È stata reclusa nel carcere delle Vallette di Torino la sera del 30 dicembre del 2019, quando i carabinieri vennero a prenderla a casa, mentre davanti al cancello dell’abitazione si riunivano spontaneamente i militanti NOTAV di Bussoleno, per darle affetto e protestare contro il suo arresto. Arresto che la procura generale del capoluogo piemontese ha poi motivato con i “particolari” comportamenti della condannata.
Nicoletta Dosio è andata in giudicato con altri undici militanti NOTAV per aver fatto trenta minuti di presidio non violento al casello di Avigliana dell’autostrada della Valle Susa, una delle più care d’Italia, di proprietà del gruppo Gavio. Era il 3 marzo del 2012 e
Luca Abbà, contadino NOTAV, lottava tra la vita e la morte in ospedale perché era rimasto folgorato su un traliccio dell’alta tensione ed
era precipitato al suolo da grande altezza. Luca era salito su quel traliccio per protestare contro gli espropri dei terreni messi in atto dal governo Monti, ma era stato inseguito sempre più in alto da un carabiniere rocciatore ed alla fine aveva toccato i fili ed era precipitato in basso.
In una delle tante proteste di quei giorni, alcune centinaia di manifestanti avevano raggiunto l’autostrada, alzato le sbarre del casello e fatto passare gratis gli automobilisti, mentre un megafono annunciava: “oggi paga Monti”. Tutto questo era durato mezz’ora, senza alcun blocco del traffico e con un danno accertato di mancati incassi per la società del gruppo Gavio pari a 718 euro. Per quel danno dodici manifestanti, tra cui Nicoletta, sono stati condannati a 18 anni complessivi di carcere, un anno di reclusione per ogni 38 euro di danno.
Questa condanna degna della legalità di Javert e dei Miserabili è una sentenza politica motivata politicamente. Infatti a tutti i condannati vengono negati condizionale e attenuanti di legge con la motivazione che essi sono soggetti ad alta “pericolosità sociale”, legati all’ala “più radicale” del movimento NOTAV.
Nicoletta Dosio è una prigioniera politica della Repubblica Italiana e sono gli stessi giudici ad ammetterlo. Come del resto è una persecuzione politica quella che da anni si abbatte su tutto il movimento che contrasta la devastazione per l’inutile treno ad alta velocità, che tra trent’anni dovrebbe percorrere la Valle Susa. Contro il movimento NOTAV sono stati sperimentati ed applicati i Decreti Sicurezza ben prima che essi venissero varati, con un armamentario repressivo feroce e capillare di tutti i tipi, che ha colpito centinaia di persone di tutte le età, sotto la guida giuridicamente creativa della procura e delle forze dell’ordine torinesi.
La lotta NOTAV che dura da decenni è incompatibile con la finzione dominante nella politica italiana, quella fondata sull’alternanza tra centrodestra e centrosinistra, perché entrambi gli schieramenti sostengono la Grande Opera, a dispetto di ogni dato economico, ambientale, sociale e civile.
Il TAV in Valle Susa è diventato il simbolo delle politiche liberiste degli affari e dello sviluppo e come tale viene difeso da tutto il sistema politico. E chi come i
Cinquestelle quell’opera contestava, per restare nel sistema politico ha dovuto accettarla.
La popolazione della Valle Susa ha costruito in decenni un movimento ambientale, sociale, democratico che è incompatibile con il potere politico asservito al mercato e all’impresa e Nicoletta Dosio è prigioniera politica non solo per la carcerazione che subisce per il suo impegno e la sua lotta, ma perché questo sistema politico ha deciso di escludere tutto ciò che quel movimento chiede e rappresenta.
Nicoletta Dosio è stata una grande insegnante e il suo primo insegnamento e stato morale: non ha mai accettato di sottomettersi al trasformismo e all’opportunismo che dominano la politica. Quando ha rifiutato i domiciliari Nicoletta non voluto compiere un atto estremo o eroico, ma semplicemente ha voluto respingere l’ipocrisia di chi emette una sentenza scandalosa e poi spera che il condannato sia carceriere di sé stesso. Per questo lei ha anche respinto la richiesta della grazia individuale e invece ha rivendicato l’amnistia sociale e l’abolizione dei Decreti Sicurezza, affermando che il suo caso è quello di tutte e tutti coloro che in questi anni hanno subito la trasformazione dello stato sociale in stato di polizia.
Oggi Nicoletta compie 74 anni in carcere e festeggia con le detenute anche i suoi sessant’anni di lotta per cambiare la società. Lei è una delle più belle persone che ho conosciuto, una militante con un cuore enorme, pari solo alla sua intelligenza, una partigiana nel senso più vasto e bello di questa parola, e il giudice che l’ha definita socialmente pericolosa è solo l’espressione burocratica di un mondo che è in realtà socialmente pericoloso. Un mondo che mette in carcere Nicoletta per trenta minuti di casello aperto in autostrada e che non ha ancora rinviato a giudizio nessuno per il Ponte Morandi. Un mondo sbagliato e rovesciato nei suoi principi e nei suoi valori, che ha fatto dell’ ingiustizia la sua legalità e che incarcera chi non lo accetta e lo combatte davvero, con la propria vita.
Nicoletta è in carcere, ma non è prigioniera, prigioniero è chi difende questo mondo ingiusto e folle che cosi come è non ha futuro. Prigioniero è chi si arrende o si vende, chi a parole propone chissà che ma poi si inchina di fronte al potere, quando il potere non è più disposto a tollerare neppure le parole. È il sistema che è imprigionato nelle sue miserie, Nicoletta è in carcere ma è libera e continua ad insegnarci cosa vuol dire stare con la giustizia e la libertà. Buon compleanno cara Nicoletta.