Dopo un anno terribile in cui il Covid-19 ha sconvolto il mondo intero, anche lo sport si prepara a ripartire a livello internazionale. Dalle Olimpiadi di Tokyo e gli Europei di calcio di quest’estate ai Mondiali di Qatar 2022 e le Olimpiadi Invernali di Pechino, tanti sono gli eventi attesi nei prossimi due anni. Accanto all’entusiasmo, però, non sono mancate problematiche e polemiche. L’esempio più attuale è quello dei giochi invernali del 2022, il cui svolgimento è fortemente a rischio.
Più di 180 associazioni per i diritti umani hanno infatti invocato la revoca dell’organizzazione dell’evento ai danni della Cina. Questi attivisti accusano il governo di Xi Jinping della deportazione e repressione degli Uiguri, una comunità di religione islamica della regione dello Xinjiang. Secondo i dati emersi, si tratterebbe di una vera e propria “epurazione etnica” sistematica. Peccato che, a livello internazionale, nessuno abbia ancora fatto nulla. Alcune delegazioni nazionali e numerosi sportivi, tra cui Antoine Griezmann, hanno abbracciato questa protesta condannando con forza le azioni deplorevoli di Pechino. Il Comitato Olimpico Internazionale, tuttavia, ha sostanzialmente ignorato le richieste tirandosi fuori da qualsiasi questione politica e sociale.
Durante un’intervista rilasciata ad alcune agenzie di stampa cinesi, Thomas Bach, presidente del CIO, ha addirittura elogiato il prodigioso avanzamento dei preparativi. L’atteggiamento neutrale del Comitato è di fatto giustificato dalla regola n.50 del suo atto costitutivo, secondo cui qualsiasi tipo di protesta in ambito olimpico dev’essere severamente vietata e sanzionata. Ciò non è bastato a dissuadere alcune squadre olimpiche dal permettere ai propri atleti di approfittare della visibilità dell’evento per manifestare il proprio supporto alle minoranze perseguitate dalla Cina.
Un pericoloso precedente
La disperata richiesta di aiuto delle comunità colpite dalla pulizia etnica di Pechino non è stata ignorata da tutti. Alcune nazioni, infatti, hanno minacciato la Cina e il CIO di boicottare per davvero i giochi olimpici invernali. In Canada, Alan Freeman ha sottolineato l’immoralità e l’ipocrisia di questo evento sportivo. L’ex vice ministro del Dipartimento delle Finanze, ricordando le migliaia di Uiguri uccisi nei “campi di correzione” del governo cinese e tutti quei cittadini stranieri illegalmente detenuti da Xi Jinping, ha esortato il proprio Comitato a non partecipare.
Il discorso di Freeman ricorda, in parte, i tentativi di boicottare le Olimpiadi del 1936 da parte di alcuni membri del Comitato Olimpico Statunitense. Esattamente come fatto dal vice ministro canadese, personaggi come Jeremiah Mahoney, presidente della Amateur Athletic Union, e Ernst Lee Jahncke, si opposero fino alla fine alla partenza degli atleti americani per Berlino in quanto ciò avrebbe significato dare approvazione al regime nazista, accettando anche le violenze subite dalla comunità ebraica.
Come nel 36′, però, i Comitati Olimpici nazionali preferiscono adottare un atteggiamento neutrale, considerando il boicottaggio controproducente per gli atleti e sostanzialmente sbagliato. Molto probabilmente, infatti, gli atleti canadesi parteciperanno alle Olimpiadi Invernali in nome di uno sport sano e libero dalle proprie responsabilità sociali e politiche. Tuttavia, questa fiducia nella capacità dello sport di unire i popoli di tutto il mondo è effettivamente ben riposta?
Gli USA parteciperanno alle Olimpiadi Invernali?
Negli Stati Uniti, la drammatica situazione degli Uiguri è stata resa nota da EMGAGE, uno dei più importanti gruppi del paese per i diritti umani di questa comunità. Il portavoce Wa’el Alzayat, ha condannato la campagna di genocidio etnico di Pechino, chiedendo al Comitato Olimpico statunitense di boicottare i Giochi Olimpici Invernali del 2022. Nonostante anche l’ex Segretario di Stato, Mike Pompeo, e il suo probabile successore Antony Blinken abbiano ufficialmente accusato la Cina di un vero e proprio genocidio degli Uiguri, gli atleti americani sembrano destinati a partecipare all’importante competizione.
La paura di nuove tensioni tra Xi Jinping e la Casa Bianca ha difatti spinto gli americani a seguire le orme dei vicini canadesi. Questo atteggiamento neutrale, però, non giova di certo alla condizione degli Uiguri in Cina. Secondo Michael Mazza, membro dell’American Enterprise Institute, il boicottaggio statunitense rischierebbe dunque di mettere in dubbio la leadership di Xi Jinping. Insomma, pur di scongiurare una pericolosissima crisi diplomatica, l’unica soluzione sembrerebbe quella di far finta di nulla. Ma quanto è giusto, al fine di tutelare equilibri ed interessi internazionali, permettere una violenza così inaudita che sembra ricordare i peggiori genocidi del Novecento? E soprattutto, questa sorta di indifferenza ci rende complici di questa tragedia?
Le minacce di Pechino
A tutela delle Olimpiadi Invernali, il governo cinese ha cercato immediatamente di smentire le accuse ricevute, dicendosi pronto a sanzionare duramente chiunque boicotterà l’evento e, soprattutto, qualsiasi atleta che durante i giochi sceglierà di manifestare. La netta presa di posizione di Pechino ha suscitato l’indignazione e la preoccupazione di numerosi sportivi che, nonostante le minacce, si dicono pronti ad utilizzare l’incredibile visibilità dell’evento per portare alla luce problematiche socio-politiche come quella degli Uiguri.
A ottant’anni dall’Olocausto e dal genocidio perpetrato dal Giappone proprio nei confronti dei cinesi negli anni 30′ e 40′, ciò che sta succedendo in Cina dovrebbe far riflettere. In questo clima di continue minacce e tensione è opportuno chiedersi se è davvero giusto che lo sport, proprio come nel 1936, chiuda un occhio dinnanzi a problematiche sociali così gravi. Se nel passato questo atteggiamento neutrale non ha evitato la morte di più di 6 milioni di persone, come possiamo pensare che, senza una presa di posizione netta, il governo di Pechino possa fermare questa repressione?
Alessandro Gargiulo