Alika Ogochukwu non è morto unicamente per mano dell’assassino Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo
Che un uomo abbia ucciso un altro uomo a Civitanova Marche, è una menzogna. Una verità del tutto distorta perché richiedente una condizione di parità iniziale, nei fatti inesistente. A uccidere Ogochukwu è stata la gerarchia illusoria sedimentatasi nella mente di un’intera società. La sua morte è il segnale evidente di un paese che fulmineo, ha dimenticato quanto indispensabile sia prendersi cura della costanza quando si tratta di diritti.
Conquiste mai eterne, mai permanenti.
Un venditore ambulante, invalido, nero e povero ucciso in pieno giorno sotto lo sguardo dei passanti, è una storia che parla di lotte. Lotte che, con il dilagare di una discriminatoria retorica populista, abbiamo drasticamente perso.
Assassina è la trascuratezza destinata alla lotta di genere
La cristallizzazione in arma della cultura del possesso si è compiuta prima nell’iniziale tentativo di Ferlazzo di giustificare l’accaduto attraverso le presunte molestie verbali che Ogochukwu avrebbe rivolto alla compagna dello stesso. Poi, nella spaventosa reazione di una larga parte di cittadini italiani, pronti a giustificare l’atto come una legittima difesa. Ora sappiamo che, il diffuso stigma del dovere morale di proteggere “la propria donna”, può uccidere in innumerevoli modi.
Frammenti di pensieri altamente letali corrono, come mine, ad autorizzare la violenza, sorretti dal vento patriarcale, accelerati nel vagare dall’impulso di una convinzione: la superiorità di classe.
Omicida è il classismo
La condizione sociale di Ogochukwu lo ha privato del respiro. Si espande la macchia dell’appartenenza nel quotidiano fomentare una ripartizione valoriale e la sua estensione annega inevitabilmente chi sta ai margini. Nella banalità di un interrogativo risiede la brutalità dello stereotipo: Ferlazzo avrebbe ucciso un uomo ben vestito e curato ? Di classe è la lotta, di classe è la morte.
Ancora, nel totale anacronismo, sicario è il razzismo
Esecutore di una malvagità figlia del limite cognitivo, la discriminazione si fa crimine nel sussurrare fuorviante di una politica che cavalca il timore popolare. La sterilità dei dibattiti circa la gestione dell’immigrazione in Italia ha impedito la risoluzione di un problema e ne ha fomentati di nuovi. Il gioco delle colpevolizzazioni sulla pelle dei fragili si è concluso nella sterilità del cuore italiano.
Intolleranza, odio e indifferenza con la loro portata distruttiva, sono la deriva di una nazione divenuta totalmente incapace d’agire. Anche di fronte al male più esplicito.
Con Ogochukwu ucciso perchè nero, muore parte della nostra umanità.
“Prima gli italiani”, a qualunque costo.
Giorgia Zazzeroni