Quando si scrive un articolo, oltre ad incontrare tutte le turbolenze tipiche dello scrivere (ché se non ci fossero, scrivere sarebbe meno intrigante), si deve far conto anche con la difficoltà, o con il riflettuto gesto della categorizzazione del pezzo: Cultura, Attualità, Ricerca e Sviluppo, o altro. Ed è proprio la difficoltà che questo pezzo mi ha posto dinanzi. Meglio, a farlo è stato il gene OXT: il gene della parlantina!
Esiste! E a confermarlo è stata l’equipe guidata dal Brian Haas, psicologo dell’Università della Georgia. Ed è Attualità che sorprende, è Cultura che coinvolge ed è Ricerca che offre spiegazioni… perché, personalmente, l’ho sempre saputo, l’ho sempre detto di averlo nel sangue!
Lo studio è stato costituito da una serie di test a cui sono state sottoposte 129 persone: in un primo momento, è stato loro prelevato un campione di saliva, da cui è stato rilevato il livello di presenza della ossitocina, conosciuta anche come l’ormone dell’amore, prodotta dall’OXT e successivamente, a queste persone è stata proposta la visione di una successione di volti che cambiavano espressione: ne hanno riconosciuto il sentimento e l’intensità proprio coloro a cui è risultata appartenere una importante dose di ossitocina, alla cui produzione pensa l’OXT. Questo gene, che ironicamente è stato definito “della parlantina”, definisce la capacità delle persone di instaurare relazioni, rapportarsi, creare legami, comunicare emozioni e comprendere quelle altrui: insomma, tutto quello che risiede nelle sfera affettiva, emotiva e della socialità, è orchestrato dall’OXT.
Ed è vero che ce l’abbiamo nel sangue, è vero che siamo al mondo per fare del mondo un posto in cui vivere serenamente, e la serenità nasce dall’equilibrio. E l’equilibrio proviene dall’essere uno di fronte all’altra o una accanto all’altro ma comunque, in una condizione che permetta l’incontro e la parola. E benedetta sia la parola! Benedetta sia quando è vera, pulita, forte; quando è concetto, significato, realtà. Perché tutto, e sempre, è parola. Anche il silenzio. Ed è bello pensare che, pur esercitando sforzo su noi stessi, su noi stesse, non riusciremo mai a privarcene né a negarla ad altri, ad altre: perché è nel sangue. Perché è nella nostra natura, nel nostro essere che, rivelandosi con un Nome, non è che parola.
Parlate, quindi! Con senso e con rispetto, ovvio, parlate! Ci è sempre stato detto che tutto quello di cui siamo costituiti e costituite, corrisponde ad un dono e che sarebbe un oltraggio non farne buon uso: fate lo stesso con il loquace OXT! Non permettete che si annoi o che si atrofizzi: fatelo circolare, correre, saltare, osare! Fate in modo che crei allegria, che crei fantasia, che crei il giusto caos all’interno del meccanismo di cui è parte! Richiamatene la spigliatezza, la stravaganza e la saggezza: parlare, nel senso di dire, non è sempre il giusto modo per celebrare la parola, non è l’unico modo per farlo.
Credo che l’OXT, sia in funzione anche quando è scelto il silenzio come forma di presenza, di vicinanza, di comunicazione. Credo che l’OXT non lavori tanto sulla quantità ma sul valore. E credo che l’esperimento della vista delle espressioni (con successiva attribuzione all’emozione che le ha procurate) attraverso il quale i ricercatori hanno confermato l’esistenza e l’azione di questo gene, sveli il reale e profondo significato della sua presenza: la capacità di capire ciò che l’altro, l’altra, sta comunicando anche senza parlare, e la capacità di condividere ed alleviare il non detto.
Un’ultima parola va concessa alla Natura: che dirti? Grazie, per aver pensato proprio a tutto.
Deborah Biasco