L’operazione “Mare Caldo” lanciata da Greenpeace prevede il monitoraggio dei mari con sensori lanciati a 40 metri di profondità che seguiranno l’andamento delle temperature marine.
A seguito della Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona (COP21) svoltasi a Napoli, Greenpeace lancia l’operazione “Mare Caldo”. L’iniziativa servirà per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sul mare italiano. Verranno posizionati sensori a 40 metri di profondità elaborati, assieme ai ricercatori del DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova.
Tali sensori dovranno rimanere a galla per due anni, misurando senza sosta le temperature del mare a diversa profondità. Questo evidenzierà variazioni stagionali, onde di calore, fenomeni particolari e tutto quello che potrebbe essere rilevante ai fini statistici. L’obiettivo è, appunto, quello di rapportare i dati futuri e quelli passati per scoprire cambiamenti e alterazioni nelle biocenosi costiere.
Monica Montefalcone, responsabile del progetto per il Distav, ha spiegato: “E’ ormai evidente che le specie che vivono nei nostri mari stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici. Sono, infatti, sempre più colpite da morie improvvise, epidemie o scalzate da specie termofile che arrivano da mari più caldi”.
Da non dimenticare il riscaldamento climatico
La dottoressa Montefalcone continua spiegando: “Sono necessari studi che considerino lunghe serie temporali e grandi scale spaziali. Per questo abbiamo deciso di sviluppare questo progetto insieme a Greenpeace. Con la speranza che i dati raccolti possano servire a sviluppare misure di gestione e tutela”. A dire la sua anche Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia: “Per capire cosa sta succedendo abbiamo installato insieme all’Università di Genova una stazione pilota. Servirà per la misurazione delle temperature del mare vicino alla costa nord-occidentale dell’Isola d’Elba. Il mare è uno dei nostri migliori alleati contro i cambiamenti climatici, ma affinché possa continuare a esserlo, dobbiamo mantenerlo in salute“, ha concluso.
Secondo i dati diffusi dalla Ong ecologista, si stima che gli oceani assorbano il 90% del calore dovuto al riscaldamento globale che, assieme all’acidificazione e la perdita d’ossigeno, cominciano ad avere gravissimi impatti sulla biodiversità marina e sulla flora e fauna globale. Non è un mistero: lo scioglimento dei ghiacci e l’aumento dei livelli marini del Pianeta vanno a minacciare la vita di migliaia di persone. Grandemente più complicata la situazione nel Mar Mediterraneo, essendo un bacino semichiuso e “molto frequentato” dalle attività umane. Difatti il Mare Nostrum, tra inquinamento e “isole di plastica” che si sta tentando di arginare con altre iniziative, è molto soggetto ai cambiamenti climatici. E ne soffrono anche le nazioni circostanti: in Italia le temperature superficiali sono aumentate di 2 gradi negli ultimi 50 anni. Inoltre, l’innalzamento medio annuo del livello del mare, è di 2,4 millimetri negli ultimi 20 anni.
Anna Porcari