per il comandante. I soldati di colore costruirono addirittura un aeroporto ancora in funzione, quello di Maastricht Aachen.
La presenza di truppe di colore nelle fila dell’esercito americano andrebbe considerata anche nell’ottica degli strascichi che ha lasciato in tutta Europa, soprattutto a tema razziale. In una continente straziato dalla guerra, e ancora vittima dei pregiudizi razzisti, la nascita di migliaia di bambini di colore, dal ventre di madri bianche autoctone, creò scompiglio, e non assicuro di certo una buona infanzia ai piccoli.
Spesso e volentieri infatti i bambini crescevano negli orfanotrofi, o nei conventi, a causa degli attacchi razzisti che ogni giorno dovevano subire. C’é da dire che tale pregiudizio, oltre che dal colore della pelle, era radicato anche per il fatto che quei bambini erano “figli del nemico”, quindi nemici a loro volta.
Marzioni Thomas