Il processo scaturito dall’operazione Inganno, che ha portato alla sbarra 9 boss mafiosi dei barcellonesi accusati di 13 omicidi, sta volgendo al termine. Il Tribunale di Messina ha rinviato a gennaio 2025 le battute finali del processo, con la sentenza prevista per il 29 gennaio. L’accusa ha già chiesto per gli imputati due ergastoli e 6 condanne tra i 30 e i 12 anni di reclusione. Un altro colpo dato alle cosche della regione.
Verso la fine del processo
A gennaio 2025 si concluderà l’operazione Inganno, dopo circa un anno dal suo avvio. L’operazione antimafia aveva portato, nei primi giorni del gennaio scorso, all’arresto di sette capi della mafia sicula di Barcellona Pozzo di Gotto e del barcellonese. Gli uomini sono stati accusati di essere i mandanti di tredici omicidi avvenuti nel barcellonese durante la guerra di mafia degli anni ’90. Alla sbarra anche i due collaboratori di giustizia che hanno aiutato le indagini.
Gli imputati portati alla sbarra dall’operazione Inganno sono: Giuseppe Gullotti, per molto tempo ritenuto al vertice dei barcellonesi, Salvatore “Sam” Di Salvo, suo successore, Nicola Cannone, Stefano Genovese, Giuseppe Isgrò, cassiere della cosca negli anni ’80 e ’90, Carmelo Mastroeni e Vincenzo Miano. Insieme a loro i due collaboratori di giustizia Carmelo d’Amico, per anni capo dell’ala militare della mafia barcellonese, e Salvatore Micale.
L’accusa, composta dai pm Vito di Giorgio, Francesco Massara e Fabrizio Monaco, ha chiesto per i mafiosi le seguenti pene: l’ergastolo per Gullotti e Di Salvo; 30 anni di carcere per Genovese, Isgrò, Mastroeni e Miano; 15 anni per Carmelo D’Amico e 12 per Micale. Le difese degli imputati, nell’udienza tenutasi il 27 novembre presso il Tribunale di Messina davanti al Gup Arianna Raffa, hanno invece chiesto l’assoluzione presentando prove che smentirebbero le dichiarazioni di Micale.
Il processo dell’operazione Inganno è stato quindi rimandato al gennaio 2025, per le arringhe degli avvocati e per permettere ai pm di replicare rispetto alle difese degli imputati. La sentenza dovrebbe essere emanata nell’udienza del 29 gennaio, concludendo così la storia di 13 omicidi avvenuti ormai più di 30 anni fa.
L’operazione Inganno e i 13 omicidi
Nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2024 i carabinieri del Ros hanno notificato l’arresto ai 7 capi della cosca mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, portando una nuova luce su degli omicidi che ormai erano considerati chiusi da tempo o caduti nel dimenticatoio. L’azione di polizia, denominata operazione Inganno, aveva il fine di assicurare alla giustizia i mandanti e gli esecutori di quei 13 omicidi avvenuti a cavallo tra il ’92 e il ’98 nel barcellonese.
Le tredici vittime furono conseguenze della guerra di mafia che infestava il barcellonese negli anni ’90. Le cosche non risparmiavano nessuno, nemmeno i giovanissimi, se questi compivano azioni che in qualche modo avrebbero potuto minare l’autorità dei capi dell’organizzazione. Piccoli furti, spaccio di droga non autorizzato, tutto punito con la violenza, per far sapere che non si doveva sgarrare con chi era al comando. Molti di questi sono casi di “lupara bianca”, ossia omicidi di mafia con occultamento del cadavere.
Le 13 vittime dei barcellonesi sono: Angelo Ferro, ucciso nel 1993; Antonino Accetta e Giuseppe Pirri, nel gennaio 1992; Carmelo Ingegneri, ucciso nel luglio ’92; Francesco Longo, assassinato il 28 dicembre ’92; Aurelio Anastasi, morto il 4 gennaio 1993, caso di lupara bianca che portò alla morte di Giuseppe Italiano il mese seguente; Giuseppe Porcino, altro caso di lupara bianca, nel marzo del 1993; l’agguato del 4 settembre 1993 che causò subito la morte di Sergio Raimondi e Giuseppe Martino e, a distanza di mesi, quella di Giuseppe Geraci; Giuseppe Abate, ucciso nel ’98; e infine l’esecuzione di Fortunato Ficarra, portata a termine il 1° luglio del 1998.
La fine del processo scaturito dall’operazione Inganno segna così la fine di una vicenda iniziata più di 30 anni fa ma di cui numerosi punti, a causa dell’omertà che da sempre avvolge le cosche, non si erano mai potuti chiarire completamente.
Marco Andreoli