Omosessualità nel Rinascimento: il sangue degli ultimi come pittura rossa

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Grandi mecenati, opere d’arte eterne, capolavori letterari incisi negli annali del mondo. Il Rinascimento è sicuramente dal punto di vista produttivo, la più florida epoca che l’Italia abbia mai visto nella sua storia. Ma qual era in questo grande meccanismo, il trattamento riservato agli ultimi, agli omosessuali?

L’omosessualità nel Rinascimento fu allora un grande tema per la creazione di numerosi prodotti destinati specialmente all’arte della scrittura.

Vi sono opere di letteratura come il poema “La Fabula di Orfeo” di Agnolo Poliziano, scritture epigrammatiche come “l’Hermaphroditus” di Antonio Beccadelli, o coraggiose opere satiriche come il dialogo “Contro gli ipocriti” dell’umanista Poggio Bracciolini.

Ma nonostante il tema dell’omosessualità nel Rinascimento avesse una flebile voce, donata da pochi, la società di allora si dimostrò tanto artisticamente grande quanto umanamente e sentimentalmente piccola nei confronti dell’amore tra persone dello stesso sesso.

L’amore come reato

L’omosessualità nel Rinascimento rientrava nel reato di sodomia, il quale poteva esser punito addirittura con la pena di morte, trattamento che purtroppo in numerose parti del mondo viene ancora praticato mietendo vittime desiderose di amare.

Oltre all’esecuzione capitale, l’omosessualità nel Rinascimento andava incontro a pene di diverso genere, ma tutte di una mostruosità unica.

Persone impalate, arse vive, private dei genitali o della mano destra, e inoltre, nella Milano degli Sforza, chi con prove certe denunciava atti omosessuali, aveva il diritto ad un cospicuo compenso in denaro.

Anche coloro sorpresi ad offrire ospitalità a persone omosessuali potevano esser condannati a morte, e a Venezia, a seguito di scandali sodomiti che coinvolsero la nobiltà, vennero attutate una serie di repressioni nei confronti degli omosessuali che prevedevano assidui e quotidiani controlli nei locali della città.

Persino Leonardo Da Vinci, uno dei più grandi geni dell’umanità, rischiò di perdere la vita per via di leggi portatrici d’odio, in quanto presumibilmente omosessuale.

L’omosessualità nel Rinascimento, così come ancora oggi purtroppo, era ed è un tema portato ad una esistenza complessa, impossibilitato ad uscire allo scoperto e a vivere liberamente.

Il coraggio di essere se stessi nella Firenze rinascimentale

Era il 400′, e nonostante le politiche oppressive e le condanne citate, Firenze fu una delle più grandi patrie per l’omosessualità nel Rinascimento.

Fu un luogo in cui gli usi e i costumi denotarono un aspetto più aperto da parte del popolo nella loro comunque chiusura mentale figlia del bigottismo di quell’epoca.

La peculiare caratteristica del luogo però, portò non pochi problemi alla città e alla sua reputazione.



In Germania ad esempio chiamarono “fiorentini” i sodomiti, mentre a Genova una norma impedì l’assunzione di qualsiasi insegnante proveniente dalla “libera” Firenze.

Inoltre, una miriade di controlli, figure politiche e autorità religiose, ostacolarono la situazione.

Tra le varie da menzionare vi è la creazione del Tribunale dei Sodomiti nel 1432 a Firenze, e delle guardie speciali chiamate “Ufficiali di Notte” incaricate di occuparsi dei reati legati all’omosessualità nel Rinascimento.

Ma a far scatenare tutto ciò che venne in seguito, furono le parole di San Bernardino da Siena, il quale disse durante le sue omelie:

“Bruciate tutti i sodomiti! Almeno cacciateli dalla città, privateli del loro lavoro”.

Parole che mossero migliaia di seguaci che condividevano quelle ideologie, come il Savonarola, il quale inoltre riuscì ad ottenere dal governo stesso leggi restrittive nei confronti dell’omosessualità nel Rinascimento.

Ma il 13 agosto 1512, 30 ragazzi soprannominati “i Compagnacci“, stanchi di veder le loro ali strappate via, di vedere i corpi dei loro amanti e amici bruciati, e di non poter avere una voce per moltissimi degna di essere ascoltata, irruppero nel palazzo del governo richiedendo l’abolizione di tutti quei mostruosi provvedimenti.

L’azione costrinse alla fuga il 16 settembre dello stesso anno, del capo del Consiglio Maggiore Pietro Sedermi.

Questo riportò la guida della citta di Firenze nelle mani dei Medici, i quali accolsero le richieste dei coraggiosi paladini dell’amore.

L’amore è la vera grande bellezza nel mondo

La grandezza delle opere rinascimentali è universalmente riconosciuta da secoli, e lo sarà fino a quando l’umanità non cesserà di esistere.

Ma in quell’epoca, così come adesso, ad esser dimenticata è una cosa fondamentale.
Non esiste, e non esisterà mai alcuna opera d’arte, letteraria o di qualsiasi altro tipo, che per quanto meravigliosa possa essere, potrà mai essere paragonata alla bellezza dell’amore stesso.

Ma il trattamento riservato all’omosessualità nel Rinascimento, purtroppo, non è molto diverso da quello odierno.

La gente spesso è costretta anche adesso a nascondersi, a metter su una maschera, a sentirsi in difetto col mondo e non all’altezza di vivere per il solo desiderio di amare.

Altre persone invece, quella stessa vita che già faticano con le unghie e con i denti a portarla avanti tra l’odio della gente, se la vedono strappata via da un mondo incline al disprezzo dei sentimenti.

Ma allora, così come il Rinascimento è considerata l’epoca del mecenatismo più proficuo, perché oggi, tutti noi, non possiamo essere mecenati dell’amore?

Maurizio Incardona

 

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