L’omosessuale è un pedofilo: proteste per una serie tv di Singapore

La salute mentale della comunità LGBT discriminazioni a lavoro tensione tra Canada e USA Le polemiche sono partite dalla Comunità LGBTQIA: il personaggio che interpreta un omosessuale è un insieme di stereotipi

Le polemiche sono partite dalla Comunità LGBTQIA: il personaggio che interpreta un omosessuale è un insieme di stereotipi

Abbiamo trascorso anni a lottare per i diritti, contro stereotipi e false ideologie, per un mondo fatto di sostanza anziché di apparenza. Abbiamo rivendicato il diritto a definire quello che siamo e a definirci come vogliamo, spogliandoci di quello che ci vogliono far credere e di come gli altri ci vedono. Un meccanismo senza fine, questo qui, che ci vuole come robot senza pelle. Purtroppo è ancora così, e oggi questa fredda concezione è arrivata direttamente dal Singapore: l’omosessuale è un pedofilo. Ci è stato detto solo questo, nessun’altra spiegazione.

Ma vediamo cosa è accaduto.

In Singapore ha raggiunto ultimamente altissimi livelli di popolarità una serie tv dal titolo My Guardian Angels, prodotta dal colosso massmediatico Mediacorp.

La storia è molto semplice: Jung Da-So, Ha Tae-Woong e Kang Sae-Hyun sono tre madri single che, per una serie di eventi e vicissitudini, si incontrano casualmente e si ritrovano a dover crescere i rispettivi figli da sole.

Nei giorni scorsi, la visibilità della serie tv è però calata di molto generando un caso mediatico che l’ha portata ad essere investita da numerose critiche e disapprovazioni.




Le proteste

I produttori di My Guardian Angels hanno infatti scelto di inserire come personaggio all’interno della serie un ragazzo omosessuale con caratteristiche negative, interpretato dall’attore Chase Tan. Quest’ultimo, nella serie, è un allenatore di basket che viene descritto come un pericoloso pedofilo affetto da malattie sessualmente trasmissibili. Un insieme di forti stereotipi, dunque, che hanno mobilitato l’intera comunità LGBTQIA.

Sulla pagina Instagram di Channel 8, il canale televisivo che trasmette la serie, non sono tardato ad arrivare, infatti, commenti da parte dell’intera comunità che ha esplicitamente espresso il proprio dissenso. A seguirla è stata anche l’Action for Aids, un’organizzazione non governativa di Singapore che sostiene le persone sieropositive e che a questo proposito si è espressa così:

 “Rappresentare un uomo omosessuale come un pedofilo non fa altro che rinvigorire le false credenze e i pregiudizi aumentando di riflesso le sofferenze di tante persone che, proprio a causa dello stigma sociale a cui sono sottoposte, sono costrette a vivere un’esistenza ai margini”.

Il rimedio

Soltanto il 14 luglio – molti giorni dopo lo scoppio della protesta – la casa di produzione Mediacorp è intervenuta, dicendosi dispiaciuta per aver toccato la sensibilità degli appartenenti alla comunità LGBTQIA e affermando di non aver mai voluto offendere le persone omosessuali. Nelle scuse, l’aveva però preceduta l’attore Chase Tan che, in un post pubblicato sul suo profilo Instagram, ha espresso il suo rammarico affermando che, essendo un giovane attore, accetta tutto quello che gli viene proposto. “Mi dispiace”, ha detto poi.

Tutto qui?

Le scuse sono indubbiamente necessarie per rimediare a quello che si è anche solo pensato. Sono importanti, certo, ma non sono abbastanza.

Bisogna impegnarsi per costruire un mondo senza dogmi, pregiudizi, stereotipi, in cui si possa essere sé stessi, senza preoccuparsi per gli altri. E un mondo in cui anche solo guardare la tv significhi libertà: la poesia di un pianeta in cui possiamo sempre rispecchiarci in qualcuno, e crederci.

Per quello che siamo ma, soprattutto, per quello che amiamo.

Stefania Meneghella

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