Nel centro storico di Pesaro, il giorno di Natale, è stato ucciso Marcello Bruzzese, 51 anni, pregiudicato di origini calabresi.
I due killer lo attendevano fuori dalla sua abitazione, al numero 28 di via Bovio, che gli era stata assegnata dal Ministero dell’Interno, in quanto fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese.
Chi era Marcello Bruzzese
Marcello e Girolamo erano i figli di Domenico Bruzzese, ritenuto il braccio destro del boss Teodoro Crea. Nel luglio del 1995, Domenico e suo genero Antonio Madaffari rimasero uccisi in un agguato dove lo stesso Marcello era rimasto gravemente ferito.
Marcello Bruzzese non è riuscito ad avere salva la vita in questo secondo attentato, proprio a Pesaro, dove era stato mandato lontano dagli ambienti mafiosi, conservando tuttavia la sua identità.
Gli inquirenti stanno indagando per omicidio volontario con l’aggravante mafiosa. Le modalità dell’agguato lo fanno sospettare: i killer incappucciati, che aspettavano la vittima e l’arma del delitto (le 2 pistole, calibro 9). Ci sono sospetti che la morte di Marcello Bruzzese sia una vendetta nei confronti del fratello pentito.
Chi è Girolamo Bruzzese
Girolamo, dopo l’agguato del 1995, aveva preso il posto di suo padre Domenico, ma il suo rapporto con il boss Teodoro Crea non era stato mai idilliaco, tanto da avergli sparato alla testa nel 2003. Credendo Crea morto, Bruzzese si era consegnato alla polizia. Ma il boss, portato in tempo dai familiari in ospedale, era sopravvissuto all’agguato. Temendo le rappresaglie della cosca, Girolamo Bruzzese aveva scelto di collaborare con la giustizia.
Le sue dichiarazioni furono cruciali nell’operazione Saline, l’indagine sui rapporti tra le ‘ndrine e alcuni esponenti politici locali (l’ex consigliere provinciale dell’Udc Pasquale Inzitari, definito da Bruzzese il «referente politico dei Crea», finì in manette) e nelle inchieste Toro e Devin, che hanno portato alle condanne in Appello degli esponenti della famiglia Crea. Lo stesso Teodoro Crea è stato arrestato nel 2006 e sta attualmente scontando una condanna in carcere, secondo il regime del 41 bis.
Già in passato, Girolamo Bruzzese è stato vittima di una vendetta trasversale: nel febbraio del 2004, poco dopo il tentato omicidio del boss, fu assassinato Giuseppe Femia, suocero di Girolamo. La magistratura dovrà ora indagare cosa nel meccanismo di protezione di Marcello Bruzzese non ha funzionato.
Sulla vicenda si è espresso il ministro degli Interni, Matteo Salvini. Ha fatto sapere che Marcello Bruzzese aveva richiesto da due anni di uscire dal programma di protezione perché riteneva non fosse più necessario. Anche il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ha confermato che Bruzzese si sentiva al sicuro nella città marchigiana. Ha voluto anche rassicurare i suoi concittadini, scossi dall’agguato e preoccupati da possibili infiltrazioni mafiose nella propria città:
“Non è arrivata la ‘ndrangheta a Pesaro, ma lo Stato ha portato persone a proteggersi dalla ‘ndrangheta perché ritiene questo territorio più sicuro di altri”.
Sullo stato della ‘ndrangheta si è poi espresso Matteo Salvini:
“La ‘ndrangheta non è problema calabrese ma europeo, visto che ci sono infiltrazioni in diversi Paesi europei. E con altre polizie europee stiamo tentando di confiscare beni per mezza Europa. Alla ‘ndrangheta e agli ‘ndranghetisti ci stiamo dedicando con assoluta, totale e completa attenzione. La ‘ndrangheta è il consorzio criminale più pericoloso in Italia e all’estero”.
Il ministro ha dichiarato che seguirà la vicenda per capire se ci sono state eventuali falle nella protezione della vittima.