Ogni anno ha il suo otto marzo; ogni periodo storico ha il suo otto marzo; ogni donna ha il suo otto marzo.
L’otto marzo è voce, è forza, è sorellanza; l’otto marzo è storia, è rabbia, è promessa. L’otto marzo dovrebbe essere insegnato nelle scuole, difeso dalle istituzioni e celebrato da donne e da uomini.
Al di là dei riferimenti storici passibili di smentita, l’otto marzo è giorno simbolo delle rivendicazioni femminili in ogni ambito: formativo, professionale, politico, economico, sociale, familiare. Oltre a ciò che è stato, l’otto marzo guarda al domani e lo fa con quell’energia di cui le donne sono capaci: e che soltanto si provi a negarlo.
Piazze, strade e cieli, possono raccontare e testimoniare le proteste e le rivendicazioni che le donne hanno portato avanti senza paura, o almeno impedendo ad essa di frenare il loro passo, di diminuire il volume della loro voce e di abbassare il loro sguardo. Sempre dritto, sempre fiero, sempre pronto… e di una bellezza unica. Piazze, strade e cieli di ogni tempo, lo sanno cosa significa l’otto marzo: probabilmente saprebbero riconoscere la voce di ogni donna che ha lottato per i diritti di cui ora io godo, di cui noi tutte godiamo. Probabilmente saprebbero descrivere la determinazione di mani che si alzavano riproponendo quel gesto così inequivocabile e così femminile e così forte. Probabilmente saprebbero raccontare delle lacrime e della imbattibile caparbietà di cui nei libri di storia si parla poco.
E chissà, forse si parlerà poco anche dello Sciopero Globale delle Donne, deciso per il prossimo otto marzo: poco importa, le Donne ci saranno. In 30 paesi del mondo, scenderanno in strada, si riuniranno nelle piazze, si presenteranno davanti a strutture significativamente legate alle loro richieste.
E dovreste vedere come in questi giorni stanno organizzando le loro energie! Dovreste guardarle negli occhi, dovreste ascoltare le loro voci e dovreste conoscere lo spirito di collaborazione e di completamento che regna tra loro.
Uno Sciopero Globale delle Donne: triste che se ne avverta il bisogno, necessario che se ne diffondano le motivazioni:
“La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne.
Scioperiamo contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali. I centri sono e devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne, luoghi femministi che attivano processi di trasformazione culturale per modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Rifiutiamo il cosiddetto Codice Rosa nella sua applicazione istituzionale e ogni intervento di tipo repressivo ed emergenziale. Pretendiamo che nell’elaborazione di ogni iniziativa di contrasto alla violenza vengano coinvolti attivamente i centri antiviolenza.
Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne.
Scioperiamo perché vogliamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza maschile contro le donne, da quella psicologica a quella perpetrata sul web e sui social media fino alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Pretendiamo che le donne abbiano rapidamente accesso alla giustizia, con misure di protezione immediata per tutte, con e senza figli, cittadine o straniere presenti in Italia. Vogliamo l’affidamento esclusivo alla madre quando il padre usa violenza. Vogliamo operatori ed operatrici del diritto formati perché le donne non siano rivittimizzate.
Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi.
Scioperiamo perché vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito e l’abolizione dell’obiezione di coscienza. Scioperiamo contro la violenza ostetrica, per il pieno accesso alla Ru486, con ricorso a 63 giorni e in day hospital. Scioperiamo contro lo stigma dell’aborto e rifiutiamo le sanzioni per le donne che abortiscono fuori dalle procedure previste per legge a causa dell’alto tasso di obiezione: perché ognun* possa esercitare la sua capacità di autodeterminarsi. Vogliamo superare il binarismo di genere, più autoformazione su contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili, consultori aperti a esigenze e desideri di donne e soggettività LGBTQI, indipendentemente da condizioni materiali-fisiche, età e passaporto.
Se le nostre vite non valgono, scioperiamo!
Scioperiamo per rivendicare un reddito di autodeterminazione, per uscire da relazioni violente, per resistere al ricatto della precarietà, perché non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro; un salario minimo europeo, perché non siamo più disposte ad accettare salari da fame, né che un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di sotto-salari e assenza di tutele; un welfare per tutte e tutti organizzato a partire dai bisogni delle donne, che ci liberi dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente per riprodurre le nostre vite.
Vogliamo essere libere di muoverci e di restare. Contro ogni frontiera: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli.
Scioperiamo contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti, contro il razzismo istituzionale che sostiene la divisione sessuale del lavoro. Sosteniamo le lotte delle migranti e di tutte le soggettività lgbtqi contro la gestione e il sistema securitario dell’accoglienza! Vogliamo un permesso di soggiorno incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia, l’asilo per tutte le migranti che hanno subito violenza, la cittadinanza per chiunque nasce o cresce in questo paese e per tutte le migranti e i migranti che ci vivono e lavorano da anni.
Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione.
Scioperiamo affinché l’educazione alle differenze sia praticata dall’asilo nido all’università, per rendere la scuola pubblica un nodo cruciale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere. Non ci interessa una generica promozione delle pari opportunità, ma coltivare un sapere critico verso le relazioni di potere fra i generi e verso i modelli stereotipati di femminilità e maschilità. Scioperiamo contro il sistema educativo della “Buona Scuola” (legge 107) che distrugge la possibilità che la scuola sia un laboratorio di cittadinanza capace di educare persone libere, felici e autodeterminate.
Vogliamo fare spazio ai femminismi.
Scioperiamo perché la violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società che non risparmiano neanche i nostri spazi e collettività. Scioperiamo per costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione, spazi liberi dalle gerarchie di potere, dalla divisione sessuata del lavoro, dalle molestie. Costruiamo una cultura del consenso, in cui la gestione degli episodi di sessismo non sia responsabilità solo di alcune ma di tutt*, sperimentiamo modalità transfemministe di socialità, cura e relazione. Scioperiamo perché il femminismo non sia più un tema specifico, ma diventi una lettura complessiva dell’esistente.
Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini.
Scioperiamo contro l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans. Rovesciamo la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive e la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti. Agiamo con ogni media e in ogni media per comunicare le nostre parole, i nostri volti, i nostri corpi ribelli, non stereotipati e ricchi di inauditi desideri.
Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo.”
E senza aggiungere altro, perché tutto apparirebbe superfluo, ci auguriamo che le piazze e le strade e i cieli di domani, possano raccontare di storie, di vite vissute com’è giusto, naturale che sia: nella piena libertà di autorealizzazione e di decisione.
Deborah Biasco