The Other Side of the Wind: il tesoro ritrovato di Orson Welles

John Huston, Orson Welles, Peter Bogdanovich. Fonte: staynerd.com

Orson Welles (1915-1985) più che un regista, è un artista la cui figura appartiene al mito.

È una delle grandi voci della radio e uno dei più grandi attori del Novecento, creatore di spettacoli tra i più inventivi su Shakespeare. Prestigiatore abilissimo, ebbe l’onore di segare in tournée la sua cara amica Marlene Dietrich.

Welles e Pasolini sul set de La ricotta. Fonte: lombradelleparole.worldpress.com

Uomo vitale, da giovane s’innamorò della Spagna facendo il torero. Conobbe Hemingway, Roosevelt, la Hollywood dell’età d’oro. Amò Rita Hayworth, Paola Mori e la bellissima Oja Kodar. Nella sua cerchia poteva vantare Jeanne Moreau, John Huston, Peter Finch, Joseph Cotten, il fidato Peter Bogdanovich. Adorava Karen BlixenDe Sica, Pasolini, Eduardo De Filippo. Carmelo Bene lo paragonava per grazia e gioia di vivere a Raffaello.

Da Quarto potere (1941), esordio straordinario e maledetto, lui ha rivoluzionato il linguaggio del cinema passando per L’infernale Quinlan (1958), Rapporto confidenziale (1955), i suoi film shakespeariani, tra cui spicca Falstaff (1965), Il processo (1963) tratto da Kafka, Una storia immortale (1968) e il suo ultimo capolavoro compiuto F for Fake (1974), in cui vediamo non soltanto un’evoluzione dello stile ma anche una riflessione sull’arte e la sua fallacità.

Jeanne Moreau e Orson Welles sul set di Falstaff (1965). Fonte: latimes.com

E’ noto per il suo impiego straordinario del grandangolo, del piano sequenza e del long shot, il montaggio musicale, la concezione wagneriana della ripresa che si estremizza nel suo ultimo film con stacchi infuocati ed incessanti. Ma c’è una sfortuna per ogni genio.

Costretto ad apparizioni più o meno fortunate nel cinema come attore e comparsa, i compensi non gli permettevano di portare avanti i suoi progetti. La sua fedele compagnia Oja Kodar (1941) ha lottato per mostrare quanto lui fosse attivo. In un documentario tedesco, The lost films of Orson Welles (1995), lei stessa mostra chilometri di pellicola in cui corti e mediometraggi, scatole di disegni e piccole sceneggiature, diventano le testimonianze di un’attività incessante e nascosta.

Sappiamo cosa sia successo ai suoi incompiuti film Don Quixote, The deep, la sua versione del Mercante di Venezia, di cui rimane pochissimo. Ma pochi sanno delle disavventure di The Other Side of the Wind.

Set di The Other Side of the Wind. Orson Welles al centro. Fonte: vanityfair.com

L’idea per il film nasce nel 1970, da un soggetto che Welles sviluppa con la Kodar. Il denaro, difficile da ottenere come sempre, è fornito da Frank Marshall e Larry Jackson, dai risparmi presi tra una comparsata e l’altra e Les Films de l’Astrophore, casa di produzione parigina.

Dopo i provini, fino al 1976, il film procede a tentoni finché non inizia a prendere un aspetto definitivo, modellato costantemente nei viaggi tra America ed Europa. Le riprese hanno luogo a Los Angeles, Carefree (Arizona), Flagstaff e Parigi.

Il film, secondo Welles, era importante quanto Quarto potere. Lo presentò con una clip quando nel 1975 l’American Film Institute decise di dargli un tardivo riconoscimento alla carriera. Nel filmato erano presenti il protagonista John Huston, Bogdanovich e Susan Strasberg (che sostituiva, nel ruolo di giornalista, la Moreau).

Jake Hannaford (John Huston) al suo 70o compleanno. Fonte: wellesnet.com

La storia, di pura invenzione ma con risvolti autobiografici, ha come protagonista il regista Jake Hannaford (Huston), alle prese con i suoi fantasmi e le sue ossessioni. Per tornare in auge dopo un esilio in Europa, Hannaford ha in mente di girare un film estremo e commerciale, pieno di nudo e simbolismi autobiografici. Protagonista il suo protetto John Dale (Bob Random), per cui prova una sinistra attrazione. Attorno a questo percorso di autodistruzione gravita una storia di metacinema, satira hollywoodiana ed un’elegia tutta personale. La fine è tragica.

Nei frammenti di film (45 minuti in tutto completati da Welles) si ha non soltanto la sua impronta barocca con un’energia inaudita ma anche un montaggio forsennato che avrebbe aperto alla concezione di una seconda fase dello stile wellesiano: non grandangolo ma giochi di corpi e primi piani; non tanti carrelli ma camera a mano (dell’eccellente operatore Gary Graver).

Oja Kodar in una scena di The Other Side of the Wind. Fonte: wellesnet.com

Il montaggio continuò fino al 1985, quando Welles morì a Los Angeles lasciando alla Kodar e a Bogdanovich il materiale. Quest’ultimo avrebbe pure dovuto completare il film come detto da Welles stesso in punto di morte.

Il film rimase immischiato in problemi legali e incompleto in degli studi parigini. La Kodar e la figlia di Welles, Beatrice, si sfidarono per l’eredità a suon di azioni legali e ping-pong continui tra i rispettivi avvocati. Bogdanovich non riuscì, nonostante i continui appelli, a sbloccare la situazione. Almeno finché non giunse Netflix.

Il 16 marzo 2017, Frank Marshall e Bogdanovich annunciano l’imminente restauro e futura distribuzione del film da parte della piattaforma. Il tesoro perduto degli amanti di Welles torna a galla e tra non molto sarà disponibile per i cinefili di tutto il mondo.

Il desiderio di Welles di vedere il film completo ha dovuto attendere prima di essere esaudito. Ma sotto lo sguardo vigile dei suoi collaboratori fidati, siamo sicuri che il film si presenterà nella forma migliore.

                                                                                                                                          Antonio Canzoniere




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