Il nuovo rapporto Oxfam “Non rubateci il futuro” denuncia e certifica il blocco dell’ascensore sociale in Italia, offrendo la fotografia di un Paese immobile “in cui le disuguaglianze stanno bruciando il futuro di intere generazioni”. In base ai dati diffusi dall’associazione, “i figli delle persone collocate nel 10% più povero della popolazione italiana, sotto il profilo retributivo, ad oggi avrebbero bisogno di 5 generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale”.
Non solo: “1/3 dei figli di genitori più poveri è destinato a rimanere fermo al piano più basso dell’edificio sociale, mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco manterrebbe una posizione apicale”. “Viviamo in un’epoca e in un paese in cui ricchi sono soprattutto i figli dei ricchi e poveri i figli dei poveri”, ha sintetizzato Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. “Ragazzi e ragazze che in molti casi hanno pochissime, se non nessuna possibilità di migliorare la propria condizione rispetto alla generazione precedente”.
La campagna “People Have the Power”
Oxfam, che ha lanciato la campagna “People Have the Power”, sottolinea come la disuguaglianza colpisca le nuove generazioni, dall’istruzione, “sotto-finanziata anche nel 2020”, al lavoro, in cui l’aumento della precarietà colloca nella fascia dei “working poor” il 13% dei ragazzi sotto i 29 anni. Le speranze di uscire dalla povertà sono quindi sempre più frustrate soprattutto per i più giovani che vedono compromesse le proprie ambizioni sia nel mondo scolastico che in quello occupazionale, dove gli sforzi e il talento non sono fattori decisivi nel miglioramento delle proprie condizioni di vita.
I dati evidenziano il peso delle origini familiari sulle retribuzioni lorde dei figli a parità d’istruzione: “Il figlio di un dirigente”, scrive Oxfam, “ha oggi un reddito netto annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato che abbia concluso un ciclo di studi di uguale durata”. I recenti dati sulla povertà educativa mostrano l’inadeguatezza del sistema dell’istruzione a garantire un processo di emancipazione sociale.
L’aumento dell’abbandono precoce, che colpisce soprattutto il Sud ed è salito al 14,5% nel 2018, difficilmente potrà essere contrastato da un investimento nell’istruzione del 3,5% del PIL, circa un punto al di sotto della media europea. “L’azione di contrasto al fallimento e alla povertà educativa”, ha spiegato Elisa Bacciotti, “deve essere potenziata in via prioritaria. Solo in questo modo si riuscirà a garantire ai giovani che ne sono oggi privati la possibilità di costruire in modo consapevole e responsabile il proprio progetto di vita”.
I più giovani penalizzati anche nel mondo del lavoro
Nel mercato del lavoro, la penalizzazione dei più giovani nei livelli delle retribuzioni annue “va di pari passo con la proliferazione di contratti di breve durata e il boom degli occupati in part-time involontario, che ha visto un incremento di 1.500.000 unità nel decennio 2008-2018. Permane inoltre lo scollamento tra la domanda e l’offerta di lavoro qualificato.
Fra i Paesi del G7 l’Italia ha il primato del maggior numero di laureati occupati in mansioni di routine: lo scorso anno 1,8 milioni di laureati erano impiegati in professioni che richiedono un titolo di studio inferiore.
Una carenza di prospettive professionali che spinge soprattutto i giovani a trasferirsi all’estero, andando a ingrossare le file del mezzo milione di italiani che hanno operato questa scelta negli ultimi quattro anni. Altrettanto allarmante, secondo Oxfam, il numero dei NEET (Not in Education, Employment or Training), i giovani che non lavorano né studiano, né sono impegnati in corsi di formazione: 1 giovane su 4 nella fascia tra i 15 e i 34 anni.
“Dai un taglio alle disuguaglianze”
La campagna “People Have the Power”, sostenuta anche da AIM, Felcos, Oikos, Re.Te. e WeWorld, vuole richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e sollecitare la classe politica ad elaborare e implementare misure di contrasto alle disuguaglianze, da cui lo slogan: “Dai un taglio alle disugaglianze”. Nata all’interno di un progetto finanziato dall’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), è sfociata in un Manifesto che ha già stimolato giovani provenienti da 12 città italiane: Aosta, Torino, Genova, Milano, Varese, Cagliari, Firenze, Arezzo, Roma, Terni.
Ragazzi che si rivolgono al governo e al presidente della Repubblica facendo propria una domanda di cambiamento che guarda anzitutto all’istruzione, all’accesso alla cultura e all’occupazione: “Viviamo in un’epoca di grandi disuguaglianze”, scrivono. “Ampi divari economici creano barriere sociali tra di noi, alimentano un profondo senso d’ingiustizia e indeboliscono il nostro senso di comunità. Con questa campagna, noi giovani ci mobilitiamo per denunciare il profondo disagio in cui vivono le nostre generazioni e chiedere a chi ci governa azioni concrete per un futuro più equo per tutti”.
Camillo Maffia