Una serie di oggetti
Ci sono raffigurazioni fatte di oggetti da secoli, che raccontano da soli storie nascoste e intere culture, sogni personali e trionfi, come altri che vivono in tutta la loro importanza proprio nel negare un discorso. Basti muoversi nel centro di Roma e trovare la Colonna Traiana, che svetta da sotto il manto stradale a pochi passi dall’Altare della Patria, piazza Venezia, il Campidoglio, il Colosseo. Un monumento primo nel suo genere – eretto all’interno del complesso del foro fatto costruire dallo stesso imperatore Traiano – nato per celebrare la conquista della Dacia che avvenne sotto di lui.
Le armi dei Daci
E guardando in basso, nella parte che per prima si innalza dal piano degli scavi del complesso dei fori, sul basamento della Colonna risultano addossate l’una all’altra armature, scudi, archi, lame. Una serie di armi che si rilevano nel vuoto, una sfilata immobile di trofei. Questi, infatti, sono gli equipaggiamenti dei daci sconfitti dalle truppe di Traiano; le battaglie, gli sforzi eroici, tutti gli eventi dell’invasione, si svolgono sopra nel fregio a spirale, popolato da coloro che hanno preso in mano e lottato con quella stessa attrezzatura ora raffigurata innocua nello spazio sottostante, e i romani che l’hanno loro tolta, portata via. Dopo aver sfilato per Roma, le armi sono state scolpite per sempre sulla Colonna che è divenuta contenitore delle ceneri dello stesso imperatore, con l’intenzione di rimanere nei secoli emblema onorifico delle sue gesta.
Gli oggetti metafisici
Prendiamo un quadro metafisico di de Chirico invece, andiamo avanti di 1800 anni: giocattoli, biscotti, scatole, segni incomprensibili, carciofi, occupano interni quanto spazi aperti. Tutto sembra privo di vita, enigmatico, sinistro. L’arte metafisica crea scenografie vuote di narrazioni esplicite, ma ricche di relazioni implicite tra le componenti da cui non possono essere sciolte completamente. Sono in grado di lasciar intuire, senza parlare apertamente, di un ricordo, di un’emozione, di un momento, fissati negli oggetti più ordinari.
Cosa è che differenzia principalmente le due opere d’arte dai mezzi e dalle culture di provenienza così lontani? La presenza di un autore riconoscibile, di un personaggio che riconduca a sé tutti i possibili significati.
L’autore
La Colonna, come è stato dedotto negli studi sul monumento, non fu commissionata dal Senato ma dallo stesso Traiano. Quelle armi sul basamento si ricongiungono insieme alla narrazione degli eventi nella persona dell’imperatore, vero e proprio vincitore celebrato attraverso tutte le difficoltà e gli onori; è la figura di Traiano che riempie quel vuoto in cui si accatastano i trofei sul basamento. Le opere metafisiche, invece, presentano dei manichini; come riporta Francesco Poli ne “La Metafisica”: “L’autore deve andarsene e al suo posto deve intervenire la figura inanimata”, la “Supermarionetta”. Questi oggetti sono così lasciati privi d’autore, non si ricongiungono mai in una storia esprimibile secondo le norme della realtà “fisica”, ma si cercano a vicenda tendendosi in enigmi irrisolti.
Giacomo Tiscione