Cosa deve cambiare dopo l’omicidio di Thomas Luciani: intervista a Enrico Perilli, Presidente dell’Ordine degli Psicologi d’Abruzzo

Invece che colpevolizzare i genitori chiediamo urgentemente alle istituzioni servizi a sostegno della società civile

Enrico Perilli sull'omicidio di Thomas Luciani

Mimmo Nobile, Soffio nel vivere, 2023

Enrico Perilli è il Presidente dell’Ordine degli Psicologi d’Abruzzo e docente di Psicologia Dinamica presso l’Università degli Studi dell’Aquila. L’ho contattato a seguito dell’omicidio di Thomas Luciani a Pescara, ho sentito la necessità di parlare con chi sta a contatto con i giovani per approfondire meglio le ragioni per cui in un contesto di benessere sociale ed economico sia potuto accadere un fatto del genere.

Qualcosa deve cambiare

Lo ha detto la nonna di Thomas Luciani alla sua camera ardente, rivolta ai suoi compagni di scuola. Thomas aveva 16 anni, è stato ucciso con 25 coltellate, probabilmente per un debito di droga di 250 euro. I due presunti assassini si sono vantati in riva al mare con gli amici del delitto appena compiuto. Non si può rimanere indifferenti. Così sono riuscita a venire in contatto con Enrico Perilli che parte subito dai dati.

La fotografia statistica dello stato di salute dei giovani d’oggi

 Dal punto di vista statistico è lampante un peggioramento della situazione.

L’età degli esordi psicotici si sta abbassando sempre di più. In psicologia dell’età evolutiva e neuropsichiatria infantile si discute molto sull’età di esordio della crisi psicotica, che si sta abbassando.  Anche l‘età della prima assunzione di sostanze stupefacenti si sta abbassando. Si inizia a 12 anni. L’impatto dei disturbi dell’apprendimento in età evolutiva, in base alle diagnosi, si sta alzando.

Enrico Perilli cita fenomeni come l’aumento dei disturbi dell’alimentazione e il fenomeno del ritiro sociale, chiamato Hikikomori: sono ragazzi che si chiudono dentro le loro stanze, mettono lo scotch intorno alla porta per essere sicuri di non comunicare con nessuno. Così come i disturbi ansioso-depressivi, sono tutti in aumento. Questa è la fotografia statistica.


Le ragioni del malessere

Le ragioni sono le più disparate. Sicuramente vanno trovate nell’organizzazione sociale, la nostra società è diventata estremamente competitiva. I ragazzi subiscono pressioni dirette dai genitori che chiedono, “devi fare da te”, “mi aspetto da te” e pressioni indirette dal contesto sociale in cui viviamo: i test invalsi, le scuole che chiedono prestazioni. 

È importante anche osservare i modelli di riferimento veicolati dai social: l’accumulazione economica,  l’essere popolare, il mostrarsi e il mostrare quello che uno è riuscito a fare. Inoltre non ci sono più luoghi di aggregazione. I luoghi sono diventati non luoghi, sono diventati luoghi commerciali di ragazzi divisi per fasce di età, non c’è scambio generazionale.

Mancano le chiavi di lettura per dare un senso alla vita

In questa dispersione mancano le chiavi di lettura, gli orizzonti di senso. Un tempo tu entravi in un luogo, poteva essere la parrocchia, il partito, il sindacato e ti davano delle chiavi di lettura per comprendere il mondo, per comprendere quello che sta succedendo. Perché succede questo? Che soluzione posso trovare? Qual è il modo corretto di vivere? E questo aiuta il bambino, ma anche gli adolescenti, a darsi una spiegazione sul mondo: se non ci diamo una spiegazione cadiamo nell’ansia e nell’angoscia.

Quindi Enrico Perilli racconta come gli psicologi riscontrano nei ragazzi smarrimento, profonda solitudine e frammentazione. Spesso si è anche annegati in quella che il filosofo Mark Fisher ha chiamato edonia depressiva: io non desidero perché ho già tutto, annego in un’opulenza che non mi fa desiderare nulla.

I giovani si trascinano in quest’edonia, che però ha un tono depressivo perché manca lo slancio vitale per ottenere qualcosa.

La diffusione enorme delle sostanze stupefacenti

Secondo Enrico Perilli la questione che non viene mai affrontata come meriterebbe, è la diffusione  enorme, senza limiti, delle sostanze stupefacenti.
Un tempo la cocaina la consumavano i ricchi per sballarsi. Adesso la cocaina la consumano tutti, da 12 a 80 anni per diverse ragioni: per vincere la noia, per sballare, per avere prestazioni professionali migliori, dal camionista perché altrimenti non ce la fa ad avere certi ritmi, al manager per essere performante.
Perché la diffusione della cocaina non genera un allarme sociale?
Gran parte degli incidenti stradali, sul lavoro, o gli episodi di violenze, vedono come protagonisti persone che hanno assunto sostanze. Anche per l’omicidio di Thomas Luciani siamo in attesa degli esami tossicologici, ma quell’accanimento, 25 coltellate senza fermarsi e poi chiedendo alla persona che avevano ucciso di non lamentarsi, di ridurre il dolore del suo rantolo, è chiaro che le persone che arrivano a gesti tali sono sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Non hanno più il senso di colpa, sono totalmente disinibite  e non hanno contezza di quello che stanno facendo. Quando assumi sostanze alcune aree cerebrali sono disattivate. La cocaina nasceva anche come sostanza da dare ai soldati, per disinibirli e renderli in grado di essere feroci, di combattere senza stanchezza.

Enrico Perilli cita la cocaina, ma anche il crack che è arrivato in Italia e si è diffuso prepotentemente. Sottolinea come anche hashish e marijuana se assunti in quantità industriale, tutti i giorni in un adolescente,  generano problemi comportamentali e di salute.  

Ci sono ormai un’infinità di sostanze come il fentanyl e mix di sostanze. Non parliamo più di dipendenza da una sostanza, ma di politossicodipendenze.

La vera invasione non è quella dei migranti,  ma è quella di queste sostanze che sbarcano in Italia. In ogni luogo del nostro paese, che sia una grande città come Milano, o un paesino sperso sull’Appennino le sostanze si trovano.

La rassegnazione dei giovani che si sentono traditi dagli adulti

Chi insegna all’università come me si scontra costantemente con la rassegnazione dei propri studenti, come se l’avessero introiettata profondamente. Alcuni ti dicono che non serve a niente impegnarsi, perché tanto non cambierà mai nulla, allorapenso solo ai fatti miei”.

 Una nota positiva è l’impegno sul clima e sulla questione ecologica, che coinvolge molti giovani e dà loro una strada. Ma anche lì, gli psicologi notano come il prendersi a cuore la crisi climatica non registra quello che sarebbe poi un naturale passaggio a un impegno politico. Si fermano per la grande sfiducia che hanno nella classe politica, si rassegnano.

 Tutto questo poi è legato assolutamente alla violenza. Ognuno di noi, come spiegò Freud, ha una pulsione distruttiva e autodistruttiva innata, Thanatos, che si esprime però in diverse forme. Un tempo quella violenza veniva incanalata nei movimenti di protesta e diventava una forza verso il cambiamento.Ma oggi non è più così. Se in società come gli Stati Uniti la violenza esplode all’esterno, con episodi di giovani che vanno a scuola armati e sparano a tutti come nella strage di Columbine, in altre culture più pacifiche come la nostra questa distruttività diventa autodistruzione, quindi l’isolamento, gli hikikomori, ma sono due facce della stessa pulsione, la pulsione di morte.

La necessità dello psicologo scolastico

Con un comunicato stampa firmato da Enrico Perilli, l’Ordine degli psicologi d’Abruzzo ha sottolineato l’urgenza di applicare la legge regionale per lo psicologo scolastico e lo psicologo di base. La legge c’è,
ma mancano i finanziamenti. Eppure la richiesta è arrivata dai medici di base
Sono i medici di base che hanno riferito che il 40% circa dei loro pazienti negli ambulatori hanno problematiche di tipo psicologico, sono ipocondriaci e intasano l’ambulatorio. Vanno lì tre volte a settimana e loro non sanno come trattarli, oltre che dargli l’ansiolitico.
Enrico Perilli riflette come, nel caso di Pescara, se ci fosse stato un psicologo di base, i ragazzi sarebbero magari stati presi in carico da un servizio sociale, quel disagio sarebbe emerso. 

Lasciamoci alle spalle la scuola del merito

La scuola ha un ruolo fondamentale, però secondo Enrico Perilli, negli ultimi vent’anni si è focalizzata esclusivamente su preparare i giovani al mondo del lavoro senza più dare schemi di riferimento

La scuola è diventata un ingranaggio del mondo tecnoproduttivo.

E’ necessario che i docenti vengano formati e remunerati. Spesso noi psicologi troviamo, soprattutto nelle scuole elementari, maestri di 65 anni che non hanno più nessuna motivazione, sono in burnout e non riescono ad affrontare la complessità di cui stiamo parlando.

Basta colpevolizzare i genitori

Chiedo ad Enrico Perilli cosa possono fare i genitori. Nel pensiero comune il problema di oggi è un’eccessiva libertà concessa ai figli, come se bastasse restaurare un’educazione più autoritaria e i problemi si risolvono. Secondo Enrico Perilli c’è un estrema e dannosa colpevolizzazione ai danni dei genitori.
Abbiamo creato un ingranaggio infernale per le famiglie.
Se si fanno meno figli è perché i nostri stili di vita sono incompatibili con la genitorialità. Le richieste sociali di performance impegnano tutto il giorno. Non c’è più gioco nella strada, non ci sono comunità allargate. Un tempo si viveva in luoghi dove i giovani giocavano sotto casa, la genitorialità era più semplice.
Una madre mi portò un bambino di 11 anni, è spento, mi disse. Quando le chiesi come si svolgeva la vita di suo figlio cominciò l’elenco: ogni giorno aveva attività diverse, calcetto, le lingue straniere, la chitarra.
Ma così dove finisce il gioco libero? La FANTASIA? Dove le relazioni? La scuola calcio è disciplina, non è gioco libero. 

Chiedere alle istituzioni di agire

Sono le istituzioni che devono creare servizi di sostegno alla genitorialità, servizi di prevenzione, di intervento, potenziare le strutture sociali e le strutture sanitarie. 

 L’investimento sulla salute mentale è il 3% dell’investimento sulla sanità. È il più basso d’Europa! Perché continuiamo a investire  nelle guerre? Se diamo più del 2% del PIL per la corsa agli armamenti, poi tutto questo lo lasciamo indietro.

Federica Sozzi

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