Olimpiadi di Tokyo: la TV di stato russa prende di mira gli atleti LGBT+

Olimpiadi di Tokyo: la TV di stato russa prende di mira gli atleti LGBT

Olimpiadi di Tokyo: la TV di stato russa prende di mira gli atleti LGBT+

La TV statale russa sta affrontando forti critiche dal Comitato olimpico internazionale dopo aver sottoposto a commenti omofobi atleti gay, lesbiche e transgender. Il COI ha affermato che la discriminazione non ha “assolutamente posto” alle Olimpiadi di Tokyo.

Come riportato dal Times, i programmi 60 minutes e Time Will Tell hanno definito gli atleti membri della comunità LGBT+ “sporchi”, “pervertiti” e “psicopatici”. Il Comitato Olimpico Internazionale attualmente sta indagando sui commenti omofobi e transfobici trasmessi dalla televisione russa questa settimana nel coprire le Olimpiadi di Tokyo.

“Siamo in contatto con il nostro partner contrattuale in Russia per avere chiarezza sulla situazione e per sottolineare i principi fondamentali della Carta Olimpica.”





L’enorme distanza della Russia dai principi olimpici non si è limitata al solo ambito giornalistico. Il politico russo Alexei Zhuravlev ha aggiunto: “Ci opponiamo a tutte queste profanità e perversioni… Siamo contro questa feccia”.

Zhuravlev ha poi sostenuto che ai membri della comunità LGBT+ non dovrebbe essere permesso di competere alle Olimpiadi.

Sul secondo canale più visto in Russia e partner ufficiale del CIO – channel one – c’è stata un’ulteriore discussione anti-LGBT. Anatoly Kuzichev, conduttore di Time Will Tell, è apparso sul set il 26 luglio indossando una parrucca e prendendo in giro Laurel Hubbard.

Ha continuato chiamando le persone transgender “psicopatici” e ha suggerito che dovrebbero essere trattati dagli psichiatri.

Chi sono gli atleti presi di mira?

I giochi di Tokyo hanno visto un numero record di atleti apertamente LGBT+, secondo l’analisi del sito web sportivo Outsports hanno partecipato più di 150 concorrenti. Tale importantissimo traguardo ha, purtroppo, attirato l’attenzione di media con correnti di pensiero antagoniste alla comunità LGBT+.

La presentatrice russa Olga Skabeyeva ha preso di mira il tuffatore britannico Tom Daley dopo che questo ha vinto l’oro nella finale della piattaforma 10m maschile ai giochi di Tokyo.

“In Gran Bretagna, naturalmente, hanno i loro valori”, ha detto la Skabeyeva sopra le immagini di Daley con il marito Dustin Lance Black.

“Se questi ragazzi non stessero crescendo un figlio insieme, allora sarebbero affari loro. Loro almeno competono con altri ragazzi”.

Skabeyeva ha, poi, sostenuto che fosse ingiusto che Laurel Hubbard competesse contro altre donne alle olimpiadi di Tokyo. Hubbard, 43, è la prima atleta transgender a competere alle Olimpiadi. Nata maschio, ha gareggiato nella categoria maschile fino alla sua transizione. Hubbard si è poi qualificata per il sollevamento pesi femminile dopo aver mostrato livelli di testosterone sotto la soglia fissata dal CIO.

La situazione della Russia

La Russia non ha potuto partecipare alle olimpiadi di Tokyo dopo essere stata trovata colpevole di programmi di doping sponsorizzati dallo stato. Gli atleti russi, tuttavia, hanno potuto competere come Comitato Olimpico Russo (ROC). La principale differenza è il divieto di utilizzare la bandiera o l’inno russo.

Alcuni potrebbero trovare ironico che uno stato bandito dalle olimpiadi per doping si metta a discutere della correttezza etica o sportiva degli atleti che vi partecipano (e vincono). I giornalisti russi possono infatti commentare come vogliono Tom Daley ma lui ha vinto l’oro e i russi solo il bronzo.

Nel 2018, Daley ha rivelato di aver evitato una competizione in Russia, poco dopo aver fatto coming out, a causa delle preoccupazioni per la sua sicurezza.

Le leggi federali russe approvate nel 2013 vietano la distribuzione della cosiddetta “propaganda” ai minori di 18 anni che promuove “relazioni sessuali non tradizionali”, vietando di fatto la discussione pubblica o messaggi positivi sui diritti LGBT+.

“I giovani lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT+) in Russia affrontano formidabili barriere per godere dei loro diritti fondamentali alla dignità, alla salute, all’istruzione, all’informazione e all’associazione”, ha affermato in merito Human Rights Watch.

“Ho saltato una competizione in Russia nel 2014. Ho pensato che fosse troppo rischioso e insicuro”, ha detto alla rivista Shortlist. “Poi, quando tutti sono tornati, mi sono davvero preso a calci per non essere andato. Avevo lasciato che gli altri vincessero per paura”.

Dopo il suo trionfo olimpico la scorsa settimana, Daley ha detto: “Spero che qualsiasi giovane persona LGBT là fuori possa vedere che non importa quanto solo ti senti in questo momento, non sei solo. Che si può raggiungere qualsiasi cosa e che c’è la tua chosen family qui fuori, pronta a sostenerti”.

Francesco Maria Trinchese

 

 

 

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