Il 21 Marzo, a partire dal 1966, si celebra la giornata Onu per l’eliminazione della discriminazione razziale.
Nel 2020 la ricorrenza è dedicata alla revisione di mezzo termine della “decade internazionale per i discendenti del popolo africano”
La decade cui si fa riferimento era stata inaugurata il 1 Gennaio 2015 e giungerà a termine il 31 Dicembre 2024.
Il motivo per cui l’Assemblea generale dell’ONU ha deciso di dedicare dieci anni all’impegno su questo fronte è che, al giorno d’oggi, si contano circa 200 milioni di persone in tutto il mondo che si identificano come discendenti del popolo africano.
Questi individui sono tra i più poveri e marginalizzati. Molti hanno un accesso limitato all’istruzione e ai servizi di sanità e una scarsa attitudine alla partecipazione politica.
La data scelta per celebrare tale ricorrenza possiede una forte valenza simbolica
Il 21 Marzo è, infatti, l’anniversario di un avvenimento comunemente ricordato come “massacro di Sharpeville”, uno degli episodi più gravi avvenuti nel periodo dell’Apartheid in Sudafrica.
Nel primo giorno di primavera del 1960 un gruppo di manifestanti di colore si riunì di fronte alla centrale di Sharpeville per manifestare contro l’approvazione della pass law.
Con l’entrata in vigore di tale norma i cittadini di colore avrebbero potuto frequentare le zone delle città riservate ai bianchi solo esibendo alle forze di polizia un lasciapassare. Il permesso veniva concesso solo a coloro che svolgevano lavori in quelle zone.
La protesta fu portata avanti pacificamente. I manifestanti si limitarono a dichiararsi privi di lasciapassare e a chiedere di essere arrestati. La polizia, dopo diversi tentativi di disperdere la folla, aprì il fuoco uccidendo 69 persone. Tra queste si contano anche donne e bambini.
L’avvenimento segnò profondamente l’opinione pubblica del tempo. Le proteste dei cittadini di colore si intensificarono e il governo rispose dichiarando la legge marziale. A inizio Aprile intervennero le Nazioni Unite condannando il comportamento del governo sudafricano.
Ogni anno le Nazioni del mondo sono chiamate a promuovere attività e iniziative dedicate alla sensibilizzazione riguardo il tema della discriminazione razziale
Queste attività devono animare anche i giorni seguenti al 21 Marzo. Tale giornata, infatti, segna l’inizio di una settimana interamente dedicata all’argomento delle disuguaglianze di trattamento.
L’istituzione della settimana dell’impegno, però, è solo uno dei doveri prescritti dal programma di attività adottato nel 1979 dalle Nazioni Unite, il quale impegna attivamente gli Stati sul fronte della lotta alle discriminazioni derivanti dalle differenze etniche e culturali.
Le altre raccomandazioni che compaiono nel programma sono una ripetizione di ciò che era già stato fissato nella Convenzione internazionale sull’eliminazione del razzismo e di ogni forma di discriminazione razziale. Tale trattato, promulgato dall’ONU il 21 Dicembre 1965, è in vigore dal 4 Gennaio 1969 e costituisce il punto di riferimento di ogni azione intrapresa dagli Stati nella lotta alle forme di discriminazione razziale.
L’importanza di tale documento è attestata dal fatto che, negli anni, esso è stato ratificato dalla quasi totalità delle Nazioni del mondo. La sottoscrizione dell’Italia risale al 5 Gennaio 1976.
Il contenuto della Convenzione si rifà esplicitamente all’ideale di uguaglianza universale di matrice illuminista affermato giuridicamente per la prima volta in apertura della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948
All’articolo 1 il documento redatto nel 1965 definisce la discriminazione razziale in questo modo:
In questa convenzione il termine “discriminazione razziale” indica ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, la discendenza, o l’origine etnica o nazionale che abbia l’obiettivo o l’effetto di nullificare o indebolire il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, a partire da una posizione egualitaria, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in ambito politico, economico, culturale o in ogni altro ambito della vita pubblica.
Tra gli strumenti più importanti adottati dalla Convenzione al fine di arginare il più possibile le pratiche discriminatorie nel mondo, c’è l’istituzione di una Commissione il cui compito è quello di vegliare sul comportamento dei vari paesi circa il rispetto dei principi contenuti nel documento da loro ratificato. Tale organo conta diciotto membri eletti a scrutinio segreto ogni quattro anni.
Gli Stati stati sono tenuti a mantenere molteplici impegni
Di fondamentale importanza è che, dalla loro legislazione, non sia permesso che autorità pubbliche o istituzioni promuovano o incitino all’odio razziale e che siano previste regole che impediscano la diffusione di idee basate sul concetto di superiorità razziale e la formazione di gruppi e partiti di ispirazione neo-nazista o fascista.
Oltre a questo ogni paese deve tutelare le comunità di immigrati presenti sul proprio territorio premurandosi che ai loro membri siano assicurate le stesse possibilità rispetto al resto della popolazione.
Ogni Nazione che abbia ratificato la Convenzione è tenuta ad inviare ogni due anni un report al direttore generale dell’Onu. La commissione, inoltre, ha la fondamentale funzione di mediatore nei casi in cui delle questioni vengano sollevate da uno Stato nei confronti di un altro.
Se la giornata del 21 Marzo e la settimana dell’impegno possono sembrare ricorrenze rituali e prive di effettiva concretezza, quindi, non si può dire lo stesso dell’apparato legislativo e diplomatico che hanno alle spalle.
L’Onu è molto consapevole del fatto che la lotta alla discriminazione razziale rappresenti un tema molto attuale che richiede un impegno costante
A testimonianza di questo si può citare la risoluzione adottata dall’Assemblea generale pochi mesi fa, il 18 Dicembre 2019. In questo documento viene dichiarato allarme per l’emergere globale di discorsi d’odio e di incitamento alla discriminazione razziale e alla violenza, spesso indirizzati verso i gruppi di migranti, e si esprime la preoccupazione per la nascita diffusa nei vari paesi di nuovi gruppi e partiti di stampo nazionalista e con basi ideologiche razziste.
Temi, questi, che riguardano molto da vicino lo Stato italiano, soprattutto se si prendono sul serio i report che rendono conto dell’aumento degli atteggiamenti di disagio verso le diversità che si vanno diffondendo anche tra le nuove generazioni.
Silvia Andreozzi