A Noli, vicino Savona, l’orto di Nemo. Il primo orto subacqueo con oltre 26 specialità di piante coltivate e che coinvolge settore agricolo, farmaceutico e cosmetico.
Ormai ci si è abituati alla “delocalizzazione” dell’orto. Lo si trova un po’ ovunque, sui tetti, sui balconi. Ci siamo abituati persino agli orti verticali, sui muri. Ma dell’orto subacqueo ancora no, non ne avevamo sentito parlare e la cosa ci incuriosisce alquanto. Non si tratta di estese coltivazioni di alghe, come verrebbe facile immaginare. E’ un vero e proprio orto di Nemo, la cui sperimentazione è iniziata qualche anno fa, partendo proprio dal basilico in quel di Noli, nel ponente ligure vicino Savona.
Tra gli obiettivi alla base degli orti subacquei, quello di verificare la possibilità di ricreare in apnea la coltivazione di vegetali, in modo da proporre questa pratica in zone dove scarseggiano le risorse idriche e con clima desertico. Come vengono piantati i semi e dove crescono le piante? Gli orti di Nemo, il nome lo ha voluto l’ingegnere Sergio Gamberini, l’ideatore, sono serre sferiche di materiale vinilico trasparente, poste a circa 8 metri di profondità e a poche centinaia di metri dalla riva. La loro trasparenza consente la penetrazione di luce solare in un ambiente pieno d’aria e ben isolato dagli agenti patogeni. A questo c’è da aggiungere che l’acqua marina che evapora produce una condensazione di acqua dolce sulle pareti interne, il sistema irriguo delle piante. La climatizzazione delle piante è pressoché stabile, perché la temperatura del mare e il livello di umidificazione si mantengono costanti.
I risultati eccellenti sono stati quasi immediati, a un mese dalla semina le serre erano piene di rigogliose piante, per cui oltre al basilico sono stati piantati insalata, rapanelli, zucchini, timo, origano e prezzemolo. I nuovi “contadini del mare” altro non sono che degli esperti sub, che periodicamente si immergono per mettere i fertilizzanti naturali nel terreno e per la raccolta. Un progetto così originale e con simili potenzialità, non poteva che destare la curiosità di molti, soprattutto dopo la meritata vetrina a Expo 2015. Tra Università internazionali e scienziati di tutto il mondo, anche una società saudita interessata a coltivare lattuga in virtù delle numerose lagune poco profonde che si presterebbero allo scopo.
Attualmente, il progetto non è ancora nella fase di diffusione su larga scala, anche se il primo pesto prodotto col “basilico di Nemo” ha superato a pieni voti l’esame di palati raffinati come quello di Federico Ferrero, vincitore di MasterChef 2014. A confermarne l’eccellenza, le analisi organolettiche che evidenziano la maggiore concentrazione di olio essenziale proprio nel basilico sottomarino.
Si punta a rendere autonomo l’intero sistema, che già ora assume sempre più le sembianze di un laboratorio e si prospetta più semplice, grazie a sensori, accelerometri e addirittura meno dispendioso, dato che la coltivazione in ambiente protetto non richiede l’uso di sostanze chimiche additive o pesticidi. Tutto viene monitorato elettronicamente con immagini in tempo reale (le potete vedere andando su www.nemosgarden.com). Nel giro di pochi anni, il laboratorio di Nemo, perché così si può ormai chiamare, coinvolge anche altre realtà come quella cosmetica e farmaceutica con cinque biosfere in tutto, della capacità di 2000 litri d’acqua. Al riguardo, Luca Gamberini, figlio del fondatore e responsabile marketing, specifica ad ansa.it: “una e’ dedicata ad una grossa azienda farmaceutica-cosmetica francese che fara’ degli studi su alcune piante. Una e’ sponsorizzata da un noto Orto Botanico di Singapore, noi la chiamiamo The Underwater Singapore Garden,con circa 60 piante di orchidea in fase di sviluppo. Le altre tre sono dedicate alla crescita di Erbe aromatiche, tra cui l’oramai famoso Basilico di Nemo. Abbiamo piantato fagioli, diverse varietà di insalata, aloe, zucchine, pomodori, fragole, timo, origano, piselli e piante per applicazioni terapeutiche e medicali sotto la supervisione dell’Università di Pisa. In fondo il simbolo di pace e sviluppo mondiale dell’albero della vita”.
Alessandra Maria