Odio. Questo è il sentimento che serpeggia nel web, e non solo, e in cui quotidianamente ci imbattiamo. Odio verso lo straniero è il sentimento su cui si basa, con successo, la prossima campagna elettorale. E allora i nemici della patria diventano gli italiani delle bandiere arcobaleno e dei gessetti colorati. Ma questo odio dove ci porta? E questi odiatori seriali si sono mai messi nei panni di colui che odiano?
Troppo spesso, in questi ultimi anni, ci siamo trovati di fronte a odio, a razzismo, a intolleranza. Troppa la violenza verbale e fisica. Nel web così come in TV e così come nella vita di tutti i giorni.
Rabbia e odio verso lo straniero, chiunque esso sia, immotivata. Questa rabbia ci sarebbe comunque se qualcuno provasse a mettersi nei panni di grossa parte di quei stranieri che tanto criticano e a cui augurano le peggio cose?
Chi si lamenta dei presunti agi, quasi mai corrispondenti a verità, di cui godrebbero gli immigrati ha mai provato a pensare per un attimo a quello che un uomo ha dovuto passare e provare? E no, non è il dramma della fila troppo lunga per l’Iphone.
Fermiamoci a pensare…
E’ estate. Molti di noi sono, o sono stati, in vacanza al mare.
Chi non si è mai seduto sulla riva a fissare quella movimentata distesa bluastra svagando i propri pensieri e facendosi sfiorare dagli schizzi delle onde che si infrangono sugli scogli?
Negli ultimi anni gli abitanti di Lampedusa guardando il mare hanno uno spettacolo e delle sensazioni completamente diverse. Spesso sono emerse dall’acqua scarpe, indumenti, effetti personali e corpi. Corpi che raccontano una vita travagliata, sofferta e alla ricerca di una felicità che è sempre sembrata lontana e inarrivabile.
Una vita che si è conclusa con un viaggio o meglio, con il viaggio, quello della speranza.
Spostiamoci virtualmente, per un attimo, dalle coste siciliane e andiamo su quelle africane. Proviamo a chiudere gli occhi e immaginarci la scena che troppo spesso negli ultimi tempi abbiamo letto sui giornali.
Siamo in Libia, possiamo vedere un migliaio di persone, 2000 occhi illuminati dalla speranza che guardano ammirati e ammaliati una diroccata barcarola.
Nessuno di noi ci salirebbe neanche solo per una breve traversata ma, nella loro mente proiettata alla presunta terra promessa che pensano di raggiungere, sembra una lussuosa nave da crociera.
Proprio con quella gioia e spensieratezza degna di quei vacanzieri da crociera, 2000 gambe salgono a bordo e sono messe a sedere nel modo più comodo possibile. 1000 persone stipate in pochissimi metri quadri, stretti l’uno all’altro in un unione di corpi già in realtà uniti da un unico grande sogno, quello di una nuova vita.
Il viaggio inizia, l’imbarcazione si allontana dalla terraferma. Quei 2000 occhi adesso fissano quello che stanno lasciando. La barcarola il presente, la Libia il passato, l’Italia il futuro. Sospesi nel mezzo di una linea temporale tra tutte le incertezze possibili.
L’imbarcazione procede il suo viaggio, due o più giorni in condizioni disumane, tormentati dalla sete e dalla fame. Poi il drammatico arrivo nelle acque italiane. Gioia, immensa gioia alla vista delle coste italiane. E subito le 1000 menti si vedono in una casa dignitosa, con un dignitoso lavoro, uno stipendio dignitoso, una vita dignitosa, pranzi e ceni dignitose circondati da persone dignitose.
La mente vola, esagera e immagina scenari che purtroppo restano fantasiosi anche per noi fortunati abitanti italiani. Neanche il tempo di terminare queste fantasie e in breve si verifica la tragedia. Il barcone si rovescia facendo cadere in mare i passeggeri dell’imbarcazione.
Quante volte è successo? Quante sono le persone che hanno perso la vita in quei drammatici viaggi verso l’Italia?
Oltre al grido di dolore, per una perdita di vite così elevata, echeggia anche un grido di vergogna. Vergogna per il continuo e stagnante menefreghismo e per il continuo sciacallaggio.
Non sono solo i barconi che trasportano i migranti a ribaltarsi. Si è ribaltato un altro barcone. Un barcone consumato e sgangherato. Un barcone che naviga nel mare dell’etere, del web, minacciato da scogli quali la violenza, la meschinità, l’ignoranza e l’intolleranza.
Un nubifragio di “Troppo bello per essere vero” letti in commento alla notizia di uno dei tanti, troppi naufragi resterà per sempre indelebile nella mia memoria.
Una barcarola dell’intelligenza e del buon senso che è piena di buchi e affonda senza più bisogno di infrangersi su quegli scogli.
E allora il mare si agita, si agita ad ogni comparsata televisiva del politico di turno che vuole raccontarci che il dramma dell’immigrazione non sono i rischi che corrono loro a ogni traversata, ma quelli presunti e infondati che corriamo noi. Si agita a ogni parola di disprezzo per lo straniero dal “webete” di turno, a ogni commento di Casa Pound. A ogni “affondiamo i barconi” o peggio “spariamo sui barconi” pronunciato.
Quando si darà un taglio netto a questo odio che popola il web? Che popola il mondo della politica? Che popola il paese reale?
Per quanto ancora dovranno i nostri occhi leggere i commenti aberranti? Per quanto dovremo leggere di ambulanti picchiati e derubati? Di donne incinta insultate perche africane? Di ragazzi esclusi da un concorso per il colore della pelle? Per quanto ancora dovremmo leggere le storie fantasiose dei 35 euro al giorno e degli hotel a 5 stelle?
Allora forse saremo noi troppo sentimentali. Saremo un popolo di mollicci. Saremo il popolo delle bandiere arcobaleno. Quell’arcobaleno che però tutti sognano di vedere almeno una volta nella vita e di cui tutti ci meravigliamo. Saremo il popolo dei gessetti colorati. Ma almeno con i nostri gessetti diamo colori a quel mondo che, se dipendesse dagli odiatori seriali, sarebbe in bianco e nero. Anzi, solo bianco.
In tutto questo mare virtuale d’ignoranza c’è anche un mare reale che continua il suo moto, le onde continuano a infrangersi sugli scogli come i sogni di chi non ce l’ha fatta e chi di non ce la farà se niente cambierà.
https://www.youtube.com/watch?v=SX6sl3GUf5A
Christian Gusmeroli