Sono oltre 120 i civili uccisi dalle RSF a Gezira in Sudan

civili uccisi in Sudan Darfur allo stremo

Negli ultimi giorni sono oltre 120 i civili uccisi in Sudan dal gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF). Secondo quanto riferito da attivisti locali i paramilitari, guidati dal generale Mohamed Hamdan Dagalo e in lotta da circa un anno e mezzo contro l’esercito regolare di Abdel Fattah al Burhan, avrebbero compiuto vari attacchi e massacri nei villaggi della zona di Gezira nel sud est del paese. Oltre alle tante vittime molte migliaia di persone sarebbero state costrette a lasciare le proprie case.

Le RSF avrebbero scatenato questa serie di attacchi come ritorsione dopo la decisione di disertare da parte di un loro comandante, Abu Aqla Kayka, il quale sarebbe originario della regione di Gezira.

Secondo gli attivisti appartenenti ai Comitati di resistenza nel villaggio di Al-Sireha i massacri sono andati avanti per almeno tre giorni e sarebbero state uccise anche 50 persone al giorno. Altre 12 sarebbero state uccise nel villaggio di Saqiaah e anche l’intervento dei soccorsi è stato reso molto complicato per i bombardamenti e per la presenza di cecchini.

Riguardo i civili uccisi in Sudan la funzionaria ONU Clementine Nkweta-Salami si è detta estremamente preoccupata ed ha riferito che le forze RSF:

«Hanno sparato indiscriminatamente, perpetrato atti di violenza sessuale su donne e ragazze, saccheggiato mercati e case e bruciato fattorie. Attaccare civili, obiettivi civili e infrastrutture pubbliche è proibito dal diritto internazionale umanitario. È inaccettabile e deve cessare immediatamente».

La guerra civile dura ormai da un anno e mezzo, sono oltre 20.000 i civili uccisi in Sudan e gli sfollati sarebbero già oltre 10 milioni. Secondo dati riportati ad aprile scorso dall’ONU sono addirittura 18 milioni le persone in Sudan che soffrono la fame acuta. Il conflitto vede contrapposti i due generali in lotta per il potere: il presidente de facto del paese al Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo in passato suo vice ed adesso suo principale rivale.

I due leader alla fine del 2022 erano stati incaricati di dare avvio ad un processo di democratizzazione del paese, ma proprio sulle modalità con cui avviare questo lavoro sono nati i primi dissidi. In particolare la decisione del presidente di integrare le RSF nell’esercito regolare non sarebbe stata accettata da Dagalo.


Prima dei violenti attacchi nella zona di Gezira, il conflitto si era concentrato nella zona intorno alla capitale Kartoum e nella regione orientale del Darfur dove già nel 2003 i paramilitari RSF erano stati accusati di vari crimini di guerra. Attualmente le Rapid Support Forces contano circa 100 mila uomini e possono contare sull’appoggio economico e militare degli Emirati Arabi Uniti e del gruppo di mercenari russo ex Wagner. L’esercito regolare di Fattah al Burhan conta invece circa 300 mila soldati ed ha a disposizione anche l’aviazione la quale sta bombardando a tappeto le zone del paese occupate dai paramilitari di Dagalo.

Lo scorso anno le Nazioni Unite hanno approvato un piano di aiuti per la popolazione sudanese da 2,7 miliardi di dollari, ma al momento sarebbe finanziato solo per il 6%. Per la risoluzione del conflitto ad aprile scorso a Parigi è stata aperta anche una conferenza umanitaria internazionale a cui hanno partecipato l’Unione Europea, la Francia e la Germania, ma dove le due fazioni sudanesi non erano rappresentate.

Nell’occasione l’Unione Europea ha stanziato 2 miliardi di euro per sostenere le popolazioni civili in Sudan e nei paesi vicini come ad esempio il Ciad da dove sono partite anche due operazioni di ponte aereo.

I massacri compiuti a Gezira ed in generale i tantissimi civili uccisi in Sudan sono l’ennesimo campanello d’allarme su una situazione molto grave e che invece sembra spesso una «crisi dimenticata» dalla comunità internazionale. Le istituzioni internazionali potrebbero invece avere un ruolo decisivo per convincere i due generali a trovare una soluzione diplomatica al conflitto.

Andrea Mercurio

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