Ondata razzista negli stadi italiani: ultimamente si fa a gara a chi è più ignorante

Ondata razzista: è questa la definizione di quanto sta accadendo alla luce dei gravi episodi di razzismo che negli ultimi giorni hanno interessato il mondo dello sport italiano (e non solo).

Lo sfogo di Mario Balotelli in risposta ai cori razzisti che si sono levati contro di lui durante la partita tra Brescia e Verona, ha infatti dato inizio a un curioso quanto disturbante dibattito. Il capo della tifoseria dell’Hellas Verona (ed esponente di Forza Nuova), Luca Castellini, ha dichiarato che pur avendo la cittadinanza italiana Balotelli “non potrà mai essere del tutto italiano”.

Non siamo razzisti ma…

Mettendo per un secondo da parte la profonda analisi sociologica sull’essere italiani, Castellini ci ha tenuto a precisare che i tifosi del Verona non sono razzisti. Quando il “negro” che hanno in squadra segna infatti, applaude tutta la tifoseria. D’altronde è una questione di priorità; la squadra prima di tutto. Oppure no?

Gli insulti ai giocatori avversari infondo sono abbastanza normali nel mondo del calcio. Niente di personale. Ma fare il verso della scimmia verso un giocatore di colore è tutt’altra cosa. Non ci si nasconda dietro la proverbiale goliardia degli ultras più accaniti. Questi sono insulti razzisti e nello sport, quello vero, quello che unisce, non ci dovrebbe essere spazio per niente del genere.

Il problema è di ampio respiro perché il calcio è un contesto sociale e in quanto tale rappresenta parte della società stessa. Chissà quanti italiani (italiani veri si intende), sono dell’idea che un bambino di colore adottato da una famigli italiana non sarà mai del tutto italiano.




L’ondata razzista non risparmia donne e bambini

Allontanandoci dai casi mediatici più importanti, i sintomi del fatto che a pensarla così sono tante, troppe persone ci sono eccome. Ne è un esempio la mamma che pochi giorni fa, durante una partita del campionato pulcini a cui partecipava suo figlio ha rivolto un insulto razzista contro un bambino di colore di appena 10 anni.

La garbata signora ha urlato a questo bambino che come gli altri giocava a pallone “negro di me…”, dando a tutti esempio di grande cultura ed educazione.Il nostro pensiero non può che andare al figlio della donna protagonista di questo sgradevole episodio. Il quale dovrà impegnarsi più di tutti gli altri per non trasformarsi in un futuro difensore della “razza italiana”.

Quello che emerge da quanto esposto dunque, è che non serve arrivare al caso Balotelli-Castellini per confrontarsi con l’esistenza del razzismo nel mondo dello sport italiano. Purtroppo, anche nell’ambito di realtà molto più piccole e più vicine alla vita quotidiana di tutti noi è facile trovare qualcuno che non riesce a frenare le proprie tendenze discriminatorie. Ecco perché è richiesto impegno da parte di ognuno di noi per contrastare questa ondata razzista che disonora l’Italia intera.

Livia Larussa

Exit mobile version