Su tutti i social e ora persino sulle magliette, impazza il meme “Ok boomer”, ma da dove viene e cosa significa veramente questa espressione?
Sono settimane ormai che “Ok boomer” ha fatto la sua comparsa nel mondo dell’Internet. Per quanto effimero sia il successo nella dimensione digitale, non sarebbe una sorpresa se questa espressione virale si candidasse a tutti gli effetti tra i neologismi della cultura di massa, per fare la sua entrata anche nel dizionario.
Il significato
Il termine inglese fa riferimento alla generazione nata durante l’impennata demografica tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la prima metà degli anni Sessanta. I sociologi americani di allora chiamarono questo fenomeno, correlato alla rapida crescita economica, “baby boom”.
Tuttavia, le etichette non sono una novità. Dal dopoguerra ne sono state assegnate tante: zoomers, millennials, post-millennials, generazione X, generazione Y, fino a finire l’alfabeto con quella odierna, la Z.
Perché nel 2019 i boomers hanno riscosso così tanta popolarità?
Il merito è della giovane Chlöe Swarbrick, deputata del Green Party neozelandese. Durante un discorso in parlamento infatti, irritata dalle interruzioni di un oppositore più anziano, ha liquidato i suoi commenti dicendo proprio “Ok boomer”. Ironia voleva che si stesse discutendo appunto, di un necessario cambio generazionale nei ruoli governativi.
Ciò che è successo dopo è cosa nota: i social network hanno fatto il loro lavoro. Lo slogan non è solo diventato celebre, ma anche vera e propria accusa di bigottismo nei confronti delle generazioni precedenti. Sull’onda di questa tendenza si è acceso poi un dibattito sull’ageismo, un’altro inglesismo, che indica quel fenomeno di discriminazione basato sull’età di una persona.
La polemica
Le risposte delle annate tirate in causa non hanno tardato ad arrivare. Si sono rispolverati i vecchi scambi di battute, che da sempre rendono difficile la comunicazione intergenerazionale. Tuttavia l’urgenza delle crisi globali che stiamo vivendo attualmente, non dovrebbe lasciar posto a futili argomentazioni.
È chiaro che la provocazione delle nuove generazioni costituisca una presa di posizione. Più che mancanza di rispetto, si tratta infatti di un grido di rabbia, per l’eredità problematica che oggi dobbiamo smaltire, ma soprattutto una richiesta d’aiuto e collaborazione. Le rivendicazioni dei millennials si traducono oggi in manifestazioni e marce, tuttavia non sono stati i primi a protestare nelle strade per un cambiamento. Già negli anni Settanta, i boomers inventavano l’attivismo moderno.
In verità, poco importa chi ha iniziato per primo. La gravità della situazione odierna dovrebbe rispolverare la memoria di alcuni e imporre un abbandono delle etichette ad altri, per impegnarci insieme affinché esista un futuro.
Anna Barale