Dall’inizio dell’anno 76 giornalisti sono stati minacciati
A renderlo noto è Ossigeno per l’informazione, acronimo di OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate, che ha “l’obiettivo di accrescere la consapevolezza pubblica di questo grave fenomeno che limita la libertà di informazione e la circolazione delle notizie”. Sul sito dell’organizzazione è presente un contatore che tiene conto delle violenze subite dai giornalisti in Italia. Da gennaio a marzo ha registrato un incremento di 95 unità, di cui 19 casi risalgono agli anni scorsi, ma sono venuti alla luce solo recentemente. 76 sono stati i giornalisti colpiti, direttamente o indirettamente, da minacce fisiche, intimidazioni, rappresaglie o gravi abusi legali.
Secondo Ossigeno per l’informazione, in totale dal 2006 i giornalisti minacciati sono stati 3.603, ma, come emerge dal Rapporto 2011, la situazione è molto più grave. Si conosce solo una minima parte del fenomeno: per ogni giornalista minacciato di cui si viene a conoscenza, altre nove storie rimangono sconosciute. Il totale quindi si aggirerebbe intorno ai 30.000.
Un fenomeno sommerso
Perché solo un caso su dieci viene scoperto? Per Ossigeno per l’informazione “il fenomeno di cui stiamo parlando è in gran parte sommerso, come lo sono gli episodi di estorsione e di usura” e le ragioni sono molteplici. Può mancare il consenso degli interessati, moltissimi episodi di violenza e di abuso emergono a distanza di anni; inoltre una parte dei casi sfugge a qualsiasi percezione. Ma soprattutto le istituzioni non forniscono nessun dato e manca una specifica raccolta di dati statistici.
[Il fenomeno] risulta più esteso di quanto si sia creduto finora. Il dato di Ossigeno dice che in Italia le minacce ai giornalisti e gli abusi contro di loro sono molto diffusi: sono strumenti impiegati con elevata frequenza per impedire la pubblicazione di notizie ed inchieste sgradite. Il ricorso a questi metodi si è diffuso grazie all’impunità per gli autori delle minacce e delle ritorsioni, che è stata finora pressoché assoluta; considerazioni analoghe valgono per spiegare il moltiplicarsi degli abusi del diritto, abusi che comportano rischi bassi e costi limitati per chi li commette.
L’omertà di tv e giornali
Non solo impunità, ma anche scarsa visibilità. Se un giornalista viene minacciato, è raro che i giornali e le tv a diffusione nazionale riferiscano la notizia. In genere ogni giornale si occupa soltanto dei propri giornalisti minacciati, senza preoccuparsi degli altri. Sono rarissimi i casi in cui si dà all’opinione pubblica il quadro complessivo del fenomeno. Così viene sminuito il fenomeno, perché un conto è dire un “giornalista è stato minacciato”, un altro spiegare che è uno dei 3.603 giornalisti minacciati negli ultimi 12 anni. Avrebbe un impatto infinitamente maggiore. Ancor più grave, notizie del genere vengono di solito relegate nelle pagine delle cronache locali: una tecnica di disinformazione degna dei regimi totalitari.
Il “caso italiano” che fa discutere l’Europa
Minacce, intimidazioni, bavagli sono molto frequenti nei paesi autoritari o di giovane e incerta democrazia, come Russia o Messico. Lo stesso avviene però anche in un paese di lunga tradizione democratica come l’Italia, caso isolato nell’occidente. In Italia negli ultimi cinquant’anni sono stati assassinati undici giornalisti per fatti di mafia e terrorismo, l’ultimo nel 1993; sono centinaia i giornalisti imbavagliati e minacciati. Perciò all’estero si parla del “caso italiano”, in quanto l’informazione giornalistica è ostacolata da gravi impedimenti, diffusi più che in qualunque altro paese europeo di consolidata democrazia e con una storia e un sistema legislativo analoghi.
A far discutere è innanzitutto il cosiddetto “caso Berlusconi“, ossia la concentrazione delle proprietà editoriali e televisive e conflitto di interessi fra politica ed editoria. Oltre le violenze e l’impunità di chi le commette, destano stupore anche gli abusi permessi da leggi e comportamenti pubblici inadeguati.
Per risolvere il problema, è necessario parlarne, abolire il tabù che impedisce di farlo. Ossigeno per l’informazione mette in evidenza le mancanze del giornalismo italiano:
innanzitutto è penalizzato da una legislazione sulla stampa carente, arretrata, contraddittoria, punitiva nei confronti dei giornalisti, che mette giornali e giornalisti in una posizione di svantaggio rispetto alle pretese di qualsiasi potere. I giornalisti devono parlarne e battersi affinché questa legislazione sia riformata ed allineata agli standard europei e ai livelli normativi delle grandi democrazie occidentali.
I rischi per i giornalisti e l’opinione pubblica
I giornalisti che subiscono maggiori rischi non sono i corrispondenti di guerra, bensì i giornalisti che lavorano in paesi in pace come l’Italia; sono quelli che si occupano di cronaca, sono corrispondenti locali dei giornali a diffusione nazionale. In tutto il mondo, tra il 2006 e il 2016, 827 giornalisti sono stati uccisi mentre stavano svolgendo il proprio lavoro, di cui 213 nel biennio 2014-2015. Il 90% degli omicidi è rimasto impunito, esponendo ancora di più i giornalisti alle violenze. Il Rapporto Unesco del 2010 mette in luce un altro aspetto fondamentale:
l’assenza di minacce ai giornalisti è la condizione essenziale per tutelare il diritto dei cittadini ad avere informazioni attendibili e per proteggere, allo stesso tempo, il diritto dei giornalisti di fornirle senza timore per la loro sicurezza personale. L’uccisione dei giornalisti, sebbene costituisca il più grave attacco alla libertà di stampa è solo la punta di un iceberg. Gli informatori professionali devono fronteggiare molte altre forme di violenza, quali minacce, intimidazioni, rapimenti, molestie e aggressioni fisiche.
Camilla Gaggero