L’11 Luglio 1995, durante l’ultimo anno di conflitto nella ex Jugoslavia, nella cittadina di Srebrenica i soldati serbo bosniaci comandati dal generale Ratko Mladić uccisero oltre 8000 cittadini maschi bosgnacchi (bosniaci di religione musulmana) compresi vecchi e bambini. Oggi, a distanza di 29 anni, presso l’Assemblea generale dell’ONU viene discussa una bozza di risoluzione sul genocidio di Srebrenica che intende istituire per l’11 luglio una giornata internazionale di riflessione e ricordo.
Il termine “genocidio” per riferirsi a quei fatti è già stato anche oggetto di sentenza nel 2007 da parte della Corte internazionale di Giustizia la quale ha confermato che a Srebrenica i soldati serbo bosniaci agirono con lo scopo preciso di distruggere il gruppo etnico bosgnacco e come tale è giusto parlare di genocidio.
ONU, la risoluzione su Srebrenica: Dodik e Vučić negano il genocidio
La discussione in sede ONU si dovrebbe aprire oggi, 17 aprile, e concludere con il voto del 2 maggio; la risoluzione sul genocidio di Srebrenica sarebbe stata proposta da Germania e Ruanda e alla stesura del testo avrebbero partecipato anche Stati Uniti, Albania, Bosnia Erzegovina, Cile ed altri paesi tra cui la Macedonia del Nord la quale nei giorni scorsi ha annunciato il proprio sostegno a tale proposta. Skopje tramite il suo ministro degli esteri Bujar Osmani, ne ha anche sottolineato l’importanza e lo scopo fondamentale ovvero evitare che ciò possa accadere di nuovo.
È probabile che questa risoluzione sia anche un tentativo da parte dell’ONU di risanare per quanto possibile le responsabilità che essa ebbe negli sviluppi di quella triste vicenda. Srebrenica due anni prima era stata dichiarata “zona protetta” per i civili e l’area era presidiata da un contingente di caschi blu finiti inevitabilmente anche loro sotto accusa perché non in grado di evitare che quei luoghi si trasformassero nel teatro di un genocidio.
Questa visione dei fatti, e in particolare la definizione di genocidio in Serbia e in Republika Srpska, (l’entità statale serba all’interno della Bosnia-Erzegovina) non è mai stata accettata. L’attuale leader serbo bosniaco Milorad Dodik ed il presidente serbo Aleksandar Vučić la considerano un’ invenzione allo scopo di «satanizzare l’intero popolo serbo» e entrambi sono fermamente contrari alla bozza di risoluzione sebbene questa abbia valore soprattutto simbolico.
Il timore diffuso a Banja Luka (capoluogo dell’entità statale serba) è che una sua eventuale approvazione possa sollevare dubbi anche sulla legalità della stessa Repubblica Srpska e così minare la sua stessa esistenza. Secondo Dodik la risoluzione porterebbe ad una «graduale esclusione» dei serbi dall’amministrazione pubblica della Bosnia ed Erzegovina e perciò renderebbe impossibile la convivenza tra le etnie presenti nel paese. Vanno in questo senso anche le minacce, pronunciate dallo stesso Dodik, di secessione della RS dalla Bosnia Erzegovina in caso di approvazione della risoluzione sul genocidio di Srebrenica.
L’ipotesi dello smembramento della Bosnia-Erzegovina sarebbe ovviamente in contrasto con gli accordi di pace di Dayton firmati nel dicembre del 1995 nell’omonima cittadina americana. Questi, oltre ad aver concluso il tremendo conflitto esploso nella ex Jugoslavia nella seconda parte degli anni novanta, hanno anche stabilito l’attuale assetto istituzionale del paese e sono vincolanti anche per la stessa Serbia.
La Repubblica Srpska, nata de facto già durante il conflitto, copre il 49% del territorio ed è dotata di poteri autonomi in vasti settori politici ed economici, tuttavia Dodik da anni utilizza lo spettro della secessione come arma politica e di ricatto e cosi facendo trova consenso in larga parte del suo elettorato di nazionalità serba.
Il governo di Belgrado ha anche annunciato che se la risoluzione sarà approvata la Serbia presenterà domanda per diventare membro non permanente del Consiglio di Sicurezza nei prossimi due anni con l’obbiettivo ovviamente di poterne influenzare il voto. Già nel 2015 infatti, in occasione del 20° anniversario, venne votata in Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione sul genocidio di Srebrenica, ma in quel caso fu bocciata dal veto posto dalla Russia.
Tali contromosse già pianificate da Vučić, compreso anche un suo possibile viaggio a New York nei prossimi giorni, fanno intendere che ci sono molte possibilità che in sede di Assemblea generale la bozza di risoluzione sul genocidio di Srebrenica possa essere approvata e il maggiore sostenitore di tale iniziativa sarebbero proprio gli Stati Uniti. Tale discussione si preannuncia come l’ennesima occasione in cui la guerra e i crimini compiuti nella ex Jugoslavia tra il 1991 e il 1995 diventano motivo di divisione anziché reciproco rispetto del dolore. Nessuno, al momento, sembra intenzionato a voler fare un passo in questo senso.