ONU: raid israeliani in Cisgiordania violazione dei diritti

Raid israeliani

I raid israeliani in Cisgiordania rappresentano uno dei più grandi attacchi degli ultimi decenni nei territori palestinesi occupati. Gli attacchi di Israele hanno scatenato la reazione dell’ONU e di altre organizzazioni umanitarie che denunciano violazioni del diritto internazionale da parte delle forze di difesa israeliane (IDF).

Le Operazioni Militari Israeliane in Cisgiordania

Gli attacchi israeliani sono iniziati mercoledì mattina e si sono concentrati su diverse aree della Cisgiordania, tra cui Jenin, Tulkarem e Tubas. Secondo fonti locali e internazionali, l’attacco è stato mirato a colpire la rete terroristica che, secondo Israele, ha orchestrato un attentato fallito a Tel Aviv la settimana precedente. L’offensiva ha coinvolto centinaia di soldati supportati da aerei da combattimento, droni e bulldozer, e ha preso di mira tre aree contemporaneamente.

La Mezzaluna Rossa palestinese ha riferito che quattro persone sono state uccise nel campo profughi di Far’a a Tubas, mentre altre due sono morte a Jenin. Tre persone invece sono state colpite da un drone nel villaggio vicino di Seir. Le forze israeliane hanno impedito alle ambulanze di entrare nella zona, complicando ulteriormente le operazioni di soccorso.

La reazione dell’ONU

L’operazione militare ha attirato una ferma condanna da parte delle Nazioni Unite, che hanno denunciato l’uso sproporzionato della forza e le violazioni del diritto internazionale. Un comunicato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha evidenziato come l’uso di attacchi aerei e altre tattiche militari da parte dell’IDF (le forze armate israeliane) in Cisgiordania rappresenti una violazione degli standard sui diritti umani applicabili alle operazioni delle forze dell’ordine.



Il comunicato ha inoltre sottolineato che, dal 7 ottobre 2023 fino al 27 agosto, sono stati uccisi 628 palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, di cui 609 dalle IDF, 11 dai coloni israeliani e 8 da attacchi congiunti. Tra le vittime, 159 persone, tra cui 29 ragazzi e tre donne, sono morte a causa di attacchi aerei. Le Nazioni Unite hanno ribadito che la violenza tra le forze israeliane e i palestinesi armati in Cisgiordania non può essere considerata un conflitto armato ai sensi del diritto umanitario internazionale, il che implica che l’uso della forza deve rispettare norme e standard di diritti umani specifici.

Vittime civili

Uno degli aspetti più critici delle operazioni militari israeliane è stato l’alto numero di vittime civili, inclusi bambini. Un episodio particolarmente drammatico è avvenuto la sera del 26 agosto, quando l’aeronautica militare israeliana ha lanciato almeno quattro attacchi aerei sul campo profughi di Nur Shams a Tulkarem, uccidendo cinque persone, tra cui due ragazzi di 13 e 15 anni. L’IDF ha giustificato l’attacco affermando di aver preso di mira una “sala operativa”, ma le vittime sono state colpite mentre passavano vicino all’edificio bersaglio.

Questi attacchi hanno sollevato ulteriori preoccupazioni riguardo alle pratiche militari israeliane, accusate di causare morti extragiudiziali e distruzioni illegali di case e infrastrutture palestinesi. La tensione è ulteriormente aumentata quando l’esercito israeliano ha imposto il coprifuoco nel quartiere orientale di Jenin, impedendo ai residenti di lasciare le loro abitazioni, e ha minacciato di fare irruzione nell’ospedale governativo della città, scatenando la richiesta di un intervento internazionale da parte del ministero della Salute palestinese.

Anche Hezbollah colpita

Oltre agli scontri in Cisgiordania, le operazioni israeliane si sono estese anche al di fuori dei confini del territorio palestinese. Un drone israeliano ha colpito e ucciso militanti di Hezbollah in Siria, sollevando ulteriori preoccupazioni per un allargamento del conflitto. Hezbollah, il gruppo militante libanese appoggiato dall’Iran, ha una presenza significativa in Siria, dove ha combattuto a fianco delle forze governative durante la guerra civile.

Le sanzioni americane

In un contesto già estremamente teso, le violenze perpetrate dai coloni israeliani contro i palestinesi hanno attirato l’attenzione anche degli Stati Uniti, che hanno imposto sanzioni contro i coloni coinvolti in questi episodi. La decisione delle autorità statunitensi di sanzionare i coloni ha incontrato diverse reazioni all’interno di Israele e tra i sostenitori del movimento dei coloni, ma è stata accolta positivamente dalle organizzazioni internazionali e dai governi che si oppongono all’espansione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi.

L’appello di Hamas e la prospettiva di un’escalation

Nel frattempo, Hamas ha accusato Israele di voler “espandere la guerra di Gaza” alla Cisgiordania. In risposta agli attacchi israeliani, Hamas ha chiamato a una giornata di “rabbia e mobilitazione”, incitando i palestinesi a scendere in piazza in segno di protesta contro le operazioni militari.

Le tensioni tra Hamas e Israele rimangono elevate, e l’ipotesi di una nuova escalation del conflitto è sempre più concreta. Le operazioni militari in Cisgiordania rischiano di accendere ulteriormente il fuoco di una situazione già esplosiva, con il rischio che la violenza si estenda ulteriormente e coinvolga nuove aree della regione.

L’IDF ha distrutto un veicolo dell’ONU

Le Nazioni Unite hanno segnalato un grave incidente in cui un veicolo umanitario dell’organizzazione è stato colpito dalle forze israeliane nella Striscia di Gaza. Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’ONU, ha riferito che il veicolo, parte di un convoglio umanitario, era stato regolarmente coordinato con le autorità israeliane. Nonostante i colpi ricevuti, che sono stati almeno dieci, non si registrano feriti. Dujarric ha sottolineato che il veicolo, chiaramente identificato come appartenente all’ONU, ha evitato conseguenze tragiche grazie al fatto di essere blindato.

Vincenzo Ciervo

 

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