L’optogenetica è un tecnica molto recente che permette di studiare il cervello di mammiferi ed altri animali, la nascita risale alla metà degli anni 2000 e si basa su ricerche fatte negli anni ’70 su come certe proteine conosciute come rodopsine funzionino come pompe di ioni attivate dalla luce, la parte proteica che effettivamente reagisce allo stimolo si chiama opsina da qui il nome optogenetica.
Adesso finalmente, dopo dieci anni di sperimentazione, non facile perché siamo davvero ai limiti delle possibilità scientifiche attuali, pare si sia alla vigilia di sperimentazioni su esseri umani di tecniche di optogenetica. Si pensa di iniziare dal trattamento del dolore cronico ma in prospettiva questa nuova branca promette applicazioni nella cura di Alzheimer, Parkinson e altre malattie del cervello.
L’optogenetica permette di studiare il cervello in un modo prima impossibile.
Tramite questa tecnica è possibile attivare singoli neuroni e studiarne la risposta in tempo reale, questo è importantissimo perché nel cervello un certo impulso a seconda del momento può attivare schemi neurali persino opposti. Questo lo si fa modificando i neuroni (ecco dove entra la genetica), perché bisogna inserirvi le suddette proteine sensibili alla luce. Inoltre poi bisogna portare la luce nel cervello del soggetto, ecco perché gli esperimenti di una tecnica che si rivelò subito promettente, sono andati avanti con molte difficoltà tecniche.
Difficoltà tecniche da superare nelle applicazioni dell’optogenetica:
per quel che riguarda la modifica genetica le strade possibili sulle cavie animali (roditori) sono due: allevare roditori transgenici perché producano naturalmente neuroni con quelle proteine (le opsine) oppure modificare i neuroni con l’ingegneria genetica usando un virus come vettore per inserire i geni modificati. Va da sé che la prima strada quando si passerà alla sperimentazione umana è esclusa, mentre la seconda è già stata percorsa. Per quel che riguarda portare la luce nel cervello si tratta di una tecnica abbastanza invasiva visto che si tratta di inserire delle fibre ottiche e proprio in questo campo si sono avuti gli sviluppi più recenti, oggi i ricercatori hanno a disposizione microchip estremamente più piccoli e flessibili e microfibre molto più sottili di quanto disponessero dieci anni fa.
Perché le applicazioni dell’optogenetica promettono sviluppi terapeutici impensabili con le tecniche tradizionali?
I farmaci si sono rivelati molto utili nel trattare quei problemi del cervello in cui lo squilibrio riguarda principalmente la neurochimica, ma alcune malattie del cervello sono causate essenzialmente da disturbi dell’attività elettrica ad alta velocità del cervello, risulta immediatamente chiaro come le tecniche descritte possano portare delle possibilità terapeutiche del tutto nuove in questo campo, anche se siamo solo agli inizi.
Che cosa sono riusciti a fare finora i ricercatori?
Hanno ingegnerizzato diverse proteine attivate da luce di colore diversa, inserendole poi nel cervello delle cavie, hanno potuto attivare neuroni contigui al momento e nella sequenza voluta.
Prime applicazioni dell’optogenetica:
La società leader in questo campo è statunitense, fondata nel 2010, si chiama Circuit Therapeutics, come anticipato è sul punto di iniziare la sperimentazione umana nel campo della soppressione del dolore. Il motivo per cui si comincia da qui è ancora una volta di natura tecnica: i neuroni coinvolti nel dolore cronico sono relativamente facili da raggiungere, perché si trovano dentro e appena fuori dal midollo spinale, ma addirittura anche le terminazioni nervose della pelle potrebbero essere bersagli per sperimentare l’optogenetica nella cura del dolore cronico. Se i risultati saranno incoraggianti come quelli sulle cavie è facile immaginare che nel frattempo gli sviluppi delle nanotecnologie in medicina (nanomedicina) produrranno strumenti ancora più flessibili e miniaturizzati per portare la luce in aree del cervello più difficili da raggiungere nella maniera meno invasiva possibile.
Importante sottolineare che come si legge nel sito della Circuit Therapeutics le applicazioni della optogenetica possono essere dirette (le tecniche descritte fin qui) ma anche indirette, cioè può essere usata per monitorare come agiscono i nuovi farmaci in sperimentazione sul cervello delle cavie e infatti la società sta collaborando con varie ditte farmaceutiche.
Roberto Todini